Pienamente situata nel campo semantico della vista e del vedere, la parola ‘fantasma’ può schiudere in particolare a chi si occupa di progettazione del paesaggio sorprendenti orizzonti di ricerca, perché sollecita l’esercizio di sguardi affinati, vigili e mobili. L’etimologia del lemma, che proviene dal latino phantasma mutuato dal greco ϕάντασμα, derivazione dai verbi ϕαντάζω «mostrare» e ϕαντάζομαι «apparire», non solo ci catapulta in un ambiguo spazio-tempo in bilico tra passato, presente e futuro, in sospensione tra apparenza e realtà, tra visibile e invisibile, tra la paura di avvicinare l’ignoto e il desiderio di decifrarlo, ma ci proietta soprattutto in una dimensione ontologica e speculativa carica di dubbio. Non a caso, spettri e fantasmi si manifestano sempre più pervasivamente nella vasta e vorticosa narrazione dell’Antropocene, volteggiando da qualche anno nell’immaginario globale con ancora più sentito diritto di circolazione a seguito del recente trauma della pandemia. I ‘paesaggi fantasma’, come possibile categoria interpretativa di una significativa costellazione di luoghi, territori, habitat, hanno una caratteristica assai peculiare: si manifestano non certo per essere contemplati, ma piuttosto perché sono loro a contemplarci. Li vediamo perché ci guardano. E ci guardano, a noi umani, con ostinazione, per spingerci a interrogarci su come la nostra specie sta effettivamente affrontando, a livello locale e globale, questioni cruciali (cambiamento climatico in primis) che concernono le trasformazioni del pianeta. I ‘paesaggi fantasma’ ci esortano dunque a “pensare il possibile contro il probabile”(Stengers, 2021), a sviluppare strumenti per attenzioni di tipo nuovo (Tsing, 2015). Con una essenziale avvertenza: “non si tratta di aggiornare gli strumenti di un pensiero critico in cerca di nuovo vigore, ma di fabbricare gli apparati per percezioni nuove, infrastrutture di sensibilità speculative, aperte all’incognito” (Manghi, 2021).
I paesaggi fantasma ci guardano/The Ghost Landscapes are watching us / Lambertini Anna. - In: ARCHITETTURA DEL PAESAGGIO. - ISSN 1125-0259. - STAMPA. - Paesaggi Fantasma/Ghost Landscapes, numero 46 2023:(2023), pp. 10-14.
I paesaggi fantasma ci guardano/The Ghost Landscapes are watching us
Lambertini Anna
2023
Abstract
Pienamente situata nel campo semantico della vista e del vedere, la parola ‘fantasma’ può schiudere in particolare a chi si occupa di progettazione del paesaggio sorprendenti orizzonti di ricerca, perché sollecita l’esercizio di sguardi affinati, vigili e mobili. L’etimologia del lemma, che proviene dal latino phantasma mutuato dal greco ϕάντασμα, derivazione dai verbi ϕαντάζω «mostrare» e ϕαντάζομαι «apparire», non solo ci catapulta in un ambiguo spazio-tempo in bilico tra passato, presente e futuro, in sospensione tra apparenza e realtà, tra visibile e invisibile, tra la paura di avvicinare l’ignoto e il desiderio di decifrarlo, ma ci proietta soprattutto in una dimensione ontologica e speculativa carica di dubbio. Non a caso, spettri e fantasmi si manifestano sempre più pervasivamente nella vasta e vorticosa narrazione dell’Antropocene, volteggiando da qualche anno nell’immaginario globale con ancora più sentito diritto di circolazione a seguito del recente trauma della pandemia. I ‘paesaggi fantasma’, come possibile categoria interpretativa di una significativa costellazione di luoghi, territori, habitat, hanno una caratteristica assai peculiare: si manifestano non certo per essere contemplati, ma piuttosto perché sono loro a contemplarci. Li vediamo perché ci guardano. E ci guardano, a noi umani, con ostinazione, per spingerci a interrogarci su come la nostra specie sta effettivamente affrontando, a livello locale e globale, questioni cruciali (cambiamento climatico in primis) che concernono le trasformazioni del pianeta. I ‘paesaggi fantasma’ ci esortano dunque a “pensare il possibile contro il probabile”(Stengers, 2021), a sviluppare strumenti per attenzioni di tipo nuovo (Tsing, 2015). Con una essenziale avvertenza: “non si tratta di aggiornare gli strumenti di un pensiero critico in cerca di nuovo vigore, ma di fabbricare gli apparati per percezioni nuove, infrastrutture di sensibilità speculative, aperte all’incognito” (Manghi, 2021).| File | Dimensione | Formato | |
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