Questo saggio si propone di delineare un metodo di lettura del testo, in particolare di un testo prodotto dalla cultura del Rinascimento, in questo caso le Historiae Senenses di Sigismondo Tizio, di cui viene qui presa in esame la parte iniziale, dedicata al tema dell’antichità di Siena. Frutto di una ricerca condotta precedentemente per l’edizione critica di questa sezione dell’opera di Tizio, il metodo elaborato nel contributo si articola, in successione, in tre livelli di analisi interconnessi fra loro : il primo, destinato alla contestualizzazione dell’opera di Tizio, sottolinea, fra le altre cose, la rilevanza che in essa riveste il dibattito coevo sulla storiografia, scaturito dagli scritti di Leonardo Bruni e di Biondo Flavio. Il secondo, che ha una funzione centrale nello svolgimento dell’analisi complessiva, è rivolto specificamente ad individuare i criteri metodologici con cui Tizio imposta la dimostrazione relativa alla incontestabile veridicità sia della tradizione scritta, che dei reperti archeologici attestanti l’antichità, e dunque la dignità, della storia senese. Il terzo, infine, è incentrato sull’uso di una fonte, allora da poco scoperta: le Tavole Eugubine. Il modo della citazione da parte di Tizio, che si riferisce a quel reperto senza nominarlo esplicitamente, viene qui esaminato e spiegato alla luce di quella logica che risulta essere il fondamento dei criteri metodologici illustrati nella seconda parte. Il fine che questo studio si propone è dimostrare la rispondenza fra il senso riposto in quei criteri metodologici e, reciprocamente, le modalità implicite con cui Tizio fa riferimento alle Tavole. Il procedimento di questa analisi testuale è dunque teso a convalidare l’interpretazione, precedentemente individuata, circa il metodo – lineare nella sua ingegnosa complessità – architettato e posto in essere dall’autore in questa parte delle Historiae Senenses. Tale procedimento vale anche a conferma dell’intento che sostiene lo svolgimento di tutte le argomentazioni portate da Tizio per la salvaguardia della tradizione locale attestante l’antichità etrusca di Siena, con il proposito di contrastare le tesi e il metodo inaugurato dall’opera di Biondo Flavio, che, giudicando quella tradizione come non idonea a fornire informazioni storiche attendibili circa l’antichità di Siena, in quanto non suffragata da prove documentarie certe, l’aveva del tutto accantonata.

Sigismondo Tizio e le Tavole Eugubine: l'uso delle fonti nelle Historiae Senenses / M. Doni. - In: RINASCIMENTO. - ISSN 0080-3073. - STAMPA. - II s., XLIX:(2009), pp. 373-400.

Sigismondo Tizio e le Tavole Eugubine: l'uso delle fonti nelle Historiae Senenses

DONI, MANUELA
2009

Abstract

Questo saggio si propone di delineare un metodo di lettura del testo, in particolare di un testo prodotto dalla cultura del Rinascimento, in questo caso le Historiae Senenses di Sigismondo Tizio, di cui viene qui presa in esame la parte iniziale, dedicata al tema dell’antichità di Siena. Frutto di una ricerca condotta precedentemente per l’edizione critica di questa sezione dell’opera di Tizio, il metodo elaborato nel contributo si articola, in successione, in tre livelli di analisi interconnessi fra loro : il primo, destinato alla contestualizzazione dell’opera di Tizio, sottolinea, fra le altre cose, la rilevanza che in essa riveste il dibattito coevo sulla storiografia, scaturito dagli scritti di Leonardo Bruni e di Biondo Flavio. Il secondo, che ha una funzione centrale nello svolgimento dell’analisi complessiva, è rivolto specificamente ad individuare i criteri metodologici con cui Tizio imposta la dimostrazione relativa alla incontestabile veridicità sia della tradizione scritta, che dei reperti archeologici attestanti l’antichità, e dunque la dignità, della storia senese. Il terzo, infine, è incentrato sull’uso di una fonte, allora da poco scoperta: le Tavole Eugubine. Il modo della citazione da parte di Tizio, che si riferisce a quel reperto senza nominarlo esplicitamente, viene qui esaminato e spiegato alla luce di quella logica che risulta essere il fondamento dei criteri metodologici illustrati nella seconda parte. Il fine che questo studio si propone è dimostrare la rispondenza fra il senso riposto in quei criteri metodologici e, reciprocamente, le modalità implicite con cui Tizio fa riferimento alle Tavole. Il procedimento di questa analisi testuale è dunque teso a convalidare l’interpretazione, precedentemente individuata, circa il metodo – lineare nella sua ingegnosa complessità – architettato e posto in essere dall’autore in questa parte delle Historiae Senenses. Tale procedimento vale anche a conferma dell’intento che sostiene lo svolgimento di tutte le argomentazioni portate da Tizio per la salvaguardia della tradizione locale attestante l’antichità etrusca di Siena, con il proposito di contrastare le tesi e il metodo inaugurato dall’opera di Biondo Flavio, che, giudicando quella tradizione come non idonea a fornire informazioni storiche attendibili circa l’antichità di Siena, in quanto non suffragata da prove documentarie certe, l’aveva del tutto accantonata.
2009
II s., XLIX
373
400
M. Doni
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