Le grandi politiche pubbliche e la complessa legislazione concernente la casa evidenziano come tra i compiti dello Stato vi sia anche la cura degli interessi pubblici relativi alla soddisfazione del bisogno di abitazioni a basso costo. Tale esigenza riguarda principalmente i ceti che si trovano in prossimità della soglia di povertà, condizione in leggero ma costante aumento anche negli anni contemporanei (Pozzo, 2004). In Italia, le politiche pubbliche sulla casa e la legislazione sull’edilizia residenziale pubblica (d’ora in poi anche ERP) hanno una lunga tradizione, iniziata nel corso del XX Secolo . Le condizioni che fecero emergere il bisogno di abitazioni urbane sono fortemente connesse al mutamento economico e produttivo italiano. Esse iniziarono a modificarsi a partire dal 1880 circa, con notevole ritardo rispetto ad altri Stati europei. Inizialmente, infatti, le principali preoccupazioni dei governi italiani furono di agganciare il Paese allo sviluppo industriale già in corso in altre parti d’Europa e, soprattutto, di raggiungere il pareggio di bilancio (Minelli, 2004, p. 92). Sempre negli ultimi venti anni del XIX Secolo, proprio in concomitanza con l’avvio del processo di industrializzazione e di urbanizzazione, iniziò il dibattito sul problema delle abitazioni per le classi più popolari e i ceti meno abbienti (Domenichelli, 1984). Inizialmente, gli operai e le plebi urbane potevano sperare di ottenere un’abitazione solo nei quartieri più poveri e degradati dei centri cittadini, dove i canoni d’affitto erano più contenuti ma le condizioni umane e igieniche di vita erano precarie. A livello normativo la questione fu affrontata con la legge n. 254 del 31 maggio 1903 (cosiddetta Legge Luzzatti) e con il successivo regolamento n. 164 del 24 aprile 1904, completato poi dal Testo unico sulle case popolari ed economiche n. 89 del 27 febbraio 1908 e dal regolamento n. 528 del 12 agosto 1908 . Il regolamento prevedeva che la determinazione dei canoni di affitto delle case popolari fosse calcolato come prezzo pubblico superiore o uguale al costo del servizio. I consigli di amministrazione degli Istituti per le case popolari avevano infatti l’obbligo di assicurare l’autosufficienza economica di esercizio, la redditività dei bilanci e l’economicità della gestione amministrativa (Calabi, 1995). Questo obbligo è rimasto in vigore fino all’emanazione del D.P.R. 23 maggio 1964, n. 655 che ha trasformato gli Istituti Autonomi per le Case Popolari (IACP) in enti di assistenza e beneficenza, introducendo affitti “politici” calcolati al di sotto del costo di erogazione del servizio (Galbiati, 1979). Fino al D.P.R. 665/1965 dunque la determinazione degli affitti non poteva prescindere da un’attenta tenuta di una contabilità analitica per ciascuna commessa (Antonelli et al., 2009). In Pistoia, nel 1908, si costituisce la Società Anonima Cooperativa Case Popolari di Pistoia per la costruzione di case popolari . Questa esperienza può considerarsi pionieristica e, al tempo stesso, originale, collocandosi nel settore dell’iniziativa privata ma con fini mutualistici e sociali. Essa precede l’intervento pubblico che si concretizzò solamente nel 1913 con la costituzione dell’Istituto Autonomo per le Case Popolari di Pistoia fondato dall’Amministrazione Comunale. Le due realtà si fusero poi nel 1915. Dal 1912 al 1938, la Cooperativa e l’Istituto costruirono 104 alloggi, dei quali 72, suddivisi in 7 blocchi, in via Cammelli (Beneforti, Ottanelli, 2012, pp. 20-23). L’obiettivo della ricerca è quindi esaminare le rilevazioni analitiche della Cooperativa, dell’Istituto e della realtà nata