Da settimane, ormai, desideriamo tutti le vacanze. Vacanza (1328) deriva da vacante, participio presente del verbo vacare, voce dotta dal latino vacāre ‘essere vuoto, libero, non occupato’; è sostantivo femminile che indica, come primo significato, ‘stato o condizione di ciò che è vacante, privo di titolare’. Quindi, la vacanza della sede pontificia indica non che il papa è in ferie, ma che in quel momento nessuno ricopre la carica di papa. Il secondo significato è quello di ‘periodo di interruzione delle normali attività lavorative di enti, aziende, assemblee, privati cittadini’, per cui si va in vacanza e si è in vacanza. Le vacanze al plurale indicano solitamente i momenti in cui le scuole sono chiuse, come le vacanze natalizie; ma le vacanze per antonomasia sono quelle estive. Ricordando solo tangenzialmente il terzo significato di vacanza, proprio della fisica, ossia ‘difetto di un reticolo cristallino consistente nell’assenza di un atomo’, passiamo all’altra parola che usiamo per indicare il periodo in cui non si lavora, ferie. Il singolare, feria, è voce dotta che deriva dal latino tardo fēria(m); al tempo dell’impero romano, feria era il giorno in cui si celebravano le divinità, per cui non si potevano tenere attività pubbliche: da qui deriva il significato di ferie come ‘vacanza’. Viceversa, i giorni feriali sono quelli in cui si lavora, cioè non festivi, perché nel calendario cristiano il dies ferialis era ognuno di quelli in cui si celebrava un santo del calendario, cioè i giorni della settimana diversi dalla domenica, che invece era il dies Domini, ‘giorno del Signore’. Festivo, invece, deriva dal latino festīvu(m), da fĕsta ‘festa’ (1342). L’aggettivo indica un giorno, un abito, un orario di festa o relativo ai giorni di festa. In letteratura significa anche ‘allegro, lieto, festoso’. Il modo migliore per trascorrere le vacanze, le ferie o un periodo festivo è forse concedendosi un bel viaggio. Questa volta, il percorso etimologico del termine è più tortuoso. Alla base c’è sempre il latino, con il termine viāticu(m), che indicava le provviste per un viaggio (ne rimane traccia nella voce dotta italiana viatico, con il medesimo significato). Ma il termine, prima di arrivare all’italiano nel secolo XII, transita dal provenzale – lingua nel quale diventa viatge, per poi entrare in italiano come, appunto, viaggio. Un viaggio è un ‘trasferimento da un luogo a un altro, generalmente con un mezzo di trasporto’, per esempio in treno, in aereo o in carrozza. Torquato Tasso scrive “tosto a quel picciol suon drizza il viaggio”. L’augurio per chi parte è buon viaggio, mentre sarebbe meglio rimandare il più possibile l’ultimo viaggio o il viaggio senza ritorno, ossia la morte. Viaggio significa anche ‘giro più o meno lungo, attraverso luoghi o paesi diversi dal proprio, sia a scopo turistico che per altri motivi’, mentre meno spensierato è un viaggio della speranza, ‘trasferimento specialmente all’estero per motivi di cura o per migliorare le proprie condizioni di vita’. Un viaggio può essere anche un pellegrinaggio, mentre in senso figurato indica un ‘itinerario ideale, immaginario o mitico’, come nella frase un viaggio attraverso i tempi. Anche il trasporto di merci si può chiamare viaggio; e chi non conosce l’espressione fare un viaggio a vuoto, che significa ‘andare in un luogo senza concludere nulla’? Un astro nel cielo compie un viaggio, mentre nel gergo dei tossicodipendenti un viaggio è l’‘effetto causato dall’assunzione di sostanze stupefacenti’, soprattutto di sostanze allucinogene. In questo caso, un possibile sinonimo è il termine inglese trip. Pino Cacucci ci ha dato la sua bella definizione d’autore di viaggio, che puoi leggere cliccando qui: I viaggi, solitamente, seguono un itinerario (sec. XIV), dal latino tardo itinerāriu(m), da ĭter, genitivo di itĭneris ‘viaggio’, a sua volta derivato da īre ‘andare’. È il ‘percorso di un viaggio perlopiù diviso in tappe’ (cfr. itinerario turistico) ma anche la ‘strada da percorrere’ (cfr. l’itinerario di una processione). E che itinerario vacanziero sarebbe, senza un bagaglio? Parola che arriva in italiano nel 1607, dal francese bagage, da baga ‘fagotto, borsa’, di origine provenzale e di etimologia incerta, è ‘tutto quanto si porta con sé in viaggio’. L’incubo di chiunque debba fare un viaggio in aereo è il bagaglio a mano, ‘quello di piccolo ingombro che il passeggero di un aereo o di un pullman può tenere con sé’ e che sovente, all’aeroporto, dobbiamo abbandonare e condannare alla stiva perché troppo grosso o troppo pesante. Figurativamente, il bagaglio è ‘ciò che una persona ha appreso con lo studio, la ricerca, l’esperienza e simili’, cfr. bagaglio culturale (che qualcuno, talvolta, sbagliando, definisce bagagliaio culturale!). Ma prima di partire per la nostra vacanza con armi e bagagli, cioè ‘con tutto ciò che si possiede’, ricordiamoci dei compiti per le vacanze, l’incubo di chiunque abbia figli in età scolare. Compito, dal verbo compitare (1238, che deriva dal latino computāre ‘contare’, composto di cŭm ‘con’ e putāre ‘calcolare, contare’: avete presente computer?) è un ‘lavoro da eseguire’, un ‘incarico, dovere, mansione’ e soprattutto, incubo dell’estate, un ‘esercizio scolastico, specialmente scritto, da svolgere a casa o a scuola’. Possibilmente, i compiti andrebbero fatti prima del rientro: questo deverbale del 1865 ha vari significati, tra cui quello di ‘ritorno dalle ferie’. Il peggiore è il grande rientro, ‘quello in direzione delle grandi città dopo un periodo di vacanze (specialmente le vacanze estive)’, mentre quello più emozionante è decisamente il ‘ritorno di veicolo spaziale nell’atmosfera terrestre’: le code in autostrada sono decisamente meno glamour!

