L’autunno (una volta chiamato anche utonno; dal latino autŭmnu[m], di origine etrusca, 1282) è la ‘stagione dell’anno che dura 89 giorni e 18 ore dall’equinozio d’autunno al solstizio d’inverno, corrispondente alla primavera nell’emisfero australe’; spesso associato a una vena di malinconia (tanto è vero che si parla di autunno della vita per riferirsi alla terza età), in realtà è la stagione preferita da molti per colori, profumi, cibi, ma soprattutto per la possibilità di gettarsi, con gusto, nei cumuli di foglie secche, come fa un noto cagnolino bianco e nero dei fumetti (coniando, nelle strisce italiane, l’onomatopea FOGLIASH! per riprodurne il suono). L’inizio della stagione autunnale è marcato dall’equinozio; in questo caso, per l’esattezza, l’equinozio d’autunno, che avviene il 22 o il 23 settembre: voce dotta dal latino aequinŏctiu(m), composto di āequus ‘uguale’ e nŏx ‘notte’ (1292), indica l’’istante in cui il Sole, muovendosi sull’eclittica, si trova esattamente sull’equatore, cioè a uno dei due nodi della sua orbita rispetto all’equatore celeste’; in altre parole, è il momento dell’anno in cui il giorno e la notte hanno all’incirca la stessa durata. L’autunno è prima di tutto la stagione della vendemmia (dal latino vindēmia(m), composto di vīnum ‘vino’ e un derivato di dēmere ‘togliere’, 1294), generalmente definita come l’operazione del raccogliere l’uva, ma anche il tempo della raccolta e persino la quantità di uva raccolta; in ambito letterario, il termine può venire riferito in generale a una raccolta di prodotti agricoli, mentre esiste un uso figurato, impiegato ad esempio da Carlo Dossi, per indicare “grande quantità”: Una vendemmia di bastonate. A vendemmia è connesso un altro termine, che ha preso un significato del tutto differente: l’inglese vintage, propriamente “d’annata” dal francese antico vendenge, che significa proprio… ‘vendemmia’ (1992) e che oggi, oltre che in riferimento a vini d’annata di pregio, viene usato per indicare uno stile o un oggetto d’epoca, soprattutto nel campo dell’abbigliamento. In autunno si vendemmiano anche le castagne (dal latino castănea(m), dal gr. kástanon, probabilmente di origine preindoeuropea, 1200 circa). La castagna è il frutto del castagno, ‘costituito da un pericarpo coriaceo di color bruno lucente contenente una polpa bianca e farinosa’ che, al di là delle moltissime preparazioni culinarie, possiamo consumare sotto forma di castagne arrostite o caldarroste, non senza averle prima castrate: proprio così si chiama l’operazione di ‘fenderne il guscio perché non scoppino mentre cuociono’. Molti sono i modi di dire che contengono riferimenti alle castagne, per esempio si dice prendere qualcuno in castagna per indicare che lo si è colto in flagrante; si tolgono o cavano le castagne dal fuoco o per qualcuno quando lo si libera da un impaccio a proprio rischio, mentre il più furbo cava la castagna dal fuoco con le zampe del gatto quando fa qualcosa a proprio vantaggio, lasciando i pericoli agli altri. Non esistono solo le castagne nostrane: abbiamo anche la castagna d’acqua, la castagna di terra e la castagna d’India e poi, per uscire dal mondo vegetale, la castagna dell’argano, che è il dente che impedisce al marchingegno di sfuggire indietro; nel pugilato, la castagna indica un pugno di notevole potenza, nel calcio un tiro secco e violento in porta. E chi non ha mai fatto le castagne, cioè gli schiocchi con le dita, o quel gesto nel quale si mette il pollice tra l’indice e il medio in segno di scherno? Il classico rituale di passaggio stagionale è il cambio dell’armadio, temibile azione, spesso rimandata all’infinito, che consiste nel riporre l’abbigliamento estivo per fare posto a quello più adatto alla stagione fredda. Quasi un’operazione bellica, per alcuni, e questo paragone non è così casuale: lo sapevate che la parola armadio deriva dal latino armāriu(m) ‘deposito di armi’ (1292)? Non si sa se siano più o meno fortunati coloro che hanno addirittura una cabina armadio, che qualcuno preferisce chiamare guardaroba (dal francese garde-robe, composto di garde ‘guarda’ e robe ‘veste’, secolo XIII); si può chiamare così sia l’’armadio per la biancheria e il vestiario’ sia l’intera ‘stanza in cui si tengono riposti vestiti e biancheria’, ma anche il ‘complesso di abiti e altri generi d’abbigliamento di cui una persona dispone’: e se qualcuno ha il guardaroba davvero vasto, il cambio dell’armadio diventa davvero molto complesso! Oltre a questo, in autunno, si procede anche ad accendere il riscaldamento nelle case (scaldare deriva dal latino tardo excaldāre ‘riscaldare’, da căl(i)dus ‘caldo’, 1268); spesso è riscaldamento centrale, ‘con un unico generatore di calore per tutti gli appartamenti di un fabbricato’, ma c’è chi invece preferisce il riscaldamento autonomo, ‘con un generatore di calore singolo per ogni appartamento di un fabbricato’. Il fine ultimo rimane comunque sempre quello di aumentare la temperatura del corpo, tenendo a mente che sarebbe meglio limitare le emissioni per evitare il riscaldamento globale, ‘fase climatica della Terra caratterizzata da un aumento generale della temperatura, dovuto a fattori naturali, quali i cicli solari, o all’antropizzazione, come l’effetto serra’. Quando la caldaia (dal latino tardo caldāria(m), da călidus ‘caldo’, 1287) non funzionasse a dovere nonostante la necessaria revisione (voce dotta, dal latino tardo revisiōne(m), da revidēre ‘rivedere’, 1536), ci corre in aiuto il piumino, il principe di tutti i soprabiti invernali, che si chiama così perché generalmente è imbottito di piume (anzi, di piumino, che è specificamente ‘l’insieme delle piume, più piccole delle penne di contorno e con barbe libere, che limitano la dispersione del calore’). E se, nonostante tutto, sentiamo freddo? Allora ci esponiamo al rischio di beccarci un raffreddore (un derivato di raffreddare, 1730), ‘infiammazione acuta delle mucose del naso e della faringe’ che può anche aprire la strada alla tanto temuta influenza (dal latino medievale influĕntia(m), propriamente lo ‘scorrere [dentro]’, dal verbo inflŭere, 1282). Questa è una parola dai molti significati; per esempio, in astrologia significa ‘influsso dei corpi celesti sugli esseri animati e sulle cose, e specialmente nel destino degli uomini’, ma in fisica indica anche ‘facoltà per la quale certi corpi agiscono a distanza su altri’ oppure semplicemente ‘autorità, ascendente, peso, prestigio’. In medicina, denota per l’appunto la ‘malattia infettiva acuta, contagiosa, specialmente delle vie aeree superiori, di origine virale’. Abbiamo tristemente conosciuto l’influenza suina e quella aviaria. Quale che dovesse essere stavolta, speriamo, di scongiurarla grazie a un’intelligente opera di prevenzione, in modo da poterci godere pienamente questa bella stagione dorata!

