Il saggio intende mostrare che se per lo più si riconosce che la pianificazione ha problemi – problemi particolari e contingenti in vario modo discussi nel tentativo di venirne tecnicamente (o ideologicamente) a capo – è più difficile imbattersi nella consapevolezza che la pianificazione, per come è configurata nel diritto in quanto atto normativo, è il problema. La tesi di fondo è che la traduzione in norme del progetto di piano, anzi l’identificazione del piano con un atto normativo, non può essere pianificazione in senso proprio. Le previsioni, i propositi, gli scopi di un qualsiasi progetto di piano, infatti, non possono che essere ipotetiche. Con l’approvazione e traduzione del piano in norma, le ipotesi passano dall’incertezza che è loro propria alla dimensione della certezza propria del diritto. Negli ordini giuridici democratico liberali il diritto in cui si traduce il piano è, innanzitutto, la specificazione del contenuto del diritto di proprietà, con la quale non si può imporre al proprietario di realizzare usi e opere decisi dal piano, rimanendo egli libero sia di non fare e sia di vendere. Quando tale specificazione determina un incremento del valore di mercato dell’immobile, al detentore del diritto di proprietà è legalmente assicurata la possibilità di speculare. Quando tale specificazione non è favorevole, sarà sempre possibile alla proprietà operare per ottenerne una più favorevole, attraverso varianti al piano sempre necessarie data la sua natura ipotetica. Ciò condiziona le decisioni di piano a tal punto da non potersi dare altra sua determinazione utile se non quella di promuove specifiche attività speculative rese possibili dalle variazioni legali delle destinazioni urbanistiche.
La pianificazione come problema / F. VENTURA. - In: URBANISTICA. - ISSN 0042-1022. - STAMPA. - 133:(2007), pp. 136-140.
La pianificazione come problema
VENTURA, FRANCESCO
2007
Abstract
Il saggio intende mostrare che se per lo più si riconosce che la pianificazione ha problemi – problemi particolari e contingenti in vario modo discussi nel tentativo di venirne tecnicamente (o ideologicamente) a capo – è più difficile imbattersi nella consapevolezza che la pianificazione, per come è configurata nel diritto in quanto atto normativo, è il problema. La tesi di fondo è che la traduzione in norme del progetto di piano, anzi l’identificazione del piano con un atto normativo, non può essere pianificazione in senso proprio. Le previsioni, i propositi, gli scopi di un qualsiasi progetto di piano, infatti, non possono che essere ipotetiche. Con l’approvazione e traduzione del piano in norma, le ipotesi passano dall’incertezza che è loro propria alla dimensione della certezza propria del diritto. Negli ordini giuridici democratico liberali il diritto in cui si traduce il piano è, innanzitutto, la specificazione del contenuto del diritto di proprietà, con la quale non si può imporre al proprietario di realizzare usi e opere decisi dal piano, rimanendo egli libero sia di non fare e sia di vendere. Quando tale specificazione determina un incremento del valore di mercato dell’immobile, al detentore del diritto di proprietà è legalmente assicurata la possibilità di speculare. Quando tale specificazione non è favorevole, sarà sempre possibile alla proprietà operare per ottenerne una più favorevole, attraverso varianti al piano sempre necessarie data la sua natura ipotetica. Ciò condiziona le decisioni di piano a tal punto da non potersi dare altra sua determinazione utile se non quella di promuove specifiche attività speculative rese possibili dalle variazioni legali delle destinazioni urbanistiche.File | Dimensione | Formato | |
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