L’assistenza ai malati nelle fasi di fine-vita è una esperienza al contempo dolorosa e ricca di senso. Essa richiede un costante lavoro di elaborazione dei vissuti personali degli operatori, i quali prendono forma nella tensione tra i bisogni individuali di ciascun operatore, ancorati alla sua soggettività e alla sua storia, e i bisogni e le finalità del gruppo dei curanti, che emergono nella relazione con il malato. Dal novembre 2008 al giugno 2009 è stata promossa dal Dipartimento di Psicologia in collaborazione con l’Associazione Lapo una ricerca intervento con l’équipe dell’Unità di Cure Continue della Azienda Sanitaria Firenze-Centro. Sono state raccolte le testimonianze dei sanitari mediante la metodologia dell’intervista in profondità. Le interviste sono state poi sottoposte all’analisi dei contenuti. I dati emersi sono stati raccolti in una serie di contenitori tematici e successivamente restituiti agli operatori mediante incontri di gruppo. Dallo studio è emersa la pesantezza che lavorare in un simile contesto comporta. Un operatore ha detto: “nel nostro lavoro, nelle cure palliative dobbiamo fare un attacco fortissimo e saldo con il paziente ma velocemente e brevemente dobbiamo fare un disinvestimento. Ti rendi conto che fatica!...dobbiamo fare non un’adozione ma una roba terribile per metterci dentro perché è un accudimento grosso quello che facciamo e nell’arco di tre mesi, se ci va bene, un disinvestimento totale, questa è una cosa terribile in più si muove un sacco di roba nostra interna, i nostri lutti, le nostre storie ... è terribile una cosa di questo genere...” Un altro ha rilasciato: “ci investo e quindi poi uno rimane scoperto perché non si può ogni giorno vedere le stesse cose, gente che muore ... è una ruota continua.”Un’infermiera ha riportato: “capitano dei momenti in cui dico basta non ne posso più, da domani non vado più a lavoro...” . Dai temi delle interviste e dalle discussioni di gruppo emerge la minaccia che, sotto la spinta delle forti pressioni emotive che questo modello di assistenza comporta, i problemi professionali finiscano col tracimare e in alcuni casi travolgere altri aspetti della vita degli operatori. Al fine di migliorare la qualità della vita dei medici e degli infermieri impegnati in questo settore è doveroso che gli venga garantito un servizio di supporto e di formazione continua.

Assistere i malati oncologici nel fine vita: riflessi sulla qualità della vita degli operatori / Lauro Grotto R.; Tringali D.; Papini M.; Sicurezza S.. - ELETTRONICO. - (2010), pp. 1-1. (Intervento presentato al convegno Convegno Associazione Italiana per gli Studi sulla Qualità della Vita: Quality of life. Reflections, studies and researches in Italy. tenutosi a Firenze nel 9-10 Settembre 2010).

Assistere i malati oncologici nel fine vita: riflessi sulla qualità della vita degli operatori

LAURO GROTTO, ROSAPIA;
2010

Abstract

L’assistenza ai malati nelle fasi di fine-vita è una esperienza al contempo dolorosa e ricca di senso. Essa richiede un costante lavoro di elaborazione dei vissuti personali degli operatori, i quali prendono forma nella tensione tra i bisogni individuali di ciascun operatore, ancorati alla sua soggettività e alla sua storia, e i bisogni e le finalità del gruppo dei curanti, che emergono nella relazione con il malato. Dal novembre 2008 al giugno 2009 è stata promossa dal Dipartimento di Psicologia in collaborazione con l’Associazione Lapo una ricerca intervento con l’équipe dell’Unità di Cure Continue della Azienda Sanitaria Firenze-Centro. Sono state raccolte le testimonianze dei sanitari mediante la metodologia dell’intervista in profondità. Le interviste sono state poi sottoposte all’analisi dei contenuti. I dati emersi sono stati raccolti in una serie di contenitori tematici e successivamente restituiti agli operatori mediante incontri di gruppo. Dallo studio è emersa la pesantezza che lavorare in un simile contesto comporta. Un operatore ha detto: “nel nostro lavoro, nelle cure palliative dobbiamo fare un attacco fortissimo e saldo con il paziente ma velocemente e brevemente dobbiamo fare un disinvestimento. Ti rendi conto che fatica!...dobbiamo fare non un’adozione ma una roba terribile per metterci dentro perché è un accudimento grosso quello che facciamo e nell’arco di tre mesi, se ci va bene, un disinvestimento totale, questa è una cosa terribile in più si muove un sacco di roba nostra interna, i nostri lutti, le nostre storie ... è terribile una cosa di questo genere...” Un altro ha rilasciato: “ci investo e quindi poi uno rimane scoperto perché non si può ogni giorno vedere le stesse cose, gente che muore ... è una ruota continua.”Un’infermiera ha riportato: “capitano dei momenti in cui dico basta non ne posso più, da domani non vado più a lavoro...” . Dai temi delle interviste e dalle discussioni di gruppo emerge la minaccia che, sotto la spinta delle forti pressioni emotive che questo modello di assistenza comporta, i problemi professionali finiscano col tracimare e in alcuni casi travolgere altri aspetti della vita degli operatori. Al fine di migliorare la qualità della vita dei medici e degli infermieri impegnati in questo settore è doveroso che gli venga garantito un servizio di supporto e di formazione continua.
2010
Quality of life. Reflections, studies and researches in Italy.
Convegno Associazione Italiana per gli Studi sulla Qualità della Vita: Quality of life. Reflections, studies and researches in Italy.
Firenze
Lauro Grotto R.; Tringali D.; Papini M.; Sicurezza S.
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