Diversamente da altre città medievali, in quelle piemontesi del Duecento la costruzione delle piazze avvenne spesso in modo indolore, utilizzando spazi marginali, non ancora occupati dall’edilizia, o centrali, da sempre intesi come luogo pubblico. In generale, però, non fu la genesi della piazza a condizionarne la concezione. Alla centralità simbolica della piazza non sempre ne corrispose una geometrica ma una stretta relazione fisica con la città fu sempre cercata fin dalla scelta di associare il palazzo pubblico al duomo e, successivamente, con un rapido collegamento viario alla periferia urbana. A una certa varietà di forme corrisposero diverse combinazioni di funzioni. Talvolta si assiste a un uso esclusivo del broletto per l’attività politica, tal’altra a una sovrapposizione di più funzioni nello stesso sito. A una definizione normativa corrispose presto una cristallizzazione della forma planimetrica della piazza, attuata non di rado con il perimetro porticato. E così, anche quando la definizione giuridica di ‘piazza’ non rispondeva alla forma della superficie contornata da edifici ma, piuttosto, all’idea di un’area funzionale comprensiva dei monumenti, intorno alla piazza andò diffondendosi un’edilizia privata e pubblica di elevata qualità. Delle piazze venne spesso prevista la pavimentazione e la regolarizzazione del perimetro, con la conseguente espulsione di alcune funzioni diventate così incompatibili, tanto più se dalla loro ordinata manutenzione dipendeva il decoro delle sedi del potere che vi si affacciavano. Con la realizzazione di pavimentazioni continue e la precisa normazione dei comportamenti ammessivi, fu ulteriormente cristallizzata la forma e l’immagine della piazza.

La definizione della piazza del comune nelle città medievali del Piemonte Orientale / marco frati. - In: STORIA DELL'URBANISTICA. - ISSN 2035-8733. - STAMPA. - s. III, n° 7, a. XXXIV:(2015), pp. 273-288.

La definizione della piazza del comune nelle città medievali del Piemonte Orientale

marco frati
2015

Abstract

Diversamente da altre città medievali, in quelle piemontesi del Duecento la costruzione delle piazze avvenne spesso in modo indolore, utilizzando spazi marginali, non ancora occupati dall’edilizia, o centrali, da sempre intesi come luogo pubblico. In generale, però, non fu la genesi della piazza a condizionarne la concezione. Alla centralità simbolica della piazza non sempre ne corrispose una geometrica ma una stretta relazione fisica con la città fu sempre cercata fin dalla scelta di associare il palazzo pubblico al duomo e, successivamente, con un rapido collegamento viario alla periferia urbana. A una certa varietà di forme corrisposero diverse combinazioni di funzioni. Talvolta si assiste a un uso esclusivo del broletto per l’attività politica, tal’altra a una sovrapposizione di più funzioni nello stesso sito. A una definizione normativa corrispose presto una cristallizzazione della forma planimetrica della piazza, attuata non di rado con il perimetro porticato. E così, anche quando la definizione giuridica di ‘piazza’ non rispondeva alla forma della superficie contornata da edifici ma, piuttosto, all’idea di un’area funzionale comprensiva dei monumenti, intorno alla piazza andò diffondendosi un’edilizia privata e pubblica di elevata qualità. Delle piazze venne spesso prevista la pavimentazione e la regolarizzazione del perimetro, con la conseguente espulsione di alcune funzioni diventate così incompatibili, tanto più se dalla loro ordinata manutenzione dipendeva il decoro delle sedi del potere che vi si affacciavano. Con la realizzazione di pavimentazioni continue e la precisa normazione dei comportamenti ammessivi, fu ulteriormente cristallizzata la forma e l’immagine della piazza.
2015
s. III, n° 7, a. XXXIV
273
288
marco frati
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