Ocrida, Spalato e la questione dello slavo nella liturgia fra il X e l'XI sec. Nel corso del X sec. nei Balcani si stabilì per la prima volta un confine fra la Slavia latina e la Slavia ortodossa. Nel primo impero bulgaro si creò una struttura ecclesiastica, sul modello della tradizione bizantina, che usava lo slavo ecclesiastico (chiamato anche paleobulgaro), come lingua della chiesa e della cultura. Il primo impero bulgaro aveva esteso la sua influenza fino alla Dalmazia, entrando in conflitto con il regno di Croazia. In questa area, in particolare nella diocesi di Nin (Nona), dipendente direttamente da Roma, per influenza del clero di formazione metodiana si era radicato l'uso dello slavo nella liturgia latina. La chiesa bulgara era diventata ormai il centro propulsore della liturgia slava, sempre più legata a Bisanzio, e nella sua espansione entrava in conflitto con la gerarchia, che Roma aveva stabilito nell'area. Come in passato il clero germanico si era battuto contro le ingerenze di Metodio nel «proprio territorio», allo stesso modo il clero latino della Dalmazia vide nell'espansione del cristianesimo bizantino-slavo in Dalmazia una minaccia alla propria autorità. Nel 925 sotto l’egida del papato romano si riuniva un sinodo a Spalato, in cui fu istituito l’omonimo arcivescovato, che comprendeva la Dalmazia, l’Istria e Cattaro, che determinò la scomparsa del vescovato di Nin, probabilmente troppo aperto alle influenze bizantino-slave. Il sinodo di Spalato confermò e rafforzò il processo di latinizzazione della diocesi, cercando di limitare il più possibile l'uso dello slavo nella liturgia. La diffusione dello slavo nella liturgia di tradizione bizantina rappresentava infatti una minaccia all’espansione del cristianesimo latino dall’area dalmata, e poteva fare breccia attraverso la presenza dello slavo che ancora si conservava nella liturgia di tradizione latina in Dalmazia. Si cominciò così a delineare un confine, segnato in primo luogo dalla circolazione dei libri liturgici in alfabeto latino e in alfabeto cirillico, che finì per emarginare progressivamente il glagolitico, che era stato progettato come alfabeto di tutti gli slavi. Ohrid, Split, and the question of Slavonic in the liturgy between the tenth and eleventh century. During the tenth century settled in the Balkans for the first time a boundary between Slavia Latina and Slavia Orthodoxa. In the first Bulgarian Empire was created an ecclesiastical structure, modeled on the Byzantine tradition, which used the Church Slavonic (also called Old Bulgarian), as the language of the church and the culture. The first Bulgarian Empire had extended its influence to Dalmatia, coming into conflict with the kingdom of Croatia. In this area, especially in the diocese of Nin (Nona), depending directly from Rome, through the influence of clergy of cyrillo-methodian tradition had spread the use of Slavonic in the Latin liturgy. The Bulgarian Church had now become the hub of the Slavonic liturgy, increasingly tied to Byzantium, and in its expansion came into conflict with the hierarchy, that Rome had established in the area. As in the past, the Germanic clergy had fought against the interference of Methodius in "their territory", in the same way the Latin clergy in Dalmatia saw the expansion of Byzantine-Slavic Christianity in Dalmatia a threat to their authority. In 925 under the auspices of the Roman papacy gathered a synod in Split, where was established the archbishopric of Split, which included Dalmatia, Istria and Kotor, which caused the disappearance of the bishopric of Nin probably too open to Byzantine-Slavic influences. The synod of Split confirmed and strengthened the process of Latinization of the diocese, trying to limit as much as possible the use of Slavonic in the liturgy. The spread of Slavonic in the liturgy of the Byzantine tradition was in fact a threat to the expansion of Latin Christianity from the Dalmatia and, may be, was able to break through the presence of the Slavonic, who still retained in the liturgy of Latin tradition in Dalmatia. Thus began delineating a boundary, marked primarily by the movement of liturgical books in Latin and Cyrillic alphabet, which came to gradually marginalize the Glagolitic alphabet, which was designed as an alphabet of all the Slavs.

Ohrid, Split i pitanje slavenskoga jezika u bogoslužju u X. i XI. stoljeću / M. Garzaniti. - In: SLOVO. - ISSN 0583-6255. - STAMPA. - 60 (2010):(2010), pp. 307-334.

