Il tema della connessione tra filosofia del diritto naturale e filosofia del diritto e concezioni “miti” o “proporzionate” del diritto da una parte e diritto positivo e concezioni “dure” dall’altra parte è il filo rosso che attraversa questo lungo saggio per i Quaderni fiorentini. La cesura considerata è qui quella tra il pensiero liberale classico della Scuola classica di un autore come Carrara e il pensiero “nuovo”, prima della scuola positivista (qui Fioretti, con aggancio a Ferri), e poi della scuola tecnico giuridico con autori come Rocco e Manzini. Due sono le formazioni discorsive che si affrontano. Da una parte abbiamo il Codice penale toscano del 1853, il codice penale sardo del 1859, la scienza giuridica dominante dell’epoca (Carrara, Pessina etc.) e l’effetto legislativo corrispondente nell’Italia unitaria rappresentato dal Codice Zanardelli del 1889 (teoria della coazione giuridica); dall’altra abbiamo la scienza positivistica (Ferri, Fioretti, Zerboglio), che fa sempre più valere a difesa di una società sempre meno differenziata un diritto alla legittima difesa, in cui la coppia polarizzante “Uomo delinquente/aggressore vs. uomo onesto/aggredito” gioca sempre più un ruolo decisivo. Tale conflitto verrà solo apparentemente “risolto” a partire dal secondo decennio del Novecento dalla cd. “scuola tecnica” del diritto penale o dal cd. “tecnicismo giuridico” di autori come Vincenzo Manzini e Arturo Rocco. La nuova disciplina della legittima difesa proposta nel progetto di codice penale fascista del 1927 prevede in discontinuità netta con il codice liberale Zanardelli, che restava ancorato alla tradizione del moderamen inculpatae tutelae del diritto comune tramite il ricorso al requisito della violenza, un vero e proprio diritto alla legittima difesa (Art. 54 del progetto: «Non è punibile colui che ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio o altrui contro il pericolo attuale di un’offesa grave e ingiusta»). Dopo un’ampia e articolata discussione in cui la magistratura gioca un ruolo degno di nota, il Regime provvederà a modificare il testo del progetto in tema di legittima difesa, in particolare introducendo una clausola di proporzione tra la difesa e l’offesa: così nasce la disciplina dell’art. 52 del codice penale del 1930.

Per una genealogia del diritto alla legittima difesa: da Carrara ai Rocco / D. Siciliano. - In: QUADERNI FIORENTINI PER LA STORIA DEL PENSIERO GIURIDICO MODERNO. - ISSN 0392-1867. - STAMPA. - 35:(2006), pp. 723-847.

Per una genealogia del diritto alla legittima difesa: da Carrara ai Rocco

SICILIANO, DOMENICO
2006

Abstract

Il tema della connessione tra filosofia del diritto naturale e filosofia del diritto e concezioni “miti” o “proporzionate” del diritto da una parte e diritto positivo e concezioni “dure” dall’altra parte è il filo rosso che attraversa questo lungo saggio per i Quaderni fiorentini. La cesura considerata è qui quella tra il pensiero liberale classico della Scuola classica di un autore come Carrara e il pensiero “nuovo”, prima della scuola positivista (qui Fioretti, con aggancio a Ferri), e poi della scuola tecnico giuridico con autori come Rocco e Manzini. Due sono le formazioni discorsive che si affrontano. Da una parte abbiamo il Codice penale toscano del 1853, il codice penale sardo del 1859, la scienza giuridica dominante dell’epoca (Carrara, Pessina etc.) e l’effetto legislativo corrispondente nell’Italia unitaria rappresentato dal Codice Zanardelli del 1889 (teoria della coazione giuridica); dall’altra abbiamo la scienza positivistica (Ferri, Fioretti, Zerboglio), che fa sempre più valere a difesa di una società sempre meno differenziata un diritto alla legittima difesa, in cui la coppia polarizzante “Uomo delinquente/aggressore vs. uomo onesto/aggredito” gioca sempre più un ruolo decisivo. Tale conflitto verrà solo apparentemente “risolto” a partire dal secondo decennio del Novecento dalla cd. “scuola tecnica” del diritto penale o dal cd. “tecnicismo giuridico” di autori come Vincenzo Manzini e Arturo Rocco. La nuova disciplina della legittima difesa proposta nel progetto di codice penale fascista del 1927 prevede in discontinuità netta con il codice liberale Zanardelli, che restava ancorato alla tradizione del moderamen inculpatae tutelae del diritto comune tramite il ricorso al requisito della violenza, un vero e proprio diritto alla legittima difesa (Art. 54 del progetto: «Non è punibile colui che ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio o altrui contro il pericolo attuale di un’offesa grave e ingiusta»). Dopo un’ampia e articolata discussione in cui la magistratura gioca un ruolo degno di nota, il Regime provvederà a modificare il testo del progetto in tema di legittima difesa, in particolare introducendo una clausola di proporzione tra la difesa e l’offesa: così nasce la disciplina dell’art. 52 del codice penale del 1930.
2006
35
723
847
D. Siciliano
File in questo prodotto:
File Dimensione Formato  
siciliano.pdf

Accesso chiuso

Tipologia: Altro
Licenza: Tutti i diritti riservati
Dimensione 604.75 kB
Formato Adobe PDF
604.75 kB Adobe PDF   Richiedi una copia

I documenti in FLORE sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificatore per citare o creare un link a questa risorsa: https://hdl.handle.net/2158/605608
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact