Il volume antologizza novanta procedimenti penali avviati dal Tribunale militare di Bologna contro collaborazionisti dell’Emilia-Romagna e delle province di Pesaro e Pistoia. Nonostante i magistrati militari abbiano contribuito al “colpo di spugna” sui crimini fascisti (prima prosciogliendo gli imputati in istruttoria, poi applicando l’amnistia Togliatti) una lettura attenta delle sentenze mostra come il loro fine non fosse insabbiare i reati politici. Essi onoravano l’ispirazione garantista della tradizione giuridica italiana – scalfita ma non cancellata dai codici penali del regime – e si adeguavano agli orientamenti delle corti di legittimità (Cassazione e Tribunale supremo militare) in tema di collaborazionismo. Nei rari casi nei quali i giudici con le stellette pronunciano sentenze di condanna, abbiamo l’evidenza di come essi non fossero intimamente convinti dalla pletora di testimonianze che i collaborazionisti producevano a propria discolpa. Gli interrogatori e i memoriali dei collaborazionisti mostrano quanto fossero diffusi atteggiamenti ambivalenti, opportunistici e camaleontici. I tentativi di autodifesa non cancellano le qualità negative degli imputati, che danno prova di sudditanza nei confronti dei nazisti, arrivando a forme di servilismo strisciante.
Collaborazionismo e crimini di guerra nei fascicoli del Tribunale militare di Bologna (1943-1945) / Idalgo Cantelli. - STAMPA. - (2023), pp. 1-333.
Collaborazionismo e crimini di guerra nei fascicoli del Tribunale militare di Bologna (1943-1945)
Idalgo Cantelli
2023
Abstract
Il volume antologizza novanta procedimenti penali avviati dal Tribunale militare di Bologna contro collaborazionisti dell’Emilia-Romagna e delle province di Pesaro e Pistoia. Nonostante i magistrati militari abbiano contribuito al “colpo di spugna” sui crimini fascisti (prima prosciogliendo gli imputati in istruttoria, poi applicando l’amnistia Togliatti) una lettura attenta delle sentenze mostra come il loro fine non fosse insabbiare i reati politici. Essi onoravano l’ispirazione garantista della tradizione giuridica italiana – scalfita ma non cancellata dai codici penali del regime – e si adeguavano agli orientamenti delle corti di legittimità (Cassazione e Tribunale supremo militare) in tema di collaborazionismo. Nei rari casi nei quali i giudici con le stellette pronunciano sentenze di condanna, abbiamo l’evidenza di come essi non fossero intimamente convinti dalla pletora di testimonianze che i collaborazionisti producevano a propria discolpa. Gli interrogatori e i memoriali dei collaborazionisti mostrano quanto fossero diffusi atteggiamenti ambivalenti, opportunistici e camaleontici. I tentativi di autodifesa non cancellano le qualità negative degli imputati, che danno prova di sudditanza nei confronti dei nazisti, arrivando a forme di servilismo strisciante.File | Dimensione | Formato | |
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