Si tratta dell’ampio saggio pubblicato nel 2008 (Alessandria, dell’Orso) nel volume curato da Bianca Maria Da Rif degli Atti del convegno su Rime e Lettere di Battista Guarini (Padova, 5-6 dicembre 2003), organizzato dal Dipartimento di Italianistica dell’Università di Padova. Esso, auspicando una futura edizione delle Lettere di Battista Guarini, svolge un’articolata e argomentata serie di riflessioni sulla tradizione a stampa di queste, facendo riferimento ai due studi specifici sull’argomento, pur se pubblicati parecchi anni prima, nel 1975 e nel 1982, da Luisa Avellini (il primo scritto con Paolo Pullega), da allora al lavoro intorno alle Lettere: soli disponibili, questi studi, al momento della stesura del saggio, che non si è potuto giovare ovviamente del contributo presentato dalla studiosa al medesimo convegno padovano. Tenuto conto che gli anni intercorsi fra i due più remoti saggi della Avellini fanno registrare l’abbandono dell’iniziale progetto di edizione critica (e poi anastatica) dell’epistolario guariniano per uno nuovo, non di taglio filologico, che lo vedrebbe figurare, pur parzialmente, come capitolo conclusivo di un volume in preparazione sopra L’epistola come istituzione tipografica (abbandonato anch’esso a favore di un ulteriore progetto, giunto a stampa però nel 2009, con la collaborazione di Lara Michelacci e il titolo di Battista Guarini e la retorica dell’altrove politico. Un genere fra epistola, relazione diplomatica e resoconto di viaggio), si cerca, in vista di una tuttavia auspicata edizione non antologica delle Lettere guariniane, di reimpostare l’esame delle edizioni antiche. Tanto più necessario, se si considera che, non essendosi rinvenuto a quanto pare nei fondi manoscritti e autografi sondati da Avellini e Pullega un corpus di lettere scelto e organizzato dall’autore, occorre verificare la tenuta dell’ipotesi (avanzata dai due studiosi) di un’edizione che riveli un progetto autoriale o in cui siano almeno rintracciabili dichiarazioni d’avallo dell’iniziativa editoriale, tra quelle pubblicate in vita dell’autore dal suo «stampatore di fiducia» (così Avellini e Pullega), Giovan Battista Ciotti Senese, affiancato nell’impresa dal curatore e sottoscrittore di dedicatoria e avviso ai lettori, Agostino Michele: questo, pur in assenza di un coinvolgimento guariniano esplicito e anche dopo riconosciuta dalla Avellini la non pertinenza delle due dichiarazioni epistolari del Guarini al Crescenzi, inizialmente addotte a sostegno dell’ipotesi di partecipazione guariniana. Partendo dall’esame attento delle varie edizioni ciottiane di Lettere del Guarini, dalla princeps del 1593, ordinata grossomodo cronologicamente, alla quarta con lettere “sotto capi divise”, del 1598 (peraltro non coerenti l’una con l’altra né rispondenti alla stessa impostazione, bensì inclini a adeguarsi alle proposte di un mercato editoriale sempre più prono alle esigenze dell’utenza, quando non costrette a fare i conti con la difficoltà di reperimento dei materiali) e osservando il particolare settore del libro di lettere in quel volgere di anni, bene illustrati dagli studi di Quondam e della De Maldé, come quelli che segnano l’emancipazione degli autori moderni dalle grandi ‘individualità’ degli anni Quaranta e Cinquanta (Aretino, Bembo, Tolomei) e l’affermazione di un’economia produttiva sempre più orientata verso il dominio del Segretario, tramite il passaggio all’esemplarità tautologica e retorico-linguistica del prontuario per scrivere lettere, si è verificata in che modo e con quali aggiustamenti di tiro risulti svolta l’attività del Ciotti stampatore di epistolari, non limitata alle cure di quello guariniano, e come si inserisca nel disegno generale, ossia con quale grado di consapevolezza da parte dell’editore nelle scelte operate, in rapporto a una situazione estremamente mutevole e concorrenziale. L’analisi della varietà di proposte editoriali del Ciotti circa le Lettere del Guarini uscite vivente l’autore porta, sembra di poter concludere, piuttosto a cogliere attestazioni di certa sua destrezza mimetico-commerciale che non a postulare l’esecuzione fedele o la perspicace messa in atto di un disegno tracciato dall’autore (o da lui approvato), inteso a restituirne un ritratto ideale, che sarebbe stato oltre tutto obsoleto, se rapportato alla temperie profondamente mutata negli anni a cavallo fra Cinque e Seicento, in cui si attesta l’attività dello stampatore senese presa in considerazione.
A proposito di una futura edizione delle "Lettere" di Battista Guarini / C. Molinari. - STAMPA. - (2008), pp. 359-396. (Intervento presentato al convegno Università degli studi di Padova, Dipartimento di Italianistica tenutosi a Padova nel 5-6 dicembre 2003).