Vacanza / Vera Gheno. - ELETTRONICO. - (2018).

Vacanza

Vera Gheno
2018

Abstract

Da settimane, ormai, desideriamo tutti le vacanze. Vacanza (1328) deriva da vacante, participio presente del verbo vacare, voce dotta dal latino vacāre ‘essere vuoto, libero, non occupato’; è sostantivo femminile che indica, come primo significato, ‘stato o condizione di ciò che è vacante, privo di titolare’. Quindi, la vacanza della sede pontificia indica non che il papa è in ferie, ma che in quel momento nessuno ricopre la carica di papa. Il secondo significato è quello di ‘periodo di interruzione delle normali attività lavorative di enti, aziende, assemblee, privati cittadini’, per cui si va in vacanza e si è in vacanza. Le vacanze al plurale indicano solitamente i momenti in cui le scuole sono chiuse, come le vacanze natalizie; ma le vacanze per antonomasia sono quelle estive. Ricordando solo tangenzialmente il terzo significato di vacanza, proprio della fisica, ossia ‘difetto di un reticolo cristallino consistente nell’assenza di un atomo’, passiamo all’altra parola che usiamo per indicare il periodo in cui non si lavora, ferie. Il singolare, feria, è voce dotta che deriva dal latino tardo fēria(m); al tempo dell’impero romano, feria era il giorno in cui si celebravano le divinità, per cui non si potevano tenere attività pubbliche: da qui deriva il significato di ferie come ‘vacanza’. Viceversa, i giorni feriali sono quelli in cui si lavora, cioè non festivi, perché nel calendario cristiano il dies ferialis era ognuno di quelli in cui si celebrava un santo del calendario, cioè i giorni della settimana diversi dalla domenica, che invece era il dies Domini, ‘giorno del Signore’. Festivo, invece, deriva dal latino festīvu(m), da fĕsta ‘festa’ (1342). L’aggettivo indica un giorno, un abito, un orario di festa o relativo ai giorni di festa. In letteratura significa anche ‘allegro, lieto, festoso’. Il modo migliore per trascorrere le vacanze, le ferie o un periodo festivo è forse concedendosi un bel viaggio. Questa volta, il percorso etimologico del termine è più tortuoso. Alla base c’è sempre il latino, con il termine viāticu(m), che indicava le provviste per un viaggio (ne rimane traccia nella voce dotta italiana viatico, con il medesimo significato). Ma il termine, prima di arrivare all’italiano nel secolo XII, transita dal provenzale – lingua nel quale diventa viatge, per poi entrare in italiano come, appunto, viaggio. Un viaggio è un ‘trasferimento da un luogo a un altro, generalmente con un mezzo di trasporto’, per esempio in treno, in aereo o in carrozza. Torquato Tasso scrive “tosto a quel picciol suon drizza il viaggio”. L’augurio per chi parte è buon viaggio, mentre sarebbe meglio rimandare il più possibile l’ultimo viaggio o il viaggio senza ritorno, ossia la morte. Viaggio significa anche ‘giro più o meno lungo, attraverso luoghi o paesi diversi dal proprio, sia a scopo turistico che per altri motivi’, mentre meno spensierato è un viaggio della speranza, ‘trasferimento