La previsione della realizzazione del nuovo edificio all’estremità sud ovest del corpo anteriore dell’ospedale di Reggio Emilia nasce non solo come primo passo del processo di riorganizzazione generale dell’intero complesso, che ipotizza la concentrazione nella fascia anteriore di tutte le attività a carattere ambulatoriale, ma soprattutto per dare una risposta strutturale unitaria e adeguata all’accelerata, continua evoluzione tecnologica delle metodiche, sia diagnostiche sia terapeutiche, facenti capo ai servizi di radioterapia e medicina nucleare. La tipologia tutta particolare dell’edificio fa sì che la progettazione integrale, oltre alle tradizionali componenti architettonica, strutturale e impiantistica, debba allargarsi agli aspetti fisici, legati alla protezione dalle radiazioni ionizzanti, con conseguente progettazione e calcolo delle schermature antiradiazioni, e alla prevenzione dei rischi connessi alla contaminazione radioattiva. Il piano terra dell’edificio è destinato al servizio di radioterapia oncologica, il piano primo al servizio di medicina nucleare, mentre il piano interrato è parzialmente destinato al servizio diagnostico mediante risonanza magnetica nucleare, quest’ultima già prevista in fase di progettazione, seppure largamente in anticipo rispetto alla commercializzazione e diffusione dell’apparecchiatura. "E’ con piacere che presento quest’ultimo lavoro dei Manfredini perché mi consente di affrontare due tipi di considerazioni. Il primo si riferisce alle tematiche della progettazione ospedaliera nei rapporti con il contesto nella realtà italiana, in cui Manfredini ha certamente avuto ruolo importante. Il secondo è maggiormente rivolto alla lettura di questo edificio che per complessità di funzioni e destinazioni rappresenta certamente il primo e unico caso, almeno nel nostro paese, di nuovo organismo unitario per la Radioterapia Oncologica, la Medicina Nucleare e la Risonanza Magnetica. Discipline tutte, sia terapeutiche che diagnostiche, in cui la sofisticazione tecnologica raggiunge i livelli più elevati in campo medico. Di qui l’importanza di tale manufatto che, come del resto attesta la bibliografia specialistica, si configura certamente come “nuovo tipo edilizio” e come “modello di riferimento” in tema di architettura ospedaliera". (da Marco Dasso, Grandi forme per grandi contenuti, “L’Architettura: Cronache e storia”, n. 467, settembre 1994, p. 600)

Ospedale S. Maria Nuova, Reggio Emilia: Radioterapia e Medicina Nucleare (con Enea Manfredini) / Alberto Manfredini. - (1985).

Ospedale S. Maria Nuova, Reggio Emilia: Radioterapia e Medicina Nucleare (con Enea Manfredini)

Alberto Manfredini
1985

Abstract

La previsione della realizzazione del nuovo edificio all’estremità sud ovest del corpo anteriore dell’ospedale di Reggio Emilia nasce non solo come primo passo del processo di riorganizzazione generale dell’intero complesso, che ipotizza la concentrazione nella fascia anteriore di tutte le attività a carattere ambulatoriale, ma soprattutto per dare una risposta strutturale unitaria e adeguata all’accelerata, continua evoluzione tecnologica delle metodiche, sia diagnostiche sia terapeutiche, facenti capo ai servizi di radioterapia e medicina nucleare. La tipologia tutta particolare dell’edificio fa sì che la progettazione integrale, oltre alle tradizionali componenti architettonica, strutturale e impiantistica, debba allargarsi agli aspetti fisici, legati alla protezione dalle radiazioni ionizzanti, con conseguente progettazione e calcolo delle schermature antiradiazioni, e alla prevenzione dei rischi connessi alla contaminazione radioattiva. Il piano terra dell’edificio è destinato al servizio di radioterapia oncologica, il piano primo al servizio di medicina nucleare, mentre il piano interrato è parzialmente destinato al servizio diagnostico mediante risonanza magnetica nucleare, quest’ultima già prevista in fase di progettazione, seppure largamente in anticipo rispetto alla commercializzazione e diffusione dell’apparecchiatura. "E’ con piacere che presento quest’ultimo lavoro dei Manfredini perché mi consente di affrontare due tipi di considerazioni. Il primo si riferisce alle tematiche della progettazione ospedaliera nei rapporti con il contesto nella realtà italiana, in cui Manfredini ha certamente avuto ruolo importante. Il secondo è maggiormente rivolto alla lettura di questo edificio che per complessità di funzioni e destinazioni rappresenta certamente il primo e unico caso, almeno nel nostro paese, di nuovo organismo unitario per la Radioterapia Oncologica, la Medicina Nucleare e la Risonanza Magnetica. Discipline tutte, sia terapeutiche che diagnostiche, in cui la sofisticazione tecnologica raggiunge i livelli più elevati in campo medico. Di qui l’importanza di tale manufatto che, come del resto attesta la bibliografia specialistica, si configura certamente come “nuovo tipo edilizio” e come “modello di riferimento” in tema di architettura ospedaliera". (da Marco Dasso, Grandi forme per grandi contenuti, “L’Architettura: Cronache e storia”, n. 467, settembre 1994, p. 600)
1985
Alberto Manfredini
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