La legge delega 150 del 2005 è stata emanata allo scopo di dettare una nuova disciplina dell'ordinamento giudiziario. Uno dei profili su cui il legislatore ha inteso intervenire concerne la disciplina di passaggio del magistrato dall'esercizio delle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa. In precedenza, il mutamento di funzioni era regolato dall'art. 190, comma secondo r.d. 12/1941 (nel testo modificato dall'art. 29 d.p.r. 22 settembre 1988, n. 449) secondo cui il passaggio di funzioni "può essere disposto, a domanda dell'interessato, solo quando il Consiglio superiore della magistratura, previo parere del consiglio giudiziario, abbia accertato la sussistenza di attitudini alla nuova funzione" in combinato disposto con l'art. 192, quarto comma, che con riferimento generale ai mutamenti di funzione stabilisce la regola secondo cui la scelta degli aspiranti deve essere vagliata "con riguardo alle attitudini di ciascuno di essi, al suo stato di famiglia e di salute, al merito e all'anzianità". Il legislatore del 2005 è intervenuto mettendo a punto un sistema che si connota per un serio irrigidimento dei ruoli, attuato sottoponendo il passaggio di funzioni al necessario rispetto di uno stretto limite temporale e alla regola del necessario cambiamento di distretto. Aldilà della questione, probabilmente solo nominalistica, relativa al se si debba parlare di separazione delle carriere oppure delle funzioni, l'attenzione dell'interprete deve spostarsi sul diverso profilo di valutazione di opportunità delle scelte compiute e soprattutto di idoneità delle stesse a garantire il soddisfacimento delle esigenze che si volevano realizzare. Al riguardo, è noto che uno dei massimi obiettivi perseguito dalla legge delega è quello di assicurare la professionalità del magistrato; per questo motivo, la nuova legge subordina l'accesso alle nuove funzioni ad una serie di verifiche circa il profilo professionale del magistrato oltre ad una valutazione comparativa. Tuttavia, il nuovo sistema non pare del tutto adeguato a garantire un serio vaglio delle attitudini e della professionalità del magistrato. E' sufficiente rilevare come la nuova legge faccia espresso riferimento alla necessità di superare un concorso per titoli previa frequenza di un apposito corso di formazione presso la scuola superiore della magistratura, senza preoccuparsi di stabilire che cosa debba intendersi per titolo (se i provvedimenti giurisdizionali o le pubblicazioni scientifiche), il diverso peso da attribuire alla valutazione di tali diversi titoli (nonostante il fatto che il titolo scientifico sia indicativo della sola preparazione teorica, mentre invece il provvedimento giudiziario possa fornire indicazioni utili al fine di valutare le doti attitudinali all'esercizio della professione) e ancora se contino di più i titoli oppure il giudizio riportato presso la Scuola superiore della magistratura. Senza contare il fatto che il sistema appena delineato, obbligando il magistrato potenzialmente interessato ad un passaggio di funzioni a precostituirsi i titoli, rischia di allontanarlo dall'esercizio quotidiano delle funzioni, con evidente pregiudizio dell'efficienza della macchina giustizia.

La separazione delle carriere e la separazione delle funzioni / B. Gambineri. - In: IL FORO ITALIANO. - ISSN 0015-783X. - STAMPA. - I:(2006), pp. 24-27.

La separazione delle carriere e la separazione delle funzioni

GAMBINERI, BEATRICE
2006

Abstract

La legge delega 150 del 2005 è stata emanata allo scopo di dettare una nuova disciplina dell'ordinamento giudiziario. Uno dei profili su cui il legislatore ha inteso intervenire concerne la disciplina di passaggio del magistrato dall'esercizio delle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa. In precedenza, il mutamento di funzioni era regolato dall'art. 190, comma secondo r.d. 12/1941 (nel testo modificato dall'art. 29 d.p.r. 22 settembre 1988, n. 449) secondo cui il passaggio di funzioni "può essere disposto, a domanda dell'interessato, solo quando il Consiglio superiore della magistratura, previo parere del consiglio giudiziario, abbia accertato la sussistenza di attitudini alla nuova funzione" in combinato disposto con l'art. 192, quarto comma, che con riferimento generale ai mutamenti di funzione stabilisce la regola secondo cui la scelta degli aspiranti deve essere vagliata "con riguardo alle attitudini di ciascuno di essi, al suo stato di famiglia e di salute, al merito e all'anzianità". Il legislatore del 2005 è intervenuto mettendo a punto un sistema che si connota per un serio irrigidimento dei ruoli, attuato sottoponendo il passaggio di funzioni al necessario rispetto di uno stretto limite temporale e alla regola del necessario cambiamento di distretto. Aldilà della questione, probabilmente solo nominalistica, relativa al se si debba parlare di separazione delle carriere oppure delle funzioni, l'attenzione dell'interprete deve spostarsi sul diverso profilo di valutazione di opportunità delle scelte compiute e soprattutto di idoneità delle stesse a garantire il soddisfacimento delle esigenze che si volevano realizzare. Al riguardo, è noto che uno dei massimi obiettivi perseguito dalla legge delega è quello di assicurare la professionalità del magistrato; per questo motivo, la nuova legge subordina l'accesso alle nuove funzioni ad una serie di verifiche circa il profilo professionale del magistrato oltre ad una valutazione comparativa. Tuttavia, il nuovo sistema non pare del tutto adeguato a garantire un serio vaglio delle attitudini e della professionalità del magistrato. E' sufficiente rilevare come la nuova legge faccia espresso riferimento alla necessità di superare un concorso per titoli previa frequenza di un apposito corso di formazione presso la scuola superiore della magistratura, senza preoccuparsi di stabilire che cosa debba intendersi per titolo (se i provvedimenti giurisdizionali o le pubblicazioni scientifiche), il diverso peso da attribuire alla valutazione di tali diversi titoli (nonostante il fatto che il titolo scientifico sia indicativo della sola preparazione teorica, mentre invece il provvedimento giudiziario possa fornire indicazioni utili al fine di valutare le doti attitudinali all'esercizio della professione) e ancora se contino di più i titoli oppure il giudizio riportato presso la Scuola superiore della magistratura. Senza contare il fatto che il sistema appena delineato, obbligando il magistrato potenzialmente interessato ad un passaggio di funzioni a precostituirsi i titoli, rischia di allontanarlo dall'esercizio quotidiano delle funzioni, con evidente pregiudizio dell'efficienza della macchina giustizia.
2006
I
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B. Gambineri
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