specialmente all’estero per motivi di cura o per migliorare le proprie condizioni di vita’. Un viaggio può essere anche un pellegrinaggio, mentre in senso figurato indica un ‘itinerario ideale, immaginario o mitico’, come nella frase un viaggio attraverso i tempi. Anche il trasporto di merci si può chiamare viaggio; e chi non conosce l’espressione fare un viaggio a vuoto, che significa ‘andare in un luogo senza concludere nulla’? Un astro nel cielo compie un viaggio, mentre nel gergo dei tossicodipendenti un viaggio è l’‘effetto causato dall’assunzione di sostanze stupefacenti’, soprattutto di sostanze allucinogene. In questo caso, un possibile sinonimo è il termine inglese trip. Pino Cacucci ci ha dato la sua bella definizione d’autore di viaggio, che puoi leggere cliccando qui: I viaggi, solitamente, seguono un itinerario (sec. XIV), dal latino tardo itinerāriu(m), da ĭter, genitivo di itĭneris ‘viaggio’, a sua volta derivato da īre ‘andare’. È il ‘percorso di un viaggio perlopiù diviso in tappe’ (cfr. itinerario turistico) ma anche la ‘strada da percorrere’ (cfr. l’itinerario di una processione). E che itinerario vacanziero sarebbe, senza un bagaglio? Parola che arriva in italiano nel 1607, dal francese bagage, da baga ‘fagotto, borsa’, di origine provenzale e di etimologia incerta, è ‘tutto quanto si porta con sé in viaggio’. L’incubo di chiunque debba fare un viaggio in aereo è il bagaglio a mano, ‘quello di piccolo ingombro che il passeggero di un aereo o di un pullman può tenere con sé’ e che sovente, all’aeroporto, dobbiamo abbandonare e condannare alla stiva perché troppo grosso o troppo pesante. Figurativamente, il bagaglio è ‘ciò che una persona ha appreso con lo studio, la ricerca, l’esperienza e simili’, cfr. bagaglio culturale (che qualcuno, talvolta, sbagliando, definisce bagagliaio culturale!). Ma prima di partire per la nostra vacanza con armi e bagagli, cioè ‘con tutto ciò che si possiede’, ricordiamoci dei compiti per le vacanze, l’incubo di chiunque abbia figli in età scolare. Compito, dal verbo compitare (1238, che deriva dal latino computāre ‘contare’, composto di cŭm ‘con’ e putāre ‘calcolare, contare’: avete presente computer?) è un ‘lavoro da eseguire’, un ‘incarico, dovere, mansione’ e soprattutto, incubo dell’estate, un ‘esercizio scolastico, specialmente scritto, da svolgere a casa o a scuola’. Possibilmente, i compiti andrebbero fatti prima del rientro: questo deverbale del 1865 ha vari significati, tra cui quello di ‘ritorno dalle ferie’. Il peggiore è il grande rientro, ‘quello in direzione delle grandi città dopo un periodo di vacanze (specialmente le vacanze estive)’, mentre quello più emozionante è decisamente il ‘ritorno di veicolo spaziale nell’atmosfera terrestre’: le code in autostrada sono decisamente meno glamour!
2018
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Utilizza questo identificatore per citare o creare un link a questa risorsa: https://hdl.handle.net/2158/1258735
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