Il presente studio analizza la presenza in Italia dei repubblicani spagnoli dopo il 1939 quando, con la vittoria del franchismo, si ritrovarono costretti a dover prendere la via dell’esilio. E se per tutti l’esilio fu un’esperienza devastante, considero opportuno distinguere nel caso dell'esilio spagnolo in Italia due momenti ben precisi. La prima parte del lavoro si concentra sui risultati di una ricerca di campo che mi ha portato a individuare un collettivo ridotto e caratterizzato per genere: si tratta infatti di duecento donne spagnole, ad oggi totalmente ignorate dalla storiografia contemporanea. Queste donne durante la Guerra civile spagnola si erano legate sentimentalmente agli antifascisti italiani accorsi in difesa della Repubblica e nel 1939 scelsero di seguire i loro compagni. Dopo l’esperienza della Guerra civile vissero pertanto nei campi di concentramento francesi e poi, allo scoppio della Seconda Guerra mondiale, presero parte alla Resistenza in Italia e qui, dopo la Liberazione, si fermarono a vivere. Dopo aver vissuto dieci anni ininterrotti di guerra presero parte alla ricostruzione dell’Italia postbellica, mentre assistevano impotenti al consolidamento del regime dittatoriale nella penisola iberica. La seconda parte dello studio riguarda invece un'altra fase dell’esilio spagnolo in Italia. Questo secondo esilio iniziò negli anni sessanta, all’incirca vent’anni dopo la fine della Guerra civile spagnola. Fu in genere un esilio felice, meditato e scelto. I protagonisti furono sostanzialmente gli intellettuali, già esuli in altre parti del mondo. Se le donne del primo gruppo rimasero sempre trasparenti nella società italiana, sorte diversa toccò a questi esiliati della seconda fase: essi vennero accolti come i migliori figli della Spagna leale sconfitta dal franchismo. Pensiamo infatti a nomi come Rafael Alberti, María Teresa León e Jorge Guillén, che entrarono in contatto con i più prestigiosi circoli culturali e politici italiani. L’Italia degli anni Sessanta, coinvolta in un boom economico e culturale, era una nazione forte e attraente, capace di accogliere come una madre questi figli dispersi nella diaspora: gli esiliati riconobbero in lei la Spagna liberata che non avevano potuto vedere nel 1939.
"Un comune percorso ideale": l'esilio spagnolo e l'Italia / A. Fiore. - In: STORIA E MEMORIA. - ISSN 1121-9742. - STAMPA. - 1:(2009), pp. 57-82.
"Un comune percorso ideale": l'esilio spagnolo e l'Italia
FIORE, ARIANNA
2009
Abstract
Il presente studio analizza la presenza in Italia dei repubblicani spagnoli dopo il 1939 quando, con la vittoria del franchismo, si ritrovarono costretti a dover prendere la via dell’esilio. E se per tutti l’esilio fu un’esperienza devastante, considero opportuno distinguere nel caso dell'esilio spagnolo in Italia due momenti ben precisi. La prima parte del lavoro si concentra sui risultati di una ricerca di campo che mi ha portato a individuare un collettivo ridotto e caratterizzato per genere: si tratta infatti di duecento donne spagnole, ad oggi totalmente ignorate dalla storiografia contemporanea. Queste donne durante la Guerra civile spagnola si erano legate sentimentalmente agli antifascisti italiani accorsi in difesa della Repubblica e nel 1939 scelsero di seguire i loro compagni. Dopo l’esperienza della Guerra civile vissero pertanto nei campi di concentramento francesi e poi, allo scoppio della Seconda Guerra mondiale, presero parte alla Resistenza in Italia e qui, dopo la Liberazione, si fermarono a vivere. Dopo aver vissuto dieci anni ininterrotti di guerra presero parte alla ricostruzione dell’Italia postbellica, mentre assistevano impotenti al consolidamento del regime dittatoriale nella penisola iberica. La seconda parte dello studio riguarda invece un'altra fase dell’esilio spagnolo in Italia. Questo secondo esilio iniziò negli anni sessanta, all’incirca vent’anni dopo la fine della Guerra civile spagnola. Fu in genere un esilio felice, meditato e scelto. I protagonisti furono sostanzialmente gli intellettuali, già esuli in altre parti del mondo. Se le donne del primo gruppo rimasero sempre trasparenti nella società italiana, sorte diversa toccò a questi esiliati della seconda fase: essi vennero accolti come i migliori figli della Spagna leale sconfitta dal franchismo. Pensiamo infatti a nomi come Rafael Alberti, María Teresa León e Jorge Guillén, che entrarono in contatto con i più prestigiosi circoli culturali e politici italiani. L’Italia degli anni Sessanta, coinvolta in un boom economico e culturale, era una nazione forte e attraente, capace di accogliere come una madre questi figli dispersi nella diaspora: gli esiliati riconobbero in lei la Spagna liberata che non avevano potuto vedere nel 1939.File | Dimensione | Formato | |
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