Siamo entrati nell’anno consacrato a Dante Alighieri: nel 2021, infatti, ricorrono i settecento anni dalla morte del Sommo. La ricorrenza “tonda” verrà festeggiata per l’intero anno, ma le celebrazioni culmineranno il 25 marzo, battezzato Dantedì. La data è stata scelta perché numerosi dantisti lo ritengono il giorno in cui il poeta inizia il suo viaggio attraverso Inferno, Purgatorio e Paradiso come descritto nelle tre cantiche della Commedia. Dante viene spesso citato come una sorta di nume tutelare dalle persone indignate dal cambiamento linguistico, dai neologismi, dai costumi linguistici delle nuove generazioni, dall’abuso di anglismi e così via. Commenti come “Dante si sta rivoltando nella tomba” oppure “Vergogna! Ridurre così la lingua di Dante!” sono piuttosto comuni, sui social network. E se è assolutamente vero che la Commedia, oltre che rimanere una lettura incredibilmente avvincente ancora oggi, è una delle massime vette letterarie mai raggiunte dalla nostra lingua, a molti di questi commentatori sfugge che il Sommo, a suo tempo, era tutt’altro che un purista o un conservatore. Dante era uno sperimentatore linguistico impavido, colto, plurilingue; la sua grandezza non sta solo nella profondità linguistica del testo, ma anche nella sua semplicità: chiunque, dalla persona semplice a quella dotta, vi può trovare una chiave di lettura adatta. Recentemente, ho scritto un breve excursus tra i modi di dire in uso ancora oggi che discendono direttamente dalla Commedia dantesca; a parte alcuni tra i più noti, da Fatti non foste a viver come bruti (Inf. XXVI, 119) a Lasciate ogni speranza voi ch’entrate (Inf. III, 9), è di derivazione dantesca anche Il bello stilo – (Inf. I, 87), forma arcaica per stile; qui Dante si rivolge a Virgilio, che gli ha insegnato a scrivere bene – e Stai fresco / stiamo freschi, usato come antifrasi, cioè per dire che andrà tutto a rotoli (Inf. XXXII, 117: “là dove i peccatori stanno freschi” immersi nelle acque gelide del lago Cocito). Ma se, da questi pochi casi visti, possiamo verificare la vitalità di Dante nell’italiano contemporaneo (risalgono alla Commedia anche termini come mesto, molesto, quisquilia) , esiste un Dante dimenticato, fatto di termini che compaiono nella Commedia e che oggi sono scomparsi, per vari motivi, dall’uso. Ed è proprio su questo pittoresco “Dante desueto” che mi sto concentrando per un mio piccolo progetto lessicale. Stavolta, per condividere con voi alcune di queste chicche lessicali dantesche, ho selezionato i termini che il dizionario segnala con una crocetta a indicarne l’obsolescenza (cioè il fatto che oggi non sono più impiegati) scegliendo, tra questi, i lemmi contenenti un esempio d’uso tratto dalla Commedia. Ne è nata una lista variopinta di termini che, in molti casi, non ricordavo di avere letto nemmeno nell’opera di Dante. Eccone venti, uno per quasi ogni lettera dell’alfabeto. Partiamo! Adduàrsi ‘raddoppiarsi’: fu viso a me cantare essa sustanza, / sopra la qual doppio lume s'addua (Par. VII, 5-6); Baldézza ‘baldanza, fiducia, sicurezza’: voi mi date a parlar tutta baldezza (Par. XVI, 17); Concolóre ‘dello stesso colore’: Come si volgon per tenera nube / due archi paralelli e concolori (Par. XII, 10-11); Dislagàrsi ‘ergersi, elevarsi da una distesa d'acqua’: diedi 'l viso mio incontr' al poggio / che 'nverso 'l ciel più alto si dislaga (Purg. III, 14-15); Ènne ‘ci è, è a noi’: ed ènne