Si tratta della lettura petrarchesca pronunciata il 17 aprile 2008 presso la sede dell’Accademia Galileiana di Scienze, Lettere e Arti su invito del Comitato organizzatore della XXVIII Lectura Petrarce promossa dall’Ente Nazionale Francesco Petrarca (Padova, Palazzo del Bo). Essa è stata pubblicata due volte, per le cure congiunte dell’Accademia e dell’Ente: nel 2008 nel volume CXX degli «Atti e Memorie dell’Accademia Galileiana di Scienze, Lettere ed Arti già dei Ricovrati e Patavina» e nel 2010 (Firenze, Olschki) nella raccolta delle Lecture Petrarce, XXVIII-XXIX (2008-2009). Lo studio analizza la singolare e ardua canzone XXIX dei Rerum vulgarium fragmenta, prima che in sé, come parte della sequenza di una trilogia di metri lunghi (la canzone precedente O aspectata in ciel e la sestina seguente Giovene donna), con le cui componenti essa risulta profondamente implicata sia sul piano metrico-formale, sia per la tramatura petrosa del dettato, sviluppato su un analogo supporto fantastico, pur nella diversità d’argomento della canzone XXVIII, che è un canto politico-morale, non amoroso e personale (a parte i versi del congedo), come invece sono la XXIX e la XXX: ciò che depone a favore di una carica aggregante originaria della terna di testi, cioè corrispondente ad affinità genetiche piuttosto che frutto di un calcolato e successivo montaggio, e con forte ricaduta strutturante al suo ingresso nella compagine del Canzoniere. La canzone viene esaminata sia sul piano formale (raffinata variante della sestina) e stilistico (ardui iperbati e aspre giaciture), sia per l’intarsio dei prelievi petrosi che la caratterizzano con altre significative tessere di Dante, della sua corrispondenza in versi con Cino sulla giovane donna “vestita a verde”, oltre che di Virgilio del quarto libro dell’Eneide, esplicitamente richiamato nel cenno al suicidio di Didone. Dall’esame risultano esplicitati i tratti antinomici di cui la canzone si propone come summa e manifesto e già formati o in gestazione i miti ed emblemi (il lauro e la fenice) fondativi della poetica petrarchesca. This is a reading of Petrarch held on April 17, 2008. at the Accademia Galileiana di Scienze, Lettere e Arti on an invitation by the Organizing Committee of the XXVIII Lectura Petrarce promoted by the Ente Nazionale Francesco Petrarca (Padova, Palazzo del Bo). It has been published twice, in a joint venture between the Accademia and the Ente: in 2008 in the volume CXX of «Atti e Memorie dell’Accademia Galileiana di Scienze, Lettere ed Arti» and in 2010 (Florence, Olschki) in the collection of the Lecture Petrarce, XXVIII-XXIX (2008-2009). This study analyzes the singular and difficult song XXIX of the Rerum vulgarium fragmenta, not only by itself, but especially as part of the sequence of a trilogy of long metres (the previous song O aspectata in ciel and the following sestina Giovene donna), since it is deeply involved with it, both in metric-formal terms, and because of the petrosa plot of the text, developed on an analogous fantastic base, despite the different topic of the song XXVIII, which is a political and moral canto, not involving love and personal experience (apart from the verses of the envoi), as are XXIX and XXX: this is evidence in favour of an original aggregating charge of the three texts, that is having more to do with genetic affinity than being the result of a deliberate later montage, and with a heavy structuring effect on its entry in the Canzoniere. The song is examined in terms of form (refined variant of the sestina) and style (daring hyperbata and sharp accentuations), because of the tarsia of petrosa collections which characterize it, with other significant mosaics of Dante, of his correspondence in verses with Cino on the young woman “dressed in green”, and also of Virgil in the fourth book of the Aeneid, explicitly recalled in the mention of Dido’s suicide. The investigation brings out the antinomic tendencies of the song, which proposes itself as a summa and manifesto, with the founding myths and emblems of Petrarch’s poetics (the laurel and the phoenix) are already formed or about to be born.

Verdi panni, sanguigni, oscuri o persi (Lectura pronunciata il 17 aprile 2008) / C. Molinari. - In: ATTI E MEMORIE DELL'ACCADEMIA GALILEIANA DI SCIENZE, LETTERE ED ARTI. PARTE III. MEMORIE DELLA CLASSE DI SCIENZE MORALI, LETTERE ED ARTI. - ISSN 1592-1751. - STAMPA. - CXX:(2008), pp. 347-369.