Autunno / Vera Gheno. - ELETTRONICO. - (2018).

Autunno

Vera Gheno
2018

Abstract

L’autunno (una volta chiamato anche utonno; dal latino autŭmnu[m], di origine etrusca, 1282) è la ‘stagione dell’anno che dura 89 giorni e 18 ore dall’equinozio d’autunno al solstizio d’inverno, corrispondente alla primavera nell’emisfero australe’; spesso associato a una vena di malinconia (tanto è vero che si parla di autunno della vita per riferirsi alla terza età), in realtà è la stagione preferita da molti per colori, profumi, cibi, ma soprattutto per la possibilità di gettarsi, con gusto, nei cumuli di foglie secche, come fa un noto cagnolino bianco e nero dei fumetti (coniando, nelle strisce italiane, l’onomatopea FOGLIASH! per riprodurne il suono). L’inizio della stagione autunnale è marcato dall’equinozio; in questo caso, per l’esattezza, l’equinozio d’autunno, che avviene il 22 o il 23 settembre: voce dotta dal latino aequinŏctiu(m), composto di āequus ‘uguale’ e nŏx ‘notte’ (1292), indica l’’istante in cui il Sole, muovendosi sull’eclittica, si trova esattamente sull’equatore, cioè a uno dei due nodi della sua orbita rispetto all’equatore celeste’; in altre parole, è il momento dell’anno in cui il giorno e la notte hanno all’incirca la stessa durata. L’autunno è prima di tutto la stagione della vendemmia (dal latino vindēmia(m), composto di vīnum ‘vino’ e un derivato di dēmere ‘togliere’, 1294), generalmente definita come l’operazione del raccogliere l’uva, ma anche il tempo della raccolta e persino la quantità di uva raccolta; in ambito letterario, il termine può venire riferito in generale a una raccolta di prodotti agricoli, mentre esiste un uso figurato, impiegato ad esempio da Carlo Dossi, per indicare “grande quantità”: Una vendemmia di bastonate. A vendemmia è connesso un altro termine, che ha preso un significato del tutto differente: l’inglese vintage, propriamente “d’annata” dal francese antico vendenge, che significa proprio… ‘vendemmia’ (1992) e che oggi, oltre che in riferimento a vini d’annata di pregio, viene usato per indicare uno stile o un oggetto d’epoca, soprattutto nel campo dell’abbigliamento. In autunno si vendemmiano anche le castagne (dal latino castănea(m), dal gr. kástanon, probabilmente di origine preindoeuropea, 1200 circa). La castagna è il frutto del castagno, ‘costituito da un pericarpo coriaceo di color bruno lucente contenente una polpa bianca e farinosa’ che, al di là delle moltissime preparazioni culinarie, possiamo consumare sotto forma di castagne arrostite o caldarroste, non senza averle prima castrate: proprio così si chiama l’operazione di ‘fenderne il guscio perché non scoppino mentre cuociono’. Molti sono i modi di dire che contengono riferimenti alle castagne, per esempio si dice prendere qualcuno in castagna per indicare che lo si è colto in flagrante; si tolgono o cavano le castagne dal fuoco o per qualcuno quando lo si libera da un impaccio a proprio rischio, mentre il più furbo cava la castagna dal fuoco con le zampe del gatto quando fa qualcosa a proprio vantaggio, lasciando i pericoli agli altri. Non esistono solo le castagne nostrane: abbiamo anche la castagna d’acqua, la castagna di terra e la castagna d’India e poi, per uscire dal mondo vegetale, la castagna dell’argano, che è il dente che impedisce al marchingegno di sfuggire indietro; nel pugilato, la castagna indica un pugno di notevole potenza, nel calcio un tiro secco e violento in porta. E chi non ha mai fatto le castagne, cioè gli schiocchi con le dita, o quel gesto nel quale si mette il pollice tra