Il presente contributo intende approfondire il rapporto fra la vicenda delle cosiddette Carte d’Arborea e lo sviluppo degli studi medievistici presso l’ambiente accademico cagliaritano fra Ottocento e Novecento. Come noto, le Carte d’Arborea sono un complesso di documenti falsi e falsificati che, tra il 1845 e il 1870, ebbero grande risonanza nel dibattito storiografico e filologico italiano ed europeo. I documenti, che avrebbero gettato nuova luce sui periodi più oscuri della storia della Sardegna medievale, suscitarono da subito l’interesse di illustri studiosi afferenti e orbitanti attorno all’ateneo cagliaritano: dallo storico Pietro Martini, direttore della Biblioteca Universitaria di Cagliari, al canonico Giovanni Spano, archeologo, docente e in seguito rettore dell’Università; dal sacerdote Salvator Angelo De Castro, docente presso la facoltà di Giurisprudenza, al poeta Giuseppe Regaldi, docente di Letteratura Italiana e Storia presso il medesimo ateneo. Nel 1870 il verdetto di una commissione dell’Accademia delle Scienze di Berlino, presieduta da Theodor Mommsen, dichiarò le Carte una falsificazione recente. Con fine arguzia, i falsari (tra essi, con tutta probabilità, l’archivista cagliaritano Ignazio Pillito), riprendendo la storiografia erudita sardo-piemontese – in primo luogo la Storia di Sardegna di Giuseppe Manno – e inserendosi nella cultura del medievalismo e del nazionalismo romantico, fornivano risposte auspicate e apparentemente plausibili alle domande irrisolte sulle vicende dell’isola nell’Età di Mezzo. Un verdetto che evidenziava certamente anche i limiti (e le frustrazioni) della critica storica e filologica in Sardegna. Nondimeno, proprio a partire dal vivace dibattito sorto attorno alle Carte d’Arborea, presso gli ambienti accademici isolani, tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, competenze, metodologie e idee innovative avrebbero rifondato gli studi medievistici sulla Sardegna. Studiosi afferenti alle correnti storiografiche di impianto economico-giuridico quali Enrico Besta, Francesco Brandileone, Ugo Guido Mondolfo e, presso l’ateneo cagliaritano, Arrigo Solmi – fondatore dell’Archivio Storico Sardo – avrebbero rilanciato gli studi sul Medioevo sardo grazie a una solida base metodologico-documentaria, aprendo così la strada alla medievistica sarda e cagliaritana del Novecento.
Dal medievalismo alla medievistica: le Carte d’Arborea e lo sviluppo degli studi sul Medioevo sardo presso l’ambiente accademico cagliaritano fra Ottocento e Novecento / Francesco Borghero. - STAMPA. - (2022), pp. 17-21. (Intervento presentato al convegno VIII Ciclo di Studi Medievali tenutosi a Firenze nel 23-24 maggio 2022).
Dal medievalismo alla medievistica: le Carte d’Arborea e lo sviluppo degli studi sul Medioevo sardo presso l’ambiente accademico cagliaritano fra Ottocento e Novecento
Francesco Borghero
2022
Abstract
Il presente contributo intende approfondire il rapporto fra la vicenda delle cosiddette Carte d’Arborea e lo sviluppo degli studi medievistici presso l’ambiente accademico cagliaritano fra Ottocento e Novecento. Come noto, le Carte d’Arborea sono un complesso di documenti falsi e falsificati che, tra il 1845 e il 1870, ebbero grande risonanza nel dibattito storiografico e filologico italiano ed europeo. I documenti, che avrebbero gettato nuova luce sui periodi più oscuri della storia della Sardegna medievale, suscitarono da subito l’interesse di illustri studiosi afferenti e orbitanti attorno all’ateneo cagliaritano: dallo storico Pietro Martini, direttore della Biblioteca Universitaria di Cagliari, al canonico Giovanni Spano, archeologo, docente e in seguito rettore dell’Università; dal sacerdote Salvator Angelo De Castro, docente presso la facoltà di Giurisprudenza, al poeta Giuseppe Regaldi, docente di Letteratura Italiana e Storia presso il medesimo ateneo. Nel 1870 il verdetto di una commissione dell’Accademia delle Scienze di Berlino, presieduta da Theodor Mommsen, dichiarò le Carte una falsificazione recente. Con fine arguzia, i falsari (tra essi, con tutta probabilità, l’archivista cagliaritano Ignazio Pillito), riprendendo la storiografia erudita sardo-piemontese – in primo luogo la Storia di Sardegna di Giuseppe Manno – e inserendosi nella cultura del medievalismo e del nazionalismo romantico, fornivano risposte auspicate e apparentemente plausibili alle domande irrisolte sulle vicende dell’isola nell’Età di Mezzo. Un verdetto che evidenziava certamente anche i limiti (e le frustrazioni) della critica storica e filologica in Sardegna. Nondimeno, proprio a partire dal vivace dibattito sorto attorno alle Carte d’Arborea, presso gli ambienti accademici isolani, tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, competenze, metodologie e idee innovative avrebbero rifondato gli studi medievistici sulla Sardegna. Studiosi afferenti alle correnti storiografiche di impianto economico-giuridico quali Enrico Besta, Francesco Brandileone, Ugo Guido Mondolfo e, presso l’ateneo cagliaritano, Arrigo Solmi – fondatore dell’Archivio Storico Sardo – avrebbero rilanciato gli studi sul Medioevo sardo grazie a una solida base metodologico-documentaria, aprendo così la strada alla medievistica sarda e cagliaritana del Novecento.File | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
Borghero - 2022 - Dal medievalismo alla medievistica.pdf
accesso aperto
Tipologia:
Pdf editoriale (Version of record)
Licenza:
Open Access
Dimensione
423.35 kB
Formato
Adobe PDF
|
423.35 kB | Adobe PDF |
I documenti in FLORE sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.