dolce così fatto scemo (Par. XX, 136); Flèto ‘pianto, lutto’: sparser lo sangue dopo molto fleto (Par. XXVII, 45); Gèna ‘guancia’: Diffuso era per li occhi e per le gene / di benigna letizia (Par. XXXI, 61-62); Intuàrsi ‘entrare nel tuo pensiero o sentimento’: s'io m'intuassi, come tu t'inmii (Par. IX, 81); Léppo ‘vapore puzzolente; fetore’: per febbre aguta gittan tanto leppo (Inf. XXX, 99); Meàre ‘passare attraverso, trapelare’: raggio di sol che puro mei / per fratta nube (Par. XXIII, 79-80); Novèrca ‘matrigna’: la spietata e perfida noverca (Par. XVII, 47); Oltràrsi ‘avanzare’: movendo l'ali tue, credendo oltrarti (Par. XXXII, 146); Pàndere ‘manifestare’: quando il colombo si pone / presso al compagno, l'uno a l'altro pande, / girando e mormorando l'affezione (Par. XXV, 19-21); Quincéntro ‘qui dentro’: dinne s'alcun Latino è tra costoro / che son quinc'entro (Inf. XXIX, 88-89); Ringavagnàre ‘riacquistare’: poi ride, e la speranza ringavagna (Inf. XXIV, 12); Sobranzàre ‘superare, sovrastare, sopraffare’: Quel che ti sobranza / è virtù da cui nulla si ripara (Par. XXIII, 35-36); Terràgno ‘posto sulla terra piana; che sta vicino a terra, a livello del suolo’: sovra i sepolti le tombe terragne / portan segnato quel ch'elli eran pria (Purg. XII, 17-18); Unquànco ‘giammai, mai fino ad ora’; non unquanco, ‘non ancora’: Branca d'Oria non morì unquanche (Inf. XXXIII, 14); Vanàre ‘vaneggiare’: stava com'om che sonnolento vana (Purg. XVIII, 87); Zèba ‘capra’: mei foste state qui pecore o zebe! (Inf. XXXII, 15). E voi, quanti di questi lemmi conoscevate?
Dante desueto: alla ricerca della parola perduta / Vera Gheno. - In: TOSCANAOGGI. - STAMPA. - 7 febbraio:(2021), pp. 17-17.
Dante desueto: alla ricerca della parola perduta
Vera Gheno
2021
Abstract
Siamo entrati nell’anno consacrato a Dante Alighieri: nel 2021, infatti, ricorrono i settecento anni dalla morte del Sommo. La ricorrenza “tonda” verrà festeggiata per l’intero anno, ma le celebrazioni culmineranno il 25 marzo, battezzato Dantedì. La data è stata scelta perché numerosi dantisti lo ritengono il giorno in cui il poeta inizia il suo viaggio attraverso Inferno, Purgatorio e Paradiso come descritto nelle tre cantiche della Commedia. Dante viene spesso citato come una sorta di nume tutelare dalle persone indignate dal cambiamento linguistico, dai neologismi, dai costumi linguistici delle nuove generazioni, dall’abuso di anglismi e così via. Commenti come “Dante si sta rivoltando nella tomba” oppure “Vergogna! Ridurre così la lingua di Dante!” sono piuttosto comuni, sui social network. E se è assolutamente vero che la Commedia, oltre che rimanere una lettura incredibilmente avvincente ancora oggi, è una delle massime vette letterarie mai raggiunte dalla nostra lingua, a molti di questi commentatori sfugge che il Sommo, a suo tempo, era tutt’altro che un purista o un conservatore. Dante era uno sperimentatore linguistico impavido, colto, plurilingue; la sua grandezza non sta solo nella profondità linguistica del testo, ma anche nella sua semplicità: chiunque, dalla persona semplice a quella dotta, vi può trovare una chiave di lettura adatta. Recentemente, ho scritto un breve excursus tra i modi di dire in uso ancora oggi che discendono direttamente dalla Commedia dantesca; a parte alcuni tra i più noti, da Fatti non foste a viver come bruti (Inf. XXVI, 119) a Lasciate ogni speranza voi ch’entrate (Inf. III, 9), è