L’Epistola di Dante a Cangrande della Scala, signore di Verona, è un testo complesso che ha suscitato un acceso dibattito critico. Agli occhi dei moderni è nota innanzitutto come la lettera con cui il poeta dedica il Paradiso allo Scaligero. In realtà la prosa latina contiene molto di più: un memoriale difensivo scritto in un momento di crisi e in un contesto politico fortemente conflittuale e radicalizzato (che lo porterà ad abbandonare Verona per la più ospitale Ravenna); un’introduzione all’intero poema; un commento alle prime terzine del Paradiso, che assume i caratteri di una sconcertante dichiarazione di poetica. L’Epistola a Cangrande, infatti, contribuisce in modo decisivo a indicare perché Dante arrivò a chiamare «sacro» il suo poema (Par., XXV 1), di cui propone una sorprendente interpretazione d’autore. Questa interpretazione, già nota ai primi lettori del poema, è rimasta minoritaria nella storia dell’esegesi antica e moderna della Commedia. Per questo l’Epistola a Cangrande, che oggi non è disponibile in un’edizione specificamente dedicata, merita di essere raggiunta da un pubblico ampio di lettori e cultori di Dante: sia per l’importanza che riveste nella biografia umana e culturale del poeta, sia per la ricaduta interpretativa sul poema. L’edizione del testo latino curata da Luca Azzetta è corredata da una traduzione, da un ampio commento e da un insieme di paratesti che introducono e accompagnano la lettura. In questo modo l’Epistola è collocata nel contesto storico e culturale che le fu proprio. È così resa possibile una migliore intelligenza della coscienza che, almeno all’altezza del Paradiso, Dante ebbe di sé e del suo «sacrato poema» (Par., XXIII 62), per il quale richiamò la prossimità con alcune esperienze visionarie, storicamente indiscutibili e direttamente ispirate da Dio, di cui si narra nei testi biblici.
D. Alighieri, Epistola a Cangrande, a cura di L. Azzetta / Luca Azzetta. - STAMPA. - (2023).
D. Alighieri, Epistola a Cangrande, a cura di L. Azzetta
Luca Azzetta
2023
Abstract
L’Epistola di Dante a Cangrande della Scala, signore di Verona, è un testo complesso che ha suscitato un acceso dibattito critico. Agli occhi dei moderni è nota innanzitutto come la lettera con cui il poeta dedica il Paradiso allo Scaligero. In realtà la prosa latina contiene molto di più: un memoriale difensivo scritto in un momento di crisi e in un contesto politico fortemente conflittuale e radicalizzato (che lo porterà ad abbandonare Verona per la più ospitale Ravenna); un’introduzione all’intero poema; un commento alle prime terzine del Paradiso, che assume i caratteri di una sconcertante dichiarazione di poetica. L’Epistola a Cangrande, infatti, contribuisce in modo decisivo a indicare perché Dante arrivò a chiamare «sacro» il suo poema (Par., XXV 1), di cui propone una sorprendente interpretazione d’autore. Questa interpretazione, già nota ai primi lettori del poema, è rimasta minoritaria nella storia dell’esegesi antica e moderna della Commedia. Per questo l’Epistola a Cangrande, che oggi non è disponibile in un’edizione specificamente dedicata, merita di essere raggiunta da un pubblico ampio di lettori e cultori di Dante: sia per l’importanza che riveste nella biografia umana e culturale del poeta, sia per la ricaduta interpretativa sul poema. L’edizione del testo latino curata da Luca Azzetta è corredata da una traduzione, da un ampio commento e da un insieme di paratesti che introducono e accompagnano la lettura. In questo modo l’Epistola è collocata nel contesto storico e culturale che le fu proprio. È così resa possibile una migliore intelligenza della coscienza che, almeno all’altezza del Paradiso, Dante ebbe di sé e del suo «sacrato poema» (Par., XXIII 62), per il quale richiamò la prossimità con alcune esperienze visionarie, storicamente indiscutibili e direttamente ispirate da Dio, di cui si narra nei testi biblici.File | Dimensione | Formato | |
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