Essendo dimostrato che il risanamento è più probabile se la crisi è affrontata in fase precoce, da alcuni anni è giustamente posta grande enfasi sulla necessità che le difficoltà dell’impresa emergano tempestivamente. Ciò, tuttavia, di solito non accade. Le cause che ostacolano l’emersione tempestiva della crisi sono tradizionalmente ravvisate nell’opportunismo dell’imprenditore e nel c.d. moral hazard, che in caso di impresa costituita in forma societaria sarebbero presenti sia nei soci, sia negli amministratori della società in crisi. Gli studi di economia comportamentale, già ampiamente utilizzati in altri campi, potrebbero tuttavia suggerire una diversa lettura del fenomeno, che riconduca il ritardo nell’affrontare la crisi anche (se non soprattutto) ai limiti cognitivi. Se ciò fosse vero, le conseguenze, in termini di incentivi e sanzioni, potrebbero essere importanti: da una valorizzazione degli strumenti che consentano di indirizzare la condotta dell’agente “umano”, e perciò affetto da limiti cognitivi, a una corretta calibrazione di misure premiali e sanzioni che tenga conto delle cognitive illusions che incidono sul processo decisionale. In quest’ottica, gli “assetti adeguati” richiesti dall’art. 3 del Codice della crisi e dall’art. 2086 c.c. dovrebbero essere riempiti di contenuto (anche ai fini dell’applicazione dell’art. 2409 c.c.) tale da intercettare il reale processo decisionale dell’imprenditore, degli amministratori e dei soci, applicando la lente dell’economia comportamentale. Incentivi che trascurino i limiti cognitivi dei propri destinatari, invece, rischiano di dimostrarsi inefficaci.

Economia comportamentale e diritto della crisi: il ruolo della "mala gestione cognitiva" nel ritardo nell'emersione delle difficoltà dell'impresa / Niccolo' Usai. - In: RIVISTA DELLE SOCIETÀ. - ISSN 0035-6018. - STAMPA. - (2022), pp. 1216-1253.

Economia comportamentale e diritto della crisi: il ruolo della "mala gestione cognitiva" nel ritardo nell'emersione delle difficoltà dell'impresa

Niccolo' Usai
2022

Abstract

Essendo dimostrato che il risanamento è più probabile se la crisi è affrontata in fase precoce, da alcuni anni è giustamente posta grande enfasi sulla necessità che le difficoltà dell’impresa emergano tempestivamente. Ciò, tuttavia, di solito non accade. Le cause che ostacolano l’emersione tempestiva della crisi sono tradizionalmente ravvisate nell’opportunismo dell’imprenditore e nel c.d. moral hazard, che in caso di impresa costituita in forma societaria sarebbero presenti sia nei soci, sia negli amministratori della società in crisi. Gli studi di economia comportamentale, già ampiamente utilizzati in altri campi, potrebbero tuttavia suggerire una diversa lettura del fenomeno, che riconduca il ritardo nell’affrontare la crisi anche (se non soprattutto) ai limiti cognitivi. Se ciò fosse vero, le conseguenze, in termini di incentivi e sanzioni, potrebbero essere importanti: da una valorizzazione degli strumenti che consentano di indirizzare la condotta dell’agente “umano”, e perciò affetto da limiti cognitivi, a una corretta calibrazione di misure premiali e sanzioni che tenga conto delle cognitive illusions che incidono sul processo decisionale. In quest’ottica, gli “assetti adeguati” richiesti dall’art. 3 del Codice della crisi e dall’art. 2086 c.c. dovrebbero essere riempiti di contenuto (anche ai fini dell’applicazione dell’art. 2409 c.c.) tale da intercettare il reale processo decisionale dell’imprenditore, degli amministratori e dei soci, applicando la lente dell’economia comportamentale. Incentivi che trascurino i limiti cognitivi dei propri destinatari, invece, rischiano di dimostrarsi inefficaci.
2022
1216
1253
Niccolo' Usai
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