Il contributo si propone di esaminare le linee direttrici della prassi concordataria, in particolare nei secoli XIX-XX, dal Concordato napoleonico del 1801 ai recenti “Accordi” che includono nuove res accanto alle materie tradizionalmente oggetto di concertazione. Il dialogo pattizio non solo ha consentito alla Chiesa cattolica di godere della libertà necessaria per svolgere la sua missione, ma è stato altresì funzionale a ristabilire un equilibrio con la temporalità in seguito ad alcuni periodi storici di particolare frizione, tra i quali la Rivoluzione francese e la “Questione romana”. Dal confronto tra i concordati precedenti e successivi al Concilio Vaticano II emergono trasformazioni sia qualitative sia quantitative. L’adozione del modello di “accordo-quadro” (Vereinbarung) – emblematico l’accordo del 1984 di Villa Madama ‒ lascia emergere anche un protagonismo politico delle conferenze episcopali, più idonee ad instaurare sul territorio un dialogo permanente ed un confronto aperto con le autorità civili e a favorire la negoziazione legislativa nei diversi àmbiti della società. La sempre più evidente “deistituzionalizzazione” del rapporto tra Stato e confessioni religiose, il ruolo nuovo che il diritto canonico affida agli episcopati nazionali e, di conseguenza, alle conferenze episcopali, hanno dato vita “ad una sorta di bilateralità diffusa, che rende flessibili i contenuti del sistema pattizio”, quasi che la nuova ratio di tali rapporti sia la “valorizzazione dei «punti di vista» dell’ordinamento statale e degli ordinamenti confessionali rispetto alla regolamentazione di determinate materie”, dando così conferma all’intuizione di Luigi De Luca circa la necessità di “superare una visione interordinamentale dei rapporti tra Stato e Chiesa”. La duttilità degli accordi risponde alla logica dei nostri tempi: la velocità delle metamorfosi sociali, geo-politiche, tecnologiche e culturali genera infatti nuove, inedite materie oggetto di contrattazione. Tali trasformazioni, tuttavia, non scalfiscono la funzione essenziale dello strumento pattizio, quella di bussola di navigazione in un mondo sempre più multiculturale, secolarizzato e plurale.

La prassi concordataria fra tradizione e innovazione / silvia Baldassarre. - In: DIRITTO E RELIGIONI. - ISSN 1970-5301. - STAMPA. - (2021), pp. 106-143.

La prassi concordataria fra tradizione e innovazione

silvia Baldassarre
2021

Abstract

Il contributo si propone di esaminare le linee direttrici della prassi concordataria, in particolare nei secoli XIX-XX, dal Concordato napoleonico del 1801 ai recenti “Accordi” che includono nuove res accanto alle materie tradizionalmente oggetto di concertazione. Il dialogo pattizio non solo ha consentito alla Chiesa cattolica di godere della libertà necessaria per svolgere la sua missione, ma è stato altresì funzionale a ristabilire un equilibrio con la temporalità in seguito ad alcuni periodi storici di particolare frizione, tra i quali la Rivoluzione francese e la “Questione romana”. Dal confronto tra i concordati precedenti e successivi al Concilio Vaticano II emergono trasformazioni sia qualitative sia quantitative. L’adozione del modello di “accordo-quadro” (Vereinbarung) – emblematico l’accordo del 1984 di Villa Madama ‒ lascia emergere anche un protagonismo politico delle conferenze episcopali, più idonee ad instaurare sul territorio un dialogo permanente ed un confronto aperto con le autorità civili e a favorire la negoziazione legislativa nei diversi àmbiti della società. La sempre più evidente “deistituzionalizzazione” del rapporto tra Stato e confessioni religiose, il ruolo nuovo che il diritto canonico affida agli episcopati nazionali e, di conseguenza, alle conferenze episcopali, hanno dato vita “ad una sorta di bilateralità diffusa, che rende flessibili i contenuti del sistema pattizio”, quasi che la nuova ratio di tali rapporti sia la “valorizzazione dei «punti di vista» dell’ordinamento statale e degli ordinamenti confessionali rispetto alla regolamentazione di determinate materie”, dando così conferma all’intuizione di Luigi De Luca circa la necessità di “superare una visione interordinamentale dei rapporti tra Stato e Chiesa”. La duttilità degli accordi risponde alla logica dei nostri tempi: la velocità delle metamorfosi sociali, geo-politiche, tecnologiche e culturali genera infatti nuove, inedite materie oggetto di contrattazione. Tali trasformazioni, tuttavia, non scalfiscono la funzione essenziale dello strumento pattizio, quella di bussola di navigazione in un mondo sempre più multiculturale, secolarizzato e plurale.
2021
106
143
silvia Baldassarre
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