l’indice e il medio in segno di scherno? Il classico rituale di passaggio stagionale è il cambio dell’armadio, temibile azione, spesso rimandata all’infinito, che consiste nel riporre l’abbigliamento estivo per fare posto a quello più adatto alla stagione fredda. Quasi un’operazione bellica, per alcuni, e questo paragone non è così casuale: lo sapevate che la parola armadio deriva dal latino armāriu(m) ‘deposito di armi’ (1292)? Non si sa se siano più o meno fortunati coloro che hanno addirittura una cabina armadio, che qualcuno preferisce chiamare guardaroba (dal francese garde-robe, composto di garde ‘guarda’ e robe ‘veste’, secolo XIII); si può chiamare così sia l’’armadio per la biancheria e il vestiario’ sia l’intera ‘stanza in cui si tengono riposti vestiti e biancheria’, ma anche il ‘complesso di abiti e altri generi d’abbigliamento di cui una persona dispone’: e se qualcuno ha il guardaroba davvero vasto, il cambio dell’armadio diventa davvero molto complesso! Oltre a questo, in autunno, si procede anche ad accendere il riscaldamento nelle case (scaldare deriva dal latino tardo excaldāre ‘riscaldare’, da căl(i)dus ‘caldo’, 1268); spesso è riscaldamento centrale, ‘con un unico generatore di calore per tutti gli appartamenti di un fabbricato’, ma c’è chi invece preferisce il riscaldamento autonomo, ‘con un generatore di calore singolo per ogni appartamento di un fabbricato’. Il fine ultimo rimane comunque sempre quello di aumentare la temperatura del corpo, tenendo a mente che sarebbe meglio limitare le emissioni per evitare il riscaldamento globale, ‘fase climatica della Terra caratterizzata da un aumento generale della temperatura, dovuto a fattori naturali, quali i cicli solari, o all’antropizzazione, come l’effetto serra’. Quando la caldaia (dal latino tardo caldāria(m), da călidus ‘caldo’, 1287) non funzionasse a dovere nonostante la necessaria revisione (voce dotta, dal latino tardo revisiōne(m), da revidēre ‘rivedere’, 1536), ci corre in aiuto il piumino, il principe di tutti i soprabiti invernali, che si chiama così perché generalmente è imbottito di piume (anzi, di piumino, che è specificamente ‘l’insieme delle piume, più piccole delle penne di contorno e con barbe libere, che limitano la dispersione del calore’). E se, nonostante tutto, sentiamo freddo? Allora ci esponiamo al rischio di beccarci un raffreddore (un derivato di raffreddare, 1730), ‘infiammazione acuta delle mucose del naso e della faringe’ che può anche aprire la strada alla tanto temuta influenza (dal latino medievale influĕntia(m), propriamente lo ‘scorrere [dentro]’, dal verbo inflŭere, 1282). Questa è una parola dai molti significati; per esempio, in astrologia significa ‘influsso dei corpi celesti sugli esseri animati e sulle cose, e specialmente nel destino degli uomini’, ma in fisica indica anche ‘facoltà per la quale certi corpi agiscono a distanza su altri’ oppure semplicemente ‘autorità, ascendente, peso, prestigio’. In medicina, denota per l’appunto la ‘malattia infettiva acuta, contagiosa, specialmente delle vie aeree superiori, di origine virale’. Abbiamo tristemente conosciuto l’influenza suina e quella aviaria. Quale che dovesse essere stavolta, speriamo, di scongiurarla grazie a un’intelligente opera di prevenzione, in modo da poterci godere pienamente questa bella stagione dorata!
2018
Vera Gheno
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Utilizza questo identificatore per citare o creare un link a questa risorsa: https://hdl.handle.net/2158/1258733
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