Nel mondo antico il rovesciamento esibito di un’epigrafe rispetto ad un testo precedente vale come cancellazione del primo significato, senza recidere il primitivo legame con esso, con il suo supporto e con il suo contesto, soprattutto nelle iscrizioni private. Anche particolari condizioni di visibilità consigliano talvolta di invertire i testi: nelle campane, nei piedi dei calici, nell’intradosso degli archi si favorisce la lettura da sotto in su. Ma più interessante è il riuso di lapidi medievali datate e/o firmate, inserite in fasi di poco successive dello stesso cantiere, collocate in luoghi pregnanti degli edifici (soprattutto religiosi) e, dunque, risemantizzate. Attraverso alcuni casi studio toscani più o meno noti (Sant’Antimo in val di Starcia, San Martino in Campo sul Montalbano, San Pietro in Valdelsa) e tutti databili entro il XII secolo, si può forse risalire al senso di un’operazione che tutto è fuorchè una damnatio memoriae. Il contributo proposto prevede l’edizione delle lapidi e la loro contestualizzazione stratigrafica, per datarne produzione e riuso; la ricostruzione delle vicende storiche e architettoniche che hanno condotto al rovesciamento del testo; il confronto con altri episodi di risemantizzazione di iscrizioni preesistenti; una sintesi esplicativa.

Epigrafi medievali ruotate: due casi toscani del XII secolo / marco frati. - In: STUDI E RICERCHE DI STORIA DELL'ARCHITETTURA. - ISSN 2532-2699. - STAMPA. - 16:(In corso di stampa), pp. 1-5.

Epigrafi medievali ruotate: due casi toscani del XII secolo

marco frati
In corso di stampa

Abstract

Nel mondo antico il rovesciamento esibito di un’epigrafe rispetto ad un testo precedente vale come cancellazione del primo significato, senza recidere il primitivo legame con esso, con il suo supporto e con il suo contesto, soprattutto nelle iscrizioni private. Anche particolari condizioni di visibilità consigliano talvolta di invertire i testi: nelle campane, nei piedi dei calici, nell’intradosso degli archi si favorisce la lettura da sotto in su. Ma più interessante è il riuso di lapidi medievali datate e/o firmate, inserite in fasi di poco successive dello stesso cantiere, collocate in luoghi pregnanti degli edifici (soprattutto religiosi) e, dunque, risemantizzate. Attraverso alcuni casi studio toscani più o meno noti (Sant’Antimo in val di Starcia, San Martino in Campo sul Montalbano, San Pietro in Valdelsa) e tutti databili entro il XII secolo, si può forse risalire al senso di un’operazione che tutto è fuorchè una damnatio memoriae. Il contributo proposto prevede l’edizione delle lapidi e la loro contestualizzazione stratigrafica, per datarne produzione e riuso; la ricostruzione delle vicende storiche e architettoniche che hanno condotto al rovesciamento del testo; il confronto con altri episodi di risemantizzazione di iscrizioni preesistenti; una sintesi esplicativa.
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