Specificando quanto già affermato nelle precedenti sentenze Achbita e WABE, la Corte di Giustizia è tornata sul tema della compatibilità con il diritto UE del divieto di indossare simboli religiosi imposto dal regolamento interno di un’impresa. In particolare, essa ha chiarito che la religione e le convinzioni personali non possono considerarsi due motivi di discriminazione distinti ai sensi della direttiva 2000/78, relativa alla parità di trattamento in materia di occupazione e di lavoro, ma costituiscono invece un solo e unico motivo di discriminazione. Inoltre, la Corte ha specificato che, nonostante la direttiva ponga dei requisiti minimi e consenta agli Stati membri di mantenere o introdurre nel proprio ordinamento disposizioni più favorevoli, questo margine di discrezionalità non può estendersi fino a consentire agli Stati membri di qualificare, nella propria normativa nazionale di trasposizione della direttiva, la religione e le convinzioni filosofiche come due motivi di discriminazione distinti.

La Corte di Giustizia circoscrive il margine di discrezionalità riconosciuto dal diritto UE agli Stati membri in relazione alla qualificazione come discriminazione religiosa del divieto di simboli religiosi imposto da un regolamento aziendale. Nota redazionale alla sentenza della Corte di giustizia (Seconda Sezione) del 13 ottobre 2022, S.C.R.L., Causa C‑344/20 / Marcella Ferri. - In: OSSERVATORIO SULLE FONTI. - ISSN 2038-5633. - ELETTRONICO. - (2022), pp. 0-0.

La Corte di Giustizia circoscrive il margine di discrezionalità riconosciuto dal diritto UE agli Stati membri in relazione alla qualificazione come discriminazione religiosa del divieto di simboli religiosi imposto da un regolamento aziendale. Nota redazionale alla sentenza della Corte di giustizia (Seconda Sezione) del 13 ottobre 2022, S.C.R.L., Causa C‑344/20

Marcella Ferri
2022

Abstract

Specificando quanto già affermato nelle precedenti sentenze Achbita e WABE, la Corte di Giustizia è tornata sul tema della compatibilità con il diritto UE del divieto di indossare simboli religiosi imposto dal regolamento interno di un’impresa. In particolare, essa ha chiarito che la religione e le convinzioni personali non possono considerarsi due motivi di discriminazione distinti ai sensi della direttiva 2000/78, relativa alla parità di trattamento in materia di occupazione e di lavoro, ma costituiscono invece un solo e unico motivo di discriminazione. Inoltre, la Corte ha specificato che, nonostante la direttiva ponga dei requisiti minimi e consenta agli Stati membri di mantenere o introdurre nel proprio ordinamento disposizioni più favorevoli, questo margine di discrezionalità non può estendersi fino a consentire agli Stati membri di qualificare, nella propria normativa nazionale di trasposizione della direttiva, la religione e le convinzioni filosofiche come due motivi di discriminazione distinti.
2022
Marcella Ferri
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