L’articolo intende riflettere, nell’àmbito di quella “dimensione ‘silvanocentrica’ fatta ‘più di autocannibalismo che di autocitazione” (Castiglione 2014), sulle variazioni narrative di due racconti di Silvana Grasso, “Manitta” (in Pazza è la luna, 2007) e “Il cuore a destra” (2014). La lettura comparata dei due testi mette in luce la circolarità dei temi e delle situazioni vissute dalle due protagoniste in un gioco di reduplicazioni e scarti che muovono da radici comuni, tra cui il vissuto dell’autrice, e si ripresentano a distanza di diversi anni nella sua produzione: entrambe orfane, pressoché non scolarizzate, cresciute da figure femminili della modesta imprenditoria paesana, da cui ereditano le odiate attività per trasformarle nel proprio destino, sul quale si stagliano feroci le ombre della morte, della malattia, delle violente declinazioni dell’immobile provincia siciliana; entrambe figure che esercitano un potere coercitivo attraverso uno strumento dalle valenze falliche, la mano finta di Angiolina e il fermacapelli di Billonia; entrambe refrattarie ad ogni contatto sociale, e che tuttavia pagano a caro prezzo l’unica eccezione. E se il difetto di nascita trascinerà agli inferi Angiolina, Apollonia eviterà la morte solo per quell’anomalia, il suo cuore nel posto sbagliato. Ai fini dell’analisi viene prestata attenzione anche ad altre due redazioni dei racconti: “Angiolina la cappellaia” (1993) e una versione inedita dello stesso “Il cuore a destra” (2022), gentile concessione dell’Archivio Silvana Grasso.

Ritorni grassiani. Le storie sorelle di Angiolina e Apollonia / Alessandro Privitera. - In: ALTRE MODERNITÀ. - ISSN 2035-7680. - ELETTRONICO. - Numero speciale:(2025), pp. 207-218. [10.54103/2035-7680/29220]

Ritorni grassiani. Le storie sorelle di Angiolina e Apollonia

Alessandro Privitera
2025

Abstract

L’articolo intende riflettere, nell’àmbito di quella “dimensione ‘silvanocentrica’ fatta ‘più di autocannibalismo che di autocitazione” (Castiglione 2014), sulle variazioni narrative di due racconti di Silvana Grasso, “Manitta” (in Pazza è la luna, 2007) e “Il cuore a destra” (2014). La lettura comparata dei due testi mette in luce la circolarità dei temi e delle situazioni vissute dalle due protagoniste in un gioco di reduplicazioni e scarti che muovono da radici comuni, tra cui il vissuto dell’autrice, e si ripresentano a distanza di diversi anni nella sua produzione: entrambe orfane, pressoché non scolarizzate, cresciute da figure femminili della modesta imprenditoria paesana, da cui ereditano le odiate attività per trasformarle nel proprio destino, sul quale si stagliano feroci le ombre della morte, della malattia, delle violente declinazioni dell’immobile provincia siciliana; entrambe figure che esercitano un potere coercitivo attraverso uno strumento dalle valenze falliche, la mano finta di Angiolina e il fermacapelli di Billonia; entrambe refrattarie ad ogni contatto sociale, e che tuttavia pagano a caro prezzo l’unica eccezione. E se il difetto di nascita trascinerà agli inferi Angiolina, Apollonia eviterà la morte solo per quell’anomalia, il suo cuore nel posto sbagliato. Ai fini dell’analisi viene prestata attenzione anche ad altre due redazioni dei racconti: “Angiolina la cappellaia” (1993) e una versione inedita dello stesso “Il cuore a destra” (2022), gentile concessione dell’Archivio Silvana Grasso.
2025
Numero speciale
207
218
Alessandro Privitera
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