A proposito di una futura edizione delle "Lettere" di Battista Guarini
MOLINARI, CARLA
2008
Abstract
Si tratta dell’ampio saggio pubblicato nel 2008 (Alessandria, dell’Orso) nel volume curato da Bianca Maria Da Rif degli Atti del convegno su Rime e Lettere di Battista Guarini (Padova, 5-6 dicembre 2003), organizzato dal Dipartimento di Italianistica dell’Università di Padova. Esso, auspicando una futura edizione delle Lettere di Battista Guarini, svolge un’articolata e argomentata serie di riflessioni sulla tradizione a stampa di queste, facendo riferimento ai due studi specifici sull’argomento, pur se pubblicati parecchi anni prima, nel 1975 e nel 1982, da Luisa Avellini (il primo scritto con Paolo Pullega), da allora al lavoro intorno alle Lettere: soli disponibili, questi studi, al momento della stesura del saggio, che non si è potuto giovare ovviamente del contributo presentato dalla studiosa al medesimo convegno padovano. Tenuto conto che gli anni intercorsi fra i due più remoti saggi della Avellini fanno registrare l’abbandono dell’iniziale progetto di edizione critica (e poi anastatica) dell’epistolario guariniano per uno nuovo, non di taglio filologico, che lo vedrebbe figurare, pur parzialmente, come capitolo conclusivo di un volume in preparazione sopra L’epistola come istituzione tipografica (abbandonato anch’esso a favore di un ulteriore progetto, giunto a stampa però nel 2009, con la collaborazione di Lara Michelacci e il titolo di Battista Guarini e la retorica dell’altrove politico. Un genere fra epistola, relazione diplomatica e resoconto di viaggio), si cerca, in vista di una tuttavia auspicata edizione non antologica delle Lettere guariniane, di reimpostare l’esame delle edizioni antiche. Tanto più necessario, se si considera che, non essendosi rinvenuto a quanto pare nei fondi manoscritti e autografi sondati da Avellini e Pullega un corpus di lettere scelto e organizzato dall’autore, occorre verificare la tenuta dell’ipotesi (avanzata dai due studiosi) di un’edizione che riveli un progetto autoriale o in cui siano almeno rintracciabili dichiarazioni d’avallo dell’iniziativa editoriale, tra quelle pubblicate in vita dell’autore dal suo «stampatore di fiducia» (così Avellini e Pullega), Giovan Battista Ciotti Senese, affiancato nell’impresa dal curatore e sottoscrittore di dedicatoria e avviso ai lettori, Agostino Michele: questo, pur in assenza di un coinvolgimento guariniano esplicito e anche dopo riconosciuta dalla Avellini la non pertinenza delle due dichiarazioni epistolari del Guarini al Crescenzi, inizialmente addotte a sostegno dell’ipotesi di partecipazione guariniana. Partendo dall’esame attento delle varie edizioni ciottiane di Lettere del Guarini, dalla princeps del 1593, ordinata grossomodo cronologicamente, alla quarta con lettere “sotto capi divise”, del 1598 (peraltro non coerenti l’una con l’altra né rispondenti alla stessa impostazione, bensì inclini a adeguarsi alle proposte di un mercato editoriale sempre più prono alle esigenze dell’utenza, quando non costrette a fare i conti con la difficoltà di reperimento dei materiali) e osservando il particolare settore del libro di lettere in quel volgere di anni, bene illustrati dagli studi di Quondam e della De Maldé, come quelli che segnano l’emancipazione degli autori moderni dalle grandi ‘individualità’ degli anni Quaranta e Cinquanta (Aretino, Bembo, Tolomei) e l’affermazione di un’economia produttiva sempre più orientata verso il dominio del Segretario, tramite il passaggio all’esemplarità tautologica e retorico-linguistica del prontuario per scrivere lettere, si è verificata in che modo e con quali aggiustamenti di tiro risulti svolta l’attività del Ciotti stampatore di epistolari, non limitata alle cure di quello guariniano, e come si inserisca nel disegno generale, ossia con quale grado di consapevolezza da parte dell’editore nelle scelte operate, in rapporto a una situazione estremamente mutevole e concorrenziale. L’analisi della varietà di proposte editoriali del Ciotti circa le Lettere del Guarini uscite vivente l’autore porta, sembra di poter concludere, piuttosto a cogliere attestazioni di certa sua destrezza mimetico-commerciale che non a postulare l’esecuzione fedele o la perspicace messa in atto di un disegno tracciato dall’autore (o da lui approvato), inteso a restituirne un ritratto ideale, che sarebbe stato oltre tutto obsoleto, se rapportato alla temperie profondamente mutata negli anni a cavallo fra Cinque e Seicento, in cui si attesta l’attività dello stampatore senese presa in considerazione.I documenti in FLORE sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.