Nell’ambito della moderna cartellonistica pubblicitaria è indubbio che a gettarne le basi furono i francesi Jules Cheret e Henri Toulouse Lautrec. Sul finire del XIX secolo i muri delle strade furono ricoperti di manifesti, vivaci, accattivanti, coloratissimi: il passante, frettoloso e distratto, viene attratto da figure seducenti, dinamiche, dai colori sgargianti. Sono tanti i “poster-artist” o “affichist” che seguiranno questo solco, preferendolo all’altro, tracciato da autori quali Adolf Mucha o Henri Privat-Livemont che contrapponeva alla sinteticità del messaggio, il fascino della bellezza, la ricchezza della decorazione, i tenui colori pastello. Ma queste differenti modalità espressive sono rese possibili solo grazie alle nuove tecniche di stampa, ad esempio la cromolitografia, che nella seconda metà del XIX secolo aprirono orizzonti sino ad allora inimmaginabili, permettendo di realizzare manifesti dai diversissimi tratti grafici e dalle illimitate gamme cromatiche. Ad assicurare la diffusione del manifesto pubblicitario sono alcuni grossi stabilimenti tipografici, che agli inizi del XX secolo, amplieranno le loro competenze, dedicandosi, oltre alla stampa, al procacciamento di nuovi clienti, assicurando ai grafici continue committenze. Tra queste a Parigi emersero l’Imprimerie Établiments Vercasson e la Maison Devambez di fatto tra le prime vere agenzie pubblicitarie, con diverse filiali dentro e fuori l’Europa. Nella Vercasson del 1900 fa il suo esordio come “Maître affichiste” il livornese, poi naturalizzato francese, Leonetto Cappiello, per una collaborazione che si protrarrà sino all’avvento della Prima Guerra Mondiale; il suo posto, dal 1919, sarà preso da Jean d’Ylen (pseudonimo di Jean Paul Béguin) praticamente sconosciuto sino ad allora. Sono certi il prestigio, la qualità e la competenza di Cappiello (di dieci anni maggiore rispetto d’Ylen), ma appaiono innegabili i numerosi aspetti che li accomunano. Entrambi disegnano i loro soggetti con una verve umoristica, quasi delle caricature, figure piene di dinamismo, che ricordano le istantanee fotografiche, ma sono soprattutto le scelte cromatiche che li avvicinano. É il colore che permea le loro pubblicità: dal fondo scuro della scena si stagliano i loro personaggi, dai fondali neri emergono figure dagli abiti coloratissimi, che giocano con i contrasti dei colori complementari. Il rosso e il verde, il blu e l’arancio, il bianco con pennellate gialle, appena accennate, risaltano dal nero di sfondo, come le scritte realizzate in un giallo che spazia tra il limone e il cromo intenso. Le loro scelte cromatiche sono libere ed estroverse, elefanti vermigli, cavalli rossi o verdi, animali, vegetali e oggetti dalle più svariate tonalità, quasi tutte non convenzionali: il colore diventa protagonista.

I manifesti di Leonetto Cappiello e Jean d’Ylen: il colore diventa protagonista / Scalzo Marcello. - STAMPA. - XVII B:(2022), pp. 122-129. (Intervento presentato al convegno XVII Conferenza del Colore tenutosi a Florence (Italy) nel 12-13 settembre 2022) [10.23738/RCASB.007].

I manifesti di Leonetto Cappiello e Jean d’Ylen: il colore diventa protagonista

Scalzo Marcello
2022

Abstract

Nell’ambito della moderna cartellonistica pubblicitaria è indubbio che a gettarne le basi furono i francesi Jules Cheret e Henri Toulouse Lautrec. Sul finire del XIX secolo i muri delle strade furono ricoperti di manifesti, vivaci, accattivanti, coloratissimi: il passante, frettoloso e distratto, viene attratto da figure seducenti, dinamiche, dai colori sgargianti. Sono tanti i “poster-artist” o “affichist” che seguiranno questo solco, preferendolo all’altro, tracciato da autori quali Adolf Mucha o Henri Privat-Livemont che contrapponeva alla sinteticità del messaggio, il fascino della bellezza, la ricchezza della decorazione, i tenui colori pastello. Ma queste differenti modalità espressive sono rese possibili solo grazie alle nuove tecniche di stampa, ad esempio la cromolitografia, che nella seconda metà del XIX secolo aprirono orizzonti sino ad allora inimmaginabili, permettendo di realizzare manifesti dai diversissimi tratti grafici e dalle illimitate gamme cromatiche. Ad assicurare la diffusione del manifesto pubblicitario sono alcuni grossi stabilimenti tipografici, che agli inizi del XX secolo, amplieranno le loro competenze, dedicandosi, oltre alla stampa, al procacciamento di nuovi clienti, assicurando ai grafici continue committenze. Tra queste a Parigi emersero l’Imprimerie Établiments Vercasson e la Maison Devambez di fatto tra le prime vere agenzie pubblicitarie, con diverse filiali dentro e fuori l’Europa. Nella Vercasson del 1900 fa il suo esordio come “Maître affichiste” il livornese, poi naturalizzato francese, Leonetto Cappiello, per una collaborazione che si protrarrà sino all’avvento della Prima Guerra Mondiale; il suo posto, dal 1919, sarà preso da Jean d’Ylen (pseudonimo di Jean Paul Béguin) praticamente sconosciuto sino ad allora. Sono certi il prestigio, la qualità e la competenza di Cappiello (di dieci anni maggiore rispetto d’Ylen), ma appaiono innegabili i numerosi aspetti che li accomunano. Entrambi disegnano i loro soggetti con una verve umoristica, quasi delle caricature, figure piene di dinamismo, che ricordano le istantanee fotografiche, ma sono soprattutto le scelte cromatiche che li avvicinano. É il colore che permea le loro pubblicità: dal fondo scuro della scena si stagliano i loro personaggi, dai fondali neri emergono figure dagli abiti coloratissimi, che giocano con i contrasti dei colori complementari. Il rosso e il verde, il blu e l’arancio, il bianco con pennellate gialle, appena accennate, risaltano dal nero di sfondo, come le scritte realizzate in un giallo che spazia tra il limone e il cromo intenso. Le loro scelte cromatiche sono libere ed estroverse, elefanti vermigli, cavalli rossi o verdi, animali, vegetali e oggetti dalle più svariate tonalità, quasi tutte non convenzionali: il colore diventa protagonista.
2022
Colore e Colorimetria. Contributi Multidisciplinari
XVII Conferenza del Colore
Florence (Italy)
12-13 settembre 2022
Scalzo Marcello
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