di derivazione dantesca anche Il bello stilo – (Inf. I, 87), forma arcaica per stile; qui Dante si rivolge a Virgilio, che gli ha insegnato a scrivere bene – e Stai fresco / stiamo freschi, usato come antifrasi, cioè per dire che andrà tutto a rotoli (Inf. XXXII, 117: “là dove i peccatori stanno freschi” immersi nelle acque gelide del lago Cocito). Ma se, da questi pochi casi visti, possiamo verificare la vitalità di Dante nell’italiano contemporaneo (risalgono alla Commedia anche termini come mesto, molesto, quisquilia) , esiste un Dante dimenticato, fatto di termini che compaiono nella Commedia e che oggi sono scomparsi, per vari motivi, dall’uso. Ed è proprio su questo pittoresco “Dante desueto” che mi sto concentrando per un mio piccolo progetto lessicale. Stavolta, per condividere con voi alcune di queste chicche lessicali dantesche, ho selezionato i termini che il dizionario segnala con una crocetta a indicarne l’obsolescenza (cioè il fatto che oggi non sono più impiegati) scegliendo, tra questi, i lemmi contenenti un esempio d’uso tratto dalla Commedia. Ne è nata una lista variopinta di termini che, in molti casi, non ricordavo di avere letto nemmeno nell’opera di Dante. Eccone venti, uno per quasi ogni lettera dell’alfabeto. Partiamo! Adduàrsi ‘raddoppiarsi’: fu viso a me cantare essa sustanza, / sopra la qual doppio lume s'addua (Par. VII, 5-6); Baldézza ‘baldanza, fiducia, sicurezza’: voi mi date a parlar tutta baldezza (Par. XVI, 17); Concolóre ‘dello stesso colore’: Come si volgon per tenera nube / due archi paralelli e concolori (Par. XII, 10-11); Dislagàrsi ‘ergersi, elevarsi da una distesa d'acqua’: diedi 'l viso mio incontr' al poggio / che 'nverso 'l ciel più alto si dislaga (Purg. III, 14-15); Ènne ‘ci è, è a noi’: ed ènne dolce così fatto scemo (Par. XX, 136); Flèto ‘pianto, lutto’: sparser lo sangue dopo molto fleto (Par. XXVII, 45); Gèna ‘guancia’: Diffuso era per li occhi e per le gene / di benigna letizia (Par. XXXI, 61-62); Intuàrsi ‘entrare nel tuo pensiero o sentimento’: s'io m'intuassi, come tu t'inmii (Par. IX, 81); Léppo ‘vapore puzzolente; fetore’: per febbre aguta gittan tanto leppo (Inf. XXX, 99); Meàre ‘passare attraverso, trapelare’: raggio di sol che puro mei / per fratta nube (Par. XXIII, 79-80); Novèrca ‘matrigna’: la spietata e perfida noverca (Par. XVII, 47); Oltràrsi ‘avanzare’: movendo l'ali tue, credendo oltrarti (Par. XXXII, 146); Pàndere ‘manifestare’: quando il colombo si pone / presso al compagno, l'uno a l'altro pande, / girando e mormorando l'affezione (Par. XXV, 19-21); Quincéntro ‘qui dentro’: dinne s'alcun Latino è tra costoro / che son quinc'entro (Inf. XXIX, 88-89); Ringavagnàre ‘riacquistare’: poi ride, e la speranza ringavagna (Inf. XXIV, 12); Sobranzàre ‘superare, sovrastare, sopraffare’: Quel che ti sobranza / è virtù da cui nulla si ripara (Par. XXIII, 35-36); Terràgno ‘posto sulla terra piana; che sta vicino a terra, a livello del suolo’: sovra i sepolti le tombe terragne / portan segnato quel ch'elli eran pria (Purg. XII, 17-18); Unquànco ‘giammai, mai fino ad ora’; non unquanco, ‘non ancora’: Branca d'Oria non morì unquanche (Inf. XXXIII, 14); Vanàre ‘vaneggiare’: stava com'om che sonnolento vana (Purg. XVIII, 87); Zèba ‘capra’: mei foste state qui pecore o zebe! (Inf. XXXII, 15). E voi, quanti di questi lemmi conoscevate?I documenti in FLORE sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.



