La lettera 5.1 di Plinio il Giovane riferisce di un caso di diseredazione di un figlio da parte della madre. Il diseredato si rivolge all’erede (che è lo stesso Plinio) chiedendo che gli fosse donata l’eredità materna sul presupposto dell’inofficiosità del testamento che lo aveva diseredato. La risposta pliniana fu nel senso che la donazione richiesta non sarebbe stata di giovamento e che semmai si sarebbe trattato di rilasciare l’eredità da parte dell’erede al diseredato. La precisazione offre l’occasione di indagare il titolo di attribuzione della eredità o delle cose ereditarie rilasciate al diseredato e il rilievo che, nella fattispecie, assume il fatto che il cessionario sia non un estraneo ma, appunto, il diseredato ingiustamente. Il saggio tenta la ricostruzione del ragionamento di Plinio e delle ragioni che lo hanno indotto a rispondere nei termini riferiti. La conclusione è critica circa la determinazione dell’autore, il quale ha inteso porre in rilievo una qualità ereditaria del cessionario, che tuttavia costui non poteva vantare, stante la natura costitutiva del giudicato centumvirale di inofficiosità: non è, in altre parole, possibile alle parti formare transazioni che presuppongono una qualità ereditaria che non risulta dai titoli, ciò essendo il frutto caratteristico e riservato della sola pronuncia del tribunale centumvirale.

La querela inofficiosi testamenti nella testimonianza di Plinio il giovane. Profili di merito sostanziale, cause di transazione, indizi processuali. Plin., ep., 5.1.2-10 / G.Gulina. - In: STUDIA ET DOCUMENTA. - ISSN 1970-4879. - STAMPA. - 75:(2009), pp. 261-330.

La querela inofficiosi testamenti nella testimonianza di Plinio il giovane. Profili di merito sostanziale, cause di transazione, indizi processuali. Plin., ep., 5.1.2-10

GULINA, GIOVANNI
2009

Abstract

La lettera 5.1 di Plinio il Giovane riferisce di un caso di diseredazione di un figlio da parte della madre. Il diseredato si rivolge all’erede (che è lo stesso Plinio) chiedendo che gli fosse donata l’eredità materna sul presupposto dell’inofficiosità del testamento che lo aveva diseredato. La risposta pliniana fu nel senso che la donazione richiesta non sarebbe stata di giovamento e che semmai si sarebbe trattato di rilasciare l’eredità da parte dell’erede al diseredato. La precisazione offre l’occasione di indagare il titolo di attribuzione della eredità o delle cose ereditarie rilasciate al diseredato e il rilievo che, nella fattispecie, assume il fatto che il cessionario sia non un estraneo ma, appunto, il diseredato ingiustamente. Il saggio tenta la ricostruzione del ragionamento di Plinio e delle ragioni che lo hanno indotto a rispondere nei termini riferiti. La conclusione è critica circa la determinazione dell’autore, il quale ha inteso porre in rilievo una qualità ereditaria del cessionario, che tuttavia costui non poteva vantare, stante la natura costitutiva del giudicato centumvirale di inofficiosità: non è, in altre parole, possibile alle parti formare transazioni che presuppongono una qualità ereditaria che non risulta dai titoli, ciò essendo il frutto caratteristico e riservato della sola pronuncia del tribunale centumvirale.
2009
75
261
330
G.Gulina
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