Una delle parole più enigmatiche ed inevitabilmente più suggestive che il corpus filosofico di Hölderlin ci consegna è l’inedito aggettivo sostantivato che è introdotto nell’estate del 1799: aorgisch, aorgico. Principio al contempo ontologico e mimetico, l’aorgico rappresenta senz’altro la presenza del sublime in Hölderlin, sebbene occultato terminologicamente, ma anche una sua particolare declinazione che lo rende non sempre facilmente assimilabile alle teorie del sublime settecentesco e di quello romantico. Questo contributo cerca di sondare il ruolo che l’aorgico ha nella configurazione di un’estetica del tragico prendendo in considerazione due momenti precisi: lo scritto, Grund zum Empedokles, che cerca di dare una legittimità speculativa alla tragedia incompiuta su Empedocle, e le note che accompagnarono le traduzioni di Sofocle che Hölderlin pubblicò nel 1804. Interpretato come la dimensione dell’informe, ma anche del possibile, l’aorgico è necessariamente pensato da Hölderlin sempre accanto al suo polo opposto, l’organico, ossia la dimensione dell’umano in senso lato (arte, cultura, storia). Il rapporto tra questi due poli non è soltanto dialettico, sulla falsariga della Wechselwirkung di Fichte, ma anche analogico, recuperando quella relazione tra physis e techne che già Aristotele aveva indicato nel II libro della Fisica. L’aorgico rappresenta pertanto l’alienazione necessaria a cui la natura è sottoposta per diventare cultura (o arte), un passaggio che dal punto di vista delle categorie estetiche tradizionali si potrebbe leggere come la transizione dall’irraprensentabilità (naturale) del sublime alla configurazione (culturale) del bello: dal caos alla forma.

Aorgico. Il sublime dialettico di Hölderlin / A. Mecacci. - In: RIVISTA DI ESTETICA. - ISSN 0035-6212. - STAMPA. - LXIII:(2022), pp. 81.16-81.28.

Aorgico. Il sublime dialettico di Hölderlin

A. Mecacci
2022

Abstract

Una delle parole più enigmatiche ed inevitabilmente più suggestive che il corpus filosofico di Hölderlin ci consegna è l’inedito aggettivo sostantivato che è introdotto nell’estate del 1799: aorgisch, aorgico. Principio al contempo ontologico e mimetico, l’aorgico rappresenta senz’altro la presenza del sublime in Hölderlin, sebbene occultato terminologicamente, ma anche una sua particolare declinazione che lo rende non sempre facilmente assimilabile alle teorie del sublime settecentesco e di quello romantico. Questo contributo cerca di sondare il ruolo che l’aorgico ha nella configurazione di un’estetica del tragico prendendo in considerazione due momenti precisi: lo scritto, Grund zum Empedokles, che cerca di dare una legittimità speculativa alla tragedia incompiuta su Empedocle, e le note che accompagnarono le traduzioni di Sofocle che Hölderlin pubblicò nel 1804. Interpretato come la dimensione dell’informe, ma anche del possibile, l’aorgico è necessariamente pensato da Hölderlin sempre accanto al suo polo opposto, l’organico, ossia la dimensione dell’umano in senso lato (arte, cultura, storia). Il rapporto tra questi due poli non è soltanto dialettico, sulla falsariga della Wechselwirkung di Fichte, ma anche analogico, recuperando quella relazione tra physis e techne che già Aristotele aveva indicato nel II libro della Fisica. L’aorgico rappresenta pertanto l’alienazione necessaria a cui la natura è sottoposta per diventare cultura (o arte), un passaggio che dal punto di vista delle categorie estetiche tradizionali si potrebbe leggere come la transizione dall’irraprensentabilità (naturale) del sublime alla configurazione (culturale) del bello: dal caos alla forma.
2022
LXIII
16
28
A. Mecacci
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