Verdi panni, sanguigni, oscuri o persi (Lectura pronunciata il 17 aprile 2008)

MOLINARI, CARLA
2008

Abstract

Si tratta della lettura petrarchesca pronunciata il 17 aprile 2008 presso la sede dell’Accademia Galileiana di Scienze, Lettere e Arti su invito del Comitato organizzatore della XXVIII Lectura Petrarce promossa dall’Ente Nazionale Francesco Petrarca (Padova, Palazzo del Bo). Essa è stata pubblicata due volte, per le cure congiunte dell’Accademia e dell’Ente: nel 2008 nel volume CXX degli «Atti e Memorie dell’Accademia Galileiana di Scienze, Lettere ed Arti già dei Ricovrati e Patavina» e nel 2010 (Firenze, Olschki) nella raccolta delle Lecture Petrarce, XXVIII-XXIX (2008-2009). Lo studio analizza la singolare e ardua canzone XXIX dei Rerum vulgarium fragmenta, prima che in sé, come parte della sequenza di una trilogia di metri lunghi (la canzone precedente O aspectata in ciel e la sestina seguente Giovene donna), con le cui componenti essa risulta profondamente implicata sia sul piano metrico-formale, sia per la tramatura petrosa del dettato, sviluppato su un analogo supporto fantastico, pur nella diversità d’argomento della canzone XXVIII, che è un canto politico-morale, non amoroso e personale (a parte i versi del congedo), come invece sono la XXIX e la XXX: ciò che depone a favore di una carica aggregante originaria della terna di testi, cioè corrispondente ad affinità genetiche piuttosto che frutto di un calcolato e successivo montaggio, e con forte ricaduta strutturante al suo ingresso nella compagine del Canzoniere. La canzone viene esaminata sia sul piano formale (raffinata variante della sestina) e stilistico (ardui iperbati e aspre giaciture), sia per l’intarsio dei prelievi petrosi che la caratterizzano con altre significative tessere di Dante, della sua corrispondenza in versi con Cino sulla giovane donna “vestita a verde”, oltre che di Virgilio del quarto libro dell’Eneide, esplicitamente richiamato nel cenno al suicidio di Didone. Dall’esame risultano esplicitati i tratti antinomici di cui la canzone si propone come summa e manifesto e già formati o in gestazione i miti ed emblemi (il lauro e la fenice) fondativi della poetica petrarchesca. This is a reading of Petrarch held on April 17, 2008. at the Accademia Galileiana di Scienze, Lettere e Arti on an invitation by the Organizing Committee of the XXVIII Lectura Petrarce promoted by the Ente Nazionale Francesco Petrarca (Padova, Palazzo del Bo). It has been published twice, in a joint venture between the Accademia and the Ente: in 2008 in the volume CXX of «Atti e Memorie dell’Accademia Galileiana di Scienze, Lettere ed Arti» and in 2010 (Florence, Olschki) in the collection of the Lecture Petrarce, XXVIII-XXIX (2008-2009). This study analyzes the singular and difficult song XXIX of the Rerum vulgarium fragmenta, not only by itself, but especially as part of the sequence of a trilogy of long metres (the previous song O aspectata in ciel and the following sestina Giovene donna), since it is deeply involved with it, both in metric-formal terms, and because of the petrosa plot of the text, developed on an analogous fantastic base, despite the different topic of the song XXVIII, which is a political and moral canto, not involving love and personal experience (apart from the verses of the envoi), as are XXIX and XXX: this is evidence in favour of an original aggregating charge of the three texts, that is having more to do with genetic affinity than being the result of a deliberate later montage, and with a heavy structuring effect on its entry in the Canzoniere. The song is examined in terms of form (refined variant of the sestina) and style (daring hyperbata and sharp accentuations), because of the tarsia of petrosa collections which characterize it, with other significant mosaics of Dante, of his correspondence in verses with Cino on the young woman “dressed in green”, and also of Virgil in the fourth book of the Aeneid, explicitly recalled in the mention of Dido’s suicide. The investigation brings out the antinomic tendencies of the song, which proposes itself as a summa and manifesto, with the founding myths and emblems of Petrarch’s poetics (the laurel and the phoenix) are already formed or about to be born.
2008
CXX
347
369
C. Molinari
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