Nella sentenza del 19 novembre 2020 resa nella causa E.Z., la Corte di giustizia ha interpretato il concetto di «atti di persecuzione» ai sensi dell'articolo 9 della direttiva qualifiche in una causa riguardante un cittadino siriano, fuggito dal suo Paese d'origine per evitare la coscrizione nel contesto della guerra civile siriana. La Corte ha così colto l'occasione per chiarire alcuni aspetti della sua precedente sentenza resa nella causa Shepherd, in particolare rispetto alla portata del «rifiuto di prestare servizio militare in un conflitto» quando nel Paese di origine non esista una procedura prevista a tal fine, e alla plausibilità che una persona soggetta all’obbligo di leva che rifiuta di prestare servizio militare in un conflitto sia indotta a partecipare alla commissione di atti che comporterebbero la sua esclusione dallo status di rifugiato. Inoltre, nel caso E.Z., la Corte di giustizia ha esaminato per la prima volta il rapporto tra gli atti di persecuzione in caso di rifiuto di prestare servizio militare e i «motivi di persecuzione» di cui all'articolo 10 della direttiva qualifiche. Tale sentenza offre l'occasione per formulare considerazioni più generali sulla portata dei richiami presenti nel diritto dell’Unione europea alla Convenzione di Ginevra e sulla loro ricaduta rispetto al riconoscimento dello status di rifugiato, alla luce dell’interpretazione fornita dalla Corte di giustizia.

L’obiezione di coscienza al servizio militare nelle sentenze Shepherd e E.Z. della Corte di giustizia: una lettura critica alla luce dell’autonomia del diritto dell’Unione Europea / Alessandra Favi. - In: RIVISTA DI DIRITTO INTERNAZIONALE. - ISSN 0035-6158. - STAMPA. - (2021), pp. 528-536.

L’obiezione di coscienza al servizio militare nelle sentenze Shepherd e E.Z. della Corte di giustizia: una lettura critica alla luce dell’autonomia del diritto dell’Unione Europea

Alessandra Favi
2021

Abstract

Nella sentenza del 19 novembre 2020 resa nella causa E.Z., la Corte di giustizia ha interpretato il concetto di «atti di persecuzione» ai sensi dell'articolo 9 della direttiva qualifiche in una causa riguardante un cittadino siriano, fuggito dal suo Paese d'origine per evitare la coscrizione nel contesto della guerra civile siriana. La Corte ha così colto l'occasione per chiarire alcuni aspetti della sua precedente sentenza resa nella causa Shepherd, in particolare rispetto alla portata del «rifiuto di prestare servizio militare in un conflitto» quando nel Paese di origine non esista una procedura prevista a tal fine, e alla plausibilità che una persona soggetta all’obbligo di leva che rifiuta di prestare servizio militare in un conflitto sia indotta a partecipare alla commissione di atti che comporterebbero la sua esclusione dallo status di rifugiato. Inoltre, nel caso E.Z., la Corte di giustizia ha esaminato per la prima volta il rapporto tra gli atti di persecuzione in caso di rifiuto di prestare servizio militare e i «motivi di persecuzione» di cui all'articolo 10 della direttiva qualifiche. Tale sentenza offre l'occasione per formulare considerazioni più generali sulla portata dei richiami presenti nel diritto dell’Unione europea alla Convenzione di Ginevra e sulla loro ricaduta rispetto al riconoscimento dello status di rifugiato, alla luce dell’interpretazione fornita dalla Corte di giustizia.
2021
Alessandra Favi
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