Ohrid, Split i pitanje slavenskoga jezika u bogoslužju u X. i XI. stoljeću

GARZANITI, MARCELLO
2010

Abstract

Ocrida, Spalato e la questione dello slavo nella liturgia fra il X e l'XI sec. Nel corso del X sec. nei Balcani si stabilì per la prima volta un confine fra la Slavia latina e la Slavia ortodossa. Nel primo impero bulgaro si creò una struttura ecclesiastica, sul modello della tradizione bizantina, che usava lo slavo ecclesiastico (chiamato anche paleobulgaro), come lingua della chiesa e della cultura. Il primo impero bulgaro aveva esteso la sua influenza fino alla Dalmazia, entrando in conflitto con il regno di Croazia. In questa area, in particolare nella diocesi di Nin (Nona), dipendente direttamente da Roma, per influenza del clero di formazione metodiana si era radicato l'uso dello slavo nella liturgia latina. La chiesa bulgara era diventata ormai il centro propulsore della liturgia slava, sempre più legata a Bisanzio, e nella sua espansione entrava in conflitto con la gerarchia, che Roma aveva stabilito nell'area. Come in passato il clero germanico si era battuto contro le ingerenze di Metodio nel «proprio territorio», allo stesso modo il clero latino della Dalmazia vide nell'espansione del cristianesimo bizantino-slavo in Dalmazia una minaccia alla propria autorità. Nel 925 sotto l’egida del papato romano si riuniva un sinodo a Spalato, in cui fu istituito l’omonimo arcivescovato, che comprendeva la Dalmazia, l’Istria e Cattaro, che determinò la scomparsa del vescovato di Nin, probabilmente troppo aperto alle influenze bizantino-slave. Il sinodo di Spalato confermò e rafforzò il processo di latinizzazione della diocesi, cercando di limitare il più possibile l'uso dello slavo nella liturgia. La diffusione dello slavo nella liturgia di tradizione bizantina rappresentava infatti una minaccia all’espansione del cristianesimo latino dall’area dalmata, e poteva fare breccia attraverso la presenza dello slavo che ancora si conservava nella liturgia di tradizione latina in Dalmazia. Si cominciò così a delineare un confine, segnato in primo luogo dalla circolazione dei libri liturgici in alfabeto latino e in alfabeto cirillico, che finì per emarginare progressivamente il glagolitico, che era stato progettato come alfabeto di tutti gli slavi. Ohrid, Split, and the question of Slavonic in the liturgy between the tenth and eleventh century. During the tenth century settled in the Balkans for the first time a boundary between Slavia Latina and Slavia Orthodoxa. In the first Bulgarian Empire was created an ecclesiastical structure, modeled on the Byzantine tradition, which used the Church Slavonic (also called Old Bulgarian), as the language of the church and the culture. The first Bulgarian Empire had extended its influence to Dalmatia, coming into conflict with the kingdom of Croatia. In this area, especially in the diocese of Nin (Nona), depending directly from Rome, through the influence of clergy of cyrillo-methodian tradition had spread the use of Slavonic in the Latin liturgy. The Bulgarian Church had now become the hub of the Slavonic liturgy, increasingly tied to Byzantium, and in its expansion came into conflict with the hierarchy, that Rome had established in the area. As in the past, the Germanic clergy had fought against the interference of Methodius in "their territory", in the same way the Latin clergy in Dalmatia saw the expansion of Byzantine-Slavic Christianity in Dalmatia a threat to their authority. In 925 under the auspices of the Roman papacy gathered a synod in Split, where was established the archbishopric of Split, which included Dalmatia, Istria and Kotor, which caused the disappearance of the bishopric of Nin probably too open to Byzantine-Slavic influences. The synod of Split confirmed and strengthened the process of Latinization of the diocese, trying to limit as much as possible the use of Slavonic in the liturgy. The spread of Slavonic in the liturgy of the Byzantine tradition was in fact a threat to the expansion of Latin Christianity from the Dalmatia and, may be, was able to break through the presence of the Slavonic, who still retained in the liturgy of Latin tradition in Dalmatia. Thus began delineating a boundary, marked primarily by the movement of liturgical books in Latin and Cyrillic alphabet, which came to gradually marginalize the Glagolitic alphabet, which was designed as an alphabet of all the Slavs.
2010
60 (2010)
307
334
M. Garzaniti
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