Nel decennio tra il 1955 e il 1968 ogni anno alcune migliaia di jugoslavi fecero richiesta di asilo politico nei paesi occidentali confinanti. L'Italia giocò il ruolo di paese di primo asilo per i cittadini jugoslavi che potevano poi essere successivamente ricollocati attraverso le organizzazioni internazionali oppure emigrare ulteriormente verso il Nord Europa. Questo percorso migratorio, essendo l'unico praticabile in Jugoslavia fino all'apertura verso le migrazioni per lavoro, rappresenta un caso studio significativo per indagare l'intreccio di fattori di espulsione economici e politici. Basandosi su fonti archivistiche in gran parte inedite, provenienti da archivi italiani, sloveni, serbi e croati, questo articolo affronterà diverse questioni: dal contesto del displacement successivo alla seconda guerra mondiale alle politiche migratorie italiane, dalla vita quotidiana nei campi italiani ai contatti con l'emigrazione politica anti-jugoslava. Infine, verranno analizzati gli approcci delle autorità italiane e jugoslave nei confronti di questo flusso migratorio, con una specifica attenzione all'intreccio tra questioni economiche e politiche e all'influenza degli eventi internazionali. Nella prima metà degli anni '60 l'approccio pragmatico guadagnò terreno in Jugoslavia, portando in breve a una svolta liberalizzatrice nelle politiche della mobilità e alla legalizzazione delle emigrazioni per lavoro, il che provocò una brusca diminuzione del numero dei richiedenti asilo jugoslavi in Italia. La dirigenza jugoslava riuscì in questo modo a fornire canali legali per l'emigrazione di lavoro, ma non fu in grado di depurare le migrazioni esterne delle connotazioni politiche anti-jugoslave.

Heading Towards the West. Yugoslav Asylum Seekers in Italy (1955-1968) / Francesca Rolandi. - In: ACTA HISTRIAE. - ISSN 1318-0185. - STAMPA. - 23:(2015), pp. 555-574.

Heading Towards the West. Yugoslav Asylum Seekers in Italy (1955-1968)

Francesca Rolandi
Writing – Original Draft Preparation
2015

Abstract

Nel decennio tra il 1955 e il 1968 ogni anno alcune migliaia di jugoslavi fecero richiesta di asilo politico nei paesi occidentali confinanti. L'Italia giocò il ruolo di paese di primo asilo per i cittadini jugoslavi che potevano poi essere successivamente ricollocati attraverso le organizzazioni internazionali oppure emigrare ulteriormente verso il Nord Europa. Questo percorso migratorio, essendo l'unico praticabile in Jugoslavia fino all'apertura verso le migrazioni per lavoro, rappresenta un caso studio significativo per indagare l'intreccio di fattori di espulsione economici e politici. Basandosi su fonti archivistiche in gran parte inedite, provenienti da archivi italiani, sloveni, serbi e croati, questo articolo affronterà diverse questioni: dal contesto del displacement successivo alla seconda guerra mondiale alle politiche migratorie italiane, dalla vita quotidiana nei campi italiani ai contatti con l'emigrazione politica anti-jugoslava. Infine, verranno analizzati gli approcci delle autorità italiane e jugoslave nei confronti di questo flusso migratorio, con una specifica attenzione all'intreccio tra questioni economiche e politiche e all'influenza degli eventi internazionali. Nella prima metà degli anni '60 l'approccio pragmatico guadagnò terreno in Jugoslavia, portando in breve a una svolta liberalizzatrice nelle politiche della mobilità e alla legalizzazione delle emigrazioni per lavoro, il che provocò una brusca diminuzione del numero dei richiedenti asilo jugoslavi in Italia. La dirigenza jugoslava riuscì in questo modo a fornire canali legali per l'emigrazione di lavoro, ma non fu in grado di depurare le migrazioni esterne delle connotazioni politiche anti-jugoslave.
2015
23
555
574
Francesca Rolandi
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