Il ruolo delle emozioni in Collins ed Elias

Il rapporto tra sapere sociologico e dimensione emozionale è sempre stato carico di tensioni. La volontà della disciplina di legittimarsi come “scienza” ha spesso indotto a considerare le emozioni come potenziali fattori di disturbo di risultati “oggettivi” nella lettura delle azioni di individui e gruppi. Eppure fin dai classici della sociologia (basti pensare a Weber, Pareto, Simmel, Durkheim) risulta chiaro che la dimensione emozionale costituisce una parte integrante dell’agire sociale, sia a livello micro che a livello macro. In questo articolo, proponiamo di riprendere il pensiero di due autori, apparentemente distanti nelle loro biografie e nella loro produzione scientifica, che mostrano significativi approdi convergenti. Ci faranno da guida le seguenti domande. Quali sono gli elementi di convergenza e di divergenza tra il contributo di Elias e quello di Collins alla sociologia delle emozioni? Che cosa ci dicono tali elementi sull’interdipendenza tra biografie personali e mutamenti sociali? Che cosa aggiungono ai dibattiti correnti sulla rilevanza teorica delle emozioni per l’analisi e la comprensione delle società contemporanee? In che modo i due autori sono rilevanti per gli ulteriori sviluppi teorici e metodologici di questa branca della sociologia? Quali altri sviluppi, al di là degli avanzamenti teorici e metodologici, possono offrirci i loro lavori? A partire da queste domande, il presente contributo si pone l’obiettivo generale non solo di illustrare in che modo Elias e Collins abbiano superato tutta una serie di dicotomie che spesso hanno caratterizzato la teoria sociale della fine del ventesimo secolo (individuo e società, micro e macro, emozioni e agire razionale, ecc.), ma anche di chiarire per quale motivo e in che modo entrambi gli autori meritino un posto di rilievo nell’ambito delle attuali ricerche teoriche ed empiriche sulle emozioni.