La caldera di Aira costituisce la parte più interna della baia di Kinkō, il golfo che protegge il porto di Kagoshima. Sotto le sue acque giace la camera magmatica che attraverso invisibili canali sotterranei alimenta il Sakurajima, il vulcano più attivo del Giappone. Altre connessioni uniscono invece Kagoshima ad Aira-chō, uno dei villaggi samurai che proteggevano la capitale di Satsuma: tre antiche strade di periodo Edo che idealmente proseguono fino in Italia, essendo Kagoshima gemellata con Napoli sin dal 1960. Lungo questi fili invisibili ha dunque viaggiato l’idea di costruire qui una casa a corte, omaggio a quella progettata da Bernard Rudofsky a Procida. Pubblicata su Domus nel marzo del ‘38 quale manifesto dell’abitare mediterraneo, essa custodisce suggestioni diverse. L’essenzialità delle umili case di Santorini, la spazialità delle antiche case a corte greche e romane e sorprendentemente una camera da letto in stile giapponese, dove l’intero pavimento diviene morbida superficie per il riposo. Solo un mese prima, sempre su Domus, Rudofsky pubblica un breve articolo che affianca due immagini di antiche abitazioni: una da Pompei, l’altra giapponese e non certo per dimostrare impossibili legami ma per ricordare grazie alla loro somiglianza l’universalità dei problemi in architettura e le comuni radici delle tradizioni. Riconoscere ciò che permane nelle differenze; così un architetto moravo iniziato al Mito Mediterraneo da Luigi Cosenza riassume la responsabilità che ancora oggi connota il lavoro degli architetti italiani. Sensibili alle differenze e alle similitudini e per questo non indifferenti ai luoghi e ai significati. Rivestita di lastre di nera pietra vulcanica, la casa costruita ad Aira è il risultato di queste suggestioni. Prossima a una strada trafficata, circondata da edifici commerciali che impediscono la vista del vulcano, la casa si chiude in sé stessa come una domus romana e affida alle sue fauces l’ingresso al profondo vestibolo che conduce alla porta dell’abitazione e alla corte. Organizzati attorno alla “stanza” a cielo aperto che fornisce luce e aerazione, gli ambienti si sviluppano dalle parti pubbliche della casa fino a quelle più private. Solo l’ala di servizio sfugge alla logica dell’ortogonalità che governa l’organismo deformandosi in modo complementare al tetto, evocando le sfaccettature dei minerali e in ultima analisi il sistema caldera/condotto sotterraneo/vulcano. Alla bocca quadrata del vestibolo corrisponde sul tetto il ‘cratere’ vuoto della corte, ritagliato nella copertura inclinata a guisa di una concettuale ricostruzione del Sakurajima e del Vesuvio, montagne sacre che vegliano due luoghi così lontani, così vicini. The Aira caldera forms the innermost part of Kinkō Bay, the gulf that protects Kagoshima harbor. Beneath its waters lies the magma chamber that through invisible underground channels feeds Sakurajima, Japan's most active volcano. Other connections instead unite Kagoshima to Aira-chō, one of the samurai villages that protected the capital of Satsuma: three ancient roads from the Edo period that ideally continue all the way to Italy, Kagoshima having been twinned with Naples since 1960. Along these invisible threads has therefore traveled the idea of building a courtyard house here, as an homage to the one designed by Bernard Rudofsky in Procida. Published in Domus in March '38 as a manifesto of Mediterranean living, it contains different suggestions. The essentiality of the humble houses of Santorini, the spatiality of ancient Greek and Roman courtyard houses, and, surprisingly, a Japanese-style bedroom where the entire floor becomes a soft surface for resting. Only a month earlier, again in Domus, Rudofsky published a short article juxtaposing two images of ancient dwellings: one from Pompeii, the other Japanese, certainly not to demonstrate impossible links but to remind us through their similarity of the universality of problems in architecture and the common roots of traditions. Recognizing what remains in the differences; this is how a Moravian architect initiated into the Mediterranean Myth by Luigi Cosenza sums up the responsibility that still characterizes the work of Italian architects today. Sensitive to differences and similarities and therefore not indifferent to places and meanings. Clad in slabs of black volcanic stone, the house built in Aira is the result of these suggestions. Close to a busy street, surrounded by commercial buildings blocking the view of the volcano, the house closes in on itself like a Roman domus and entrusts to its fauces the entrance to the deep vestibule leading to the door of the dwelling and the courtyard. Organized around the open-air "room" that provides light and ventilation, the rooms extend from the public parts of the house to the more private ones. Only the service wing escapes the logic of orthogonality that governs the organism by deforming itself complementary to the roof, evoking the facets of minerals and ultimately the caldera/underground duct/volcano system. The square mouth of the vestibule is matched on the roof by the empty 'crater' of the courtyard, cut out in the sloping roof in the guise of a conceptual reconstruction of Sakurajima and Vesuvius. Sacred mountains watching over two places far away, so close.
Casa a corte ad aira, giappone / Andrea Innocenzo Volpe. - STAMPA. - 20:(2022), pp. 150-151. (Intervento presentato al convegno IDENTITA' DELL'ARCHITETTURA ITALIANA 20 tenutosi a FIRENZE nel 1 e 2 Dicembre 2022).
Casa a corte ad aira, giappone
Andrea Innocenzo Volpe
2022
Abstract
La caldera di Aira costituisce la parte più interna della baia di Kinkō, il golfo che protegge il porto di Kagoshima. Sotto le sue acque giace la camera magmatica che attraverso invisibili canali sotterranei alimenta il Sakurajima, il vulcano più attivo del Giappone. Altre connessioni uniscono invece Kagoshima ad Aira-chō, uno dei villaggi samurai che proteggevano la capitale di Satsuma: tre antiche strade di periodo Edo che idealmente proseguono fino in Italia, essendo Kagoshima gemellata con Napoli sin dal 1960. Lungo questi fili invisibili ha dunque viaggiato l’idea di costruire qui una casa a corte, omaggio a quella progettata da Bernard Rudofsky a Procida. Pubblicata su Domus nel marzo del ‘38 quale manifesto dell’abitare mediterraneo, essa custodisce suggestioni diverse. L’essenzialità delle umili case di Santorini, la spazialità delle antiche case a corte greche e romane e sorprendentemente una camera da letto in stile giapponese, dove l’intero pavimento diviene morbida superficie per il riposo. Solo un mese prima, sempre su Domus, Rudofsky pubblica un breve articolo che affianca due immagini di antiche abitazioni: una da Pompei, l’altra giapponese e non certo per dimostrare impossibili legami ma per ricordare grazie alla loro somiglianza l’universalità dei problemi in architettura e le comuni radici delle tradizioni. Riconoscere ciò che permane nelle differenze; così un architetto moravo iniziato al Mito Mediterraneo da Luigi Cosenza riassume la responsabilità che ancora oggi connota il lavoro degli architetti italiani. Sensibili alle differenze e alle similitudini e per questo non indifferenti ai luoghi e ai significati. Rivestita di lastre di nera pietra vulcanica, la casa costruita ad Aira è il risultato di queste suggestioni. Prossima a una strada trafficata, circondata da edifici commerciali che impediscono la vista del vulcano, la casa si chiude in sé stessa come una domus romana e affida alle sue fauces l’ingresso al profondo vestibolo che conduce alla porta dell’abitazione e alla corte. Organizzati attorno alla “stanza” a cielo aperto che fornisce luce e aerazione, gli ambienti si sviluppano dalle parti pubbliche della casa fino a quelle più private. Solo l’ala di servizio sfugge alla logica dell’ortogonalità che governa l’organismo deformandosi in modo complementare al tetto, evocando le sfaccettature dei minerali e in ultima analisi il sistema caldera/condotto sotterraneo/vulcano. Alla bocca quadrata del vestibolo corrisponde sul tetto il ‘cratere’ vuoto della corte, ritagliato nella copertura inclinata a guisa di una concettuale ricostruzione del Sakurajima e del Vesuvio, montagne sacre che vegliano due luoghi così lontani, così vicini. The Aira caldera forms the innermost part of Kinkō Bay, the gulf that protects Kagoshima harbor. Beneath its waters lies the magma chamber that through invisible underground channels feeds Sakurajima, Japan's most active volcano. Other connections instead unite Kagoshima to Aira-chō, one of the samurai villages that protected the capital of Satsuma: three ancient roads from the Edo period that ideally continue all the way to Italy, Kagoshima having been twinned with Naples since 1960. Along these invisible threads has therefore traveled the idea of building a courtyard house here, as an homage to the one designed by Bernard Rudofsky in Procida. Published in Domus in March '38 as a manifesto of Mediterranean living, it contains different suggestions. The essentiality of the humble houses of Santorini, the spatiality of ancient Greek and Roman courtyard houses, and, surprisingly, a Japanese-style bedroom where the entire floor becomes a soft surface for resting. Only a month earlier, again in Domus, Rudofsky published a short article juxtaposing two images of ancient dwellings: one from Pompeii, the other Japanese, certainly not to demonstrate impossible links but to remind us through their similarity of the universality of problems in architecture and the common roots of traditions. Recognizing what remains in the differences; this is how a Moravian architect initiated into the Mediterranean Myth by Luigi Cosenza sums up the responsibility that still characterizes the work of Italian architects today. Sensitive to differences and similarities and therefore not indifferent to places and meanings. Clad in slabs of black volcanic stone, the house built in Aira is the result of these suggestions. Close to a busy street, surrounded by commercial buildings blocking the view of the volcano, the house closes in on itself like a Roman domus and entrusts to its fauces the entrance to the deep vestibule leading to the door of the dwelling and the courtyard. Organized around the open-air "room" that provides light and ventilation, the rooms extend from the public parts of the house to the more private ones. Only the service wing escapes the logic of orthogonality that governs the organism by deforming itself complementary to the roof, evoking the facets of minerals and ultimately the caldera/underground duct/volcano system. The square mouth of the vestibule is matched on the roof by the empty 'crater' of the courtyard, cut out in the sloping roof in the guise of a conceptual reconstruction of Sakurajima and Vesuvius. Sacred mountains watching over two places far away, so close.I documenti in FLORE sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.