L’intervento vuole offrire una riflessione sui mutamenti del concetto di genere a partire dai meccanismi di costruzione e definizione culturale della ‘donna altra’ smascherati dal femminismo post-coloniale fino agli apporti degli studi queer per la riconcettualizzazione delle identità di genere. Il femminismo postcoloniale ha evidenziato come la categoria “donna” debba articolarsi in maniera plurale andandosi ad intersecare con altre quali, ad esempio, la classe sociale, l’etnia, l’orientamento sessuale. Questo approccio intersezionale ha posto di fronte il femminismo occidentale e gli studi di genere a una sfida ben riassunta da Brah nella frase: “È oggi ampiamente accettato come ‟donna” non sia una categoria unitaria. La questione rimane se possa essere una categoria unificante.” (Brah, 1996: 89). Le risposte a questa domanda sono state molteplici: mentre alcune autrici hanno affermato che non è possibile portare avanti un progetto politico comune tra donne appartenenti a contesti e culture diverse (Ang, 1995), altre hanno sostenuto la centralità della costruzione di un impegno condiviso nella lotta contro il razzismo e il sessismo fondato sui concetti di solidarietà e dialogo tra donne che sono posizionate in maniera diversa e diseguale, in particolare sulla base della ‟razza” e della classe (Yuval Davis, 1997, 2006b; Brah, 1996; Mohanty, 2003; Ahmed, 2000). In questo senso, gli studi sui movimenti migratori in ottica di genere mettono in evidenza la complessità dei rapporti di forza nelle società contemporanee che costringono in posizione subordinata una serie di soggetti attraverso processi simbolici e materiali di razzializzazione e sessismo. Queste forze tendono a promuovere un’agenda conservatrice da un punto di vista di genere, ma, come è stato evidenziato da Sarah Farris attraverso l’introduzione del termine ‘femonazionalismo’ (2017), alcune di esse si appropriano del linguaggio dei diritti delle donne e, più in generale, del rispetto e dell'uguaglianza di genere, per opporsi alle politiche a favore dei migranti. Questa operazione coinvolge in alcuni casi figure di femministe -attiviste ed intellettuali- nella stigmatizzazione delle ‘culture altre’ di fatto agendo a scapito di approcci politici e di ricerca pluralisti e interculturali. Temi tipici dell’area femminista e degli studi di genere, nati da riflessioni sulla diversità e a favore delle differenze, sono usati per sostenere, al contrario, la necessità di chiusure identitarie, spesso anche ignorando importanti dibattiti quali quelli susseguiti al famoso Il multiculturalismo fa male alle donne? (Moller Okin, 1999). Da qui la necessità di riportare al centro delle analisi gli strumenti dell’intersezionalità e di adottare il paradigma della complessità come ineludibile. Su questo fronte, gli studi queer possono offrire un ulteriore contributo essenziale all’allargamento e approfondimento dei concetti e degli strumenti analitici delle prospettive di genere: mettendo in crisi le rigide categorie identitarie focalizzate su forme di binarismo che, di fatto, finiscono sovente per essere naturalizzate (i soggetti sessuali di Foucault come conseguenza dell’impulso disciplinante della società borghese [1976]), e agendo come moltiplicatori delle differenze. The intervention aims to offer a reflection on the changes in the concept of gender starting from the mechanisms of construction and cultural definition of the 'other woman' unmasked by post-colonial feminism up to the contributions of queer studies for the reconceptualization of gender identities. Postcolonial feminism has highlighted how the "woman" category must be articulated in a plural way, intersecting with others such as, for example, social class, ethnicity, sexual orientation. This intersectional approach has confronted Western feminism and gender studies with a challenge well summed up by Brah in the sentence: "She is now widely accepted as' woman" is not a unitary category. The question remains whether it can be a unifying category. " (Brah, 1996: 89).
Dal genere ai generi: l’erosione della visione omogenea e binaria dal femminismo post-coloniale agli studi queer / Tiziana Chiappelli. - ELETTRONICO. - (2021), pp. 542-548. (Intervento presentato al convegno La responsabilit della pedagogia nelle trasformazioni dei rapporti sociali. Storia, linee di ricerca e prospettive tenutosi a Milano nel 14-16 gennaio 2021).
Dal genere ai generi: l’erosione della visione omogenea e binaria dal femminismo post-coloniale agli studi queer
Tiziana Chiappelli
2021
Abstract
L’intervento vuole offrire una riflessione sui mutamenti del concetto di genere a partire dai meccanismi di costruzione e definizione culturale della ‘donna altra’ smascherati dal femminismo post-coloniale fino agli apporti degli studi queer per la riconcettualizzazione delle identità di genere. Il femminismo postcoloniale ha evidenziato come la categoria “donna” debba articolarsi in maniera plurale andandosi ad intersecare con altre quali, ad esempio, la classe sociale, l’etnia, l’orientamento sessuale. Questo approccio intersezionale ha posto di fronte il femminismo occidentale e gli studi di genere a una sfida ben riassunta da Brah nella frase: “È oggi ampiamente accettato come ‟donna” non sia una categoria unitaria. La questione rimane se possa essere una categoria unificante.” (Brah, 1996: 89). Le risposte a questa domanda sono state molteplici: mentre alcune autrici hanno affermato che non è possibile portare avanti un progetto politico comune tra donne appartenenti a contesti e culture diverse (Ang, 1995), altre hanno sostenuto la centralità della costruzione di un impegno condiviso nella lotta contro il razzismo e il sessismo fondato sui concetti di solidarietà e dialogo tra donne che sono posizionate in maniera diversa e diseguale, in particolare sulla base della ‟razza” e della classe (Yuval Davis, 1997, 2006b; Brah, 1996; Mohanty, 2003; Ahmed, 2000). In questo senso, gli studi sui movimenti migratori in ottica di genere mettono in evidenza la complessità dei rapporti di forza nelle società contemporanee che costringono in posizione subordinata una serie di soggetti attraverso processi simbolici e materiali di razzializzazione e sessismo. Queste forze tendono a promuovere un’agenda conservatrice da un punto di vista di genere, ma, come è stato evidenziato da Sarah Farris attraverso l’introduzione del termine ‘femonazionalismo’ (2017), alcune di esse si appropriano del linguaggio dei diritti delle donne e, più in generale, del rispetto e dell'uguaglianza di genere, per opporsi alle politiche a favore dei migranti. Questa operazione coinvolge in alcuni casi figure di femministe -attiviste ed intellettuali- nella stigmatizzazione delle ‘culture altre’ di fatto agendo a scapito di approcci politici e di ricerca pluralisti e interculturali. Temi tipici dell’area femminista e degli studi di genere, nati da riflessioni sulla diversità e a favore delle differenze, sono usati per sostenere, al contrario, la necessità di chiusure identitarie, spesso anche ignorando importanti dibattiti quali quelli susseguiti al famoso Il multiculturalismo fa male alle donne? (Moller Okin, 1999). Da qui la necessità di riportare al centro delle analisi gli strumenti dell’intersezionalità e di adottare il paradigma della complessità come ineludibile. Su questo fronte, gli studi queer possono offrire un ulteriore contributo essenziale all’allargamento e approfondimento dei concetti e degli strumenti analitici delle prospettive di genere: mettendo in crisi le rigide categorie identitarie focalizzate su forme di binarismo che, di fatto, finiscono sovente per essere naturalizzate (i soggetti sessuali di Foucault come conseguenza dell’impulso disciplinante della società borghese [1976]), e agendo come moltiplicatori delle differenze. The intervention aims to offer a reflection on the changes in the concept of gender starting from the mechanisms of construction and cultural definition of the 'other woman' unmasked by post-colonial feminism up to the contributions of queer studies for the reconceptualization of gender identities. Postcolonial feminism has highlighted how the "woman" category must be articulated in a plural way, intersecting with others such as, for example, social class, ethnicity, sexual orientation. This intersectional approach has confronted Western feminism and gender studies with a challenge well summed up by Brah in the sentence: "She is now widely accepted as' woman" is not a unitary category. The question remains whether it can be a unifying category. " (Brah, 1996: 89).File | Dimensione | Formato | |
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