Il presente contributo tratta il tema degli effetti del giudicato amministrativo traendo spunto dalla sentenza n. 1321 del 2019 della sesta sezione del Consiglio di Stato. La pronuncia è di particolare interesse per aver formulato l’inedita teoria dell’esaurimento del potere amministrativo come conseguenza di una ‘insanabile frattura del rapporto di fiducia tra amministrazione e cittadino’, derivante da un esercizio reiteratamente capzioso, equivoco e contraddittorio della discrezionalità. Per i giudici di Palazzo Spada, infatti, è inaccettabile che la crisi di cooperazione tra amministrazione e cittadino possa risolversi in una defatigante alternanza tra procedimento e processo, senza che sia possibile addivenire a una definizione positiva del conflitto. Nella logica della sentenza, pertanto, quando la reiterazione dei provvedimenti a contenuto negativo si rivela lesiva del canone di buona amministrazione e dell’affidamento dei privati, il sistema di giustizia amministrativa dovrebbe essere in grado di assicurare un rimedio ade-guato al bisogno di tutela del ricorrente, finanche garantendogli il bene della vita cui egli aspira. Nel commento si esaminano le debolezze di una simile costruzione. Spostando l’attenzione dal piano processuale a quello sostanziale, si cerca di dimostrare come la ‘limitatezza’ di un giudicato che non assicura al ricorrente l’utilità ambita sia solo apparente quando la situazione soggettiva azionata fronteggia un potere autenticamente discrezionale: da una parte, la strumentalità del processo fa sì che il ricorrente non possa domandare nulla più di una condanna dell’amministrazione a sciogliere l’incertezza mediante un provvedimento legittimo; dall’altra parte, per la stessa ragione, il giudice non può spingersi sino a riconoscere in sede giudiziale un bene della vita che sul piano sostanziale non esiste (o, quantomeno, non esiste ancora).

Ancora sugli effetti del giudicato: un passo avanti e due indietro / Federico Orso. - In: DIRITTO PROCESSUALE AMMINISTRATIVO. - ISSN 0393-1315. - STAMPA. - (2019), pp. 1236-1284.

Ancora sugli effetti del giudicato: un passo avanti e due indietro

Federico Orso
2019

Abstract

Il presente contributo tratta il tema degli effetti del giudicato amministrativo traendo spunto dalla sentenza n. 1321 del 2019 della sesta sezione del Consiglio di Stato. La pronuncia è di particolare interesse per aver formulato l’inedita teoria dell’esaurimento del potere amministrativo come conseguenza di una ‘insanabile frattura del rapporto di fiducia tra amministrazione e cittadino’, derivante da un esercizio reiteratamente capzioso, equivoco e contraddittorio della discrezionalità. Per i giudici di Palazzo Spada, infatti, è inaccettabile che la crisi di cooperazione tra amministrazione e cittadino possa risolversi in una defatigante alternanza tra procedimento e processo, senza che sia possibile addivenire a una definizione positiva del conflitto. Nella logica della sentenza, pertanto, quando la reiterazione dei provvedimenti a contenuto negativo si rivela lesiva del canone di buona amministrazione e dell’affidamento dei privati, il sistema di giustizia amministrativa dovrebbe essere in grado di assicurare un rimedio ade-guato al bisogno di tutela del ricorrente, finanche garantendogli il bene della vita cui egli aspira. Nel commento si esaminano le debolezze di una simile costruzione. Spostando l’attenzione dal piano processuale a quello sostanziale, si cerca di dimostrare come la ‘limitatezza’ di un giudicato che non assicura al ricorrente l’utilità ambita sia solo apparente quando la situazione soggettiva azionata fronteggia un potere autenticamente discrezionale: da una parte, la strumentalità del processo fa sì che il ricorrente non possa domandare nulla più di una condanna dell’amministrazione a sciogliere l’incertezza mediante un provvedimento legittimo; dall’altra parte, per la stessa ragione, il giudice non può spingersi sino a riconoscere in sede giudiziale un bene della vita che sul piano sostanziale non esiste (o, quantomeno, non esiste ancora).
2019
Federico Orso
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