Di fronte alla sfida epistemica ed etica rappresentata dalla difficile leggibilità dei processi che costituiscono l’Antropocene, le operazioni artistiche possono offrire uno strumento privilegiato per la comprensione dell’impatto umano sul pianeta. Tuttavia, il carattere di “iperoggetto” della crisi ambientale – la quale, nelle parole del filosofo Timothy Morton, si svolge su scale spazio-temporali impossibili per l’uomo da percepire direttamente e non permette una presa di distanza – impedisce agli artisti di fornirne un’immagine trasparente, immediata e iper-leggibile. Nel presente articolo, dunque, si discutono i concetti interrelati di leggibilità, mediatezza e virtualità nel caso specifico di The Anthropocene Project, lavoro multidisciplinare di Edward Burtynsky, Jennifer Baichwal e Nicholas De Pencier in cui installazioni in AR, film VR a 360° e essay fotografici in gigapixel con estensioni video sono combinati al fine di restituire esperienze interattive e immersive in ambienti profondamente segnati dall’attività umana. In particolare, è proposta una valutazione della capacità dei supporti impiegati all’interno del progetto di rendere possibile una leggibilità dell’Antropocene esattamente a partire dalla rinuncia ad una pretesa di immediatezza: in riferimento soprattutto alle installazioni in AR e ai film VR a 360°, si conclude infatti che proprio la mancanza di una perfetta sovrapponibilità tra realtà e virtualità, secondo quello che Engberg e Bolter (2020) hanno definito “effetto La Ciotat”, può produrre nello spettatore un senso di stupore e responsabilità.
Tracce dal futuro. Leggibilità e virtualità in The Anthropocene Project / Daniel Borselli; Giorgia Ravaioli. - In: PIANO B. - ISSN 2531-9876. - ELETTRONICO. - 6:(2021), pp. 87-110. [10.6092/issn.2531-9876/14302]
Tracce dal futuro. Leggibilità e virtualità in The Anthropocene Project
Daniel Borselli;
2021
Abstract
Di fronte alla sfida epistemica ed etica rappresentata dalla difficile leggibilità dei processi che costituiscono l’Antropocene, le operazioni artistiche possono offrire uno strumento privilegiato per la comprensione dell’impatto umano sul pianeta. Tuttavia, il carattere di “iperoggetto” della crisi ambientale – la quale, nelle parole del filosofo Timothy Morton, si svolge su scale spazio-temporali impossibili per l’uomo da percepire direttamente e non permette una presa di distanza – impedisce agli artisti di fornirne un’immagine trasparente, immediata e iper-leggibile. Nel presente articolo, dunque, si discutono i concetti interrelati di leggibilità, mediatezza e virtualità nel caso specifico di The Anthropocene Project, lavoro multidisciplinare di Edward Burtynsky, Jennifer Baichwal e Nicholas De Pencier in cui installazioni in AR, film VR a 360° e essay fotografici in gigapixel con estensioni video sono combinati al fine di restituire esperienze interattive e immersive in ambienti profondamente segnati dall’attività umana. In particolare, è proposta una valutazione della capacità dei supporti impiegati all’interno del progetto di rendere possibile una leggibilità dell’Antropocene esattamente a partire dalla rinuncia ad una pretesa di immediatezza: in riferimento soprattutto alle installazioni in AR e ai film VR a 360°, si conclude infatti che proprio la mancanza di una perfetta sovrapponibilità tra realtà e virtualità, secondo quello che Engberg e Bolter (2020) hanno definito “effetto La Ciotat”, può produrre nello spettatore un senso di stupore e responsabilità.File | Dimensione | Formato | |
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