Il saggio si propone di verificare la corrispondenza con i reali processi di mobilità sociale di quella che viene considerata a livello storiografico la “bridging occupation” per eccellenza, oltre che centro nevralgico dei processi di “mediazione culturale” nella società ottocentesca, a detta di Daniel Roche. Quello del servizio domestico in realtà non è solo un universo dinamico, ma anche composito: analizzando la struttura sociale londinese, ad esempio, Bedarida classifica i domestici all’interno di tre diverse categorie sociali, e l’analisi della realtà fiorentina presenta risultati molto simili. Ci si imbatte in servitori qualificati che equiparano i livelli salariali dell’artigianato urbano e in sguatteri o serve tuttofare non coresidenti con i padroni che si inseriscono nelle fasce più basse della scala sociale. Opinione corrente, fra i datori di lavoro, è che comunque siano tutti spregiudicati arrampicatori sociali: come verificare la veridicità del luogo comune? E poi, servitori e domestiche condividono le stesse strategie di promozione sociale? Fra i vari indicatori disponibili il più eloquente, in tal senso, è senza dubbio quello delle scelte matrimoniali. Solo in pochi casi infatti è stato fruttuoso il tentativo di ricostruirne la “carriera” sulla base di una indagine di tipo nominale, nella documentazione delle parrocchie. La forte mobilità da un quartiere all’altro della città rende quasi impossibile seguire il percorso spesso tortuoso del loro iter occupazionale; senza tener conto del fatto che, per una serva, anche il semplice fatto di trovar marito in città era già di per sé da considerarsi come un attestato di promozione sociale. Il nucleo contrale della ricerca consiste quindi in un’analisi comparata dei Registri di Stato Civile del 1809-1810 e quelli del 1866 presenti presso l’Archivio Comunale fiorentino. E dal sondaggio emerge come in effetti siano riscontrabili casi in cui si verifica un innalzamento di status (anche se molto raramente davvero significativi) a dispetto del resto di un fenomeno tutt’altro che trascurabile di declassamento e di marginalizzazione, attestato sia dall’alto numero di domestici inseriti nelle Liste di miserabilità che dalla consistente percentuale di internamenti presso la Pia Casa di lavoro (il locale Dépot de Mendicité) e, per quanto riguarda le domestiche, in uno dei tanti nuovi postriboli della “Firenze capitale”.
UN UNIVERS EN MUTATION. LA DOMESTICITÉ À FLORENCE AU XIX SIÈCLE / M. CASALINI. - STAMPA. - Proceeding of the Servant Project vol IV. Domestic Service a Factor of Social Revival in Europe:(2005), pp. 101-124. (Intervento presentato al convegno Domestic Service, a factor of Social Revival in Europe. tenutosi a Colchester. University of Essex nel maggio 2003).
UN UNIVERS EN MUTATION. LA DOMESTICITÉ À FLORENCE AU XIX SIÈCLE
CASALINI, MARIA
2005
Abstract
Il saggio si propone di verificare la corrispondenza con i reali processi di mobilità sociale di quella che viene considerata a livello storiografico la “bridging occupation” per eccellenza, oltre che centro nevralgico dei processi di “mediazione culturale” nella società ottocentesca, a detta di Daniel Roche. Quello del servizio domestico in realtà non è solo un universo dinamico, ma anche composito: analizzando la struttura sociale londinese, ad esempio, Bedarida classifica i domestici all’interno di tre diverse categorie sociali, e l’analisi della realtà fiorentina presenta risultati molto simili. Ci si imbatte in servitori qualificati che equiparano i livelli salariali dell’artigianato urbano e in sguatteri o serve tuttofare non coresidenti con i padroni che si inseriscono nelle fasce più basse della scala sociale. Opinione corrente, fra i datori di lavoro, è che comunque siano tutti spregiudicati arrampicatori sociali: come verificare la veridicità del luogo comune? E poi, servitori e domestiche condividono le stesse strategie di promozione sociale? Fra i vari indicatori disponibili il più eloquente, in tal senso, è senza dubbio quello delle scelte matrimoniali. Solo in pochi casi infatti è stato fruttuoso il tentativo di ricostruirne la “carriera” sulla base di una indagine di tipo nominale, nella documentazione delle parrocchie. La forte mobilità da un quartiere all’altro della città rende quasi impossibile seguire il percorso spesso tortuoso del loro iter occupazionale; senza tener conto del fatto che, per una serva, anche il semplice fatto di trovar marito in città era già di per sé da considerarsi come un attestato di promozione sociale. Il nucleo contrale della ricerca consiste quindi in un’analisi comparata dei Registri di Stato Civile del 1809-1810 e quelli del 1866 presenti presso l’Archivio Comunale fiorentino. E dal sondaggio emerge come in effetti siano riscontrabili casi in cui si verifica un innalzamento di status (anche se molto raramente davvero significativi) a dispetto del resto di un fenomeno tutt’altro che trascurabile di declassamento e di marginalizzazione, attestato sia dall’alto numero di domestici inseriti nelle Liste di miserabilità che dalla consistente percentuale di internamenti presso la Pia Casa di lavoro (il locale Dépot de Mendicité) e, per quanto riguarda le domestiche, in uno dei tanti nuovi postriboli della “Firenze capitale”.I documenti in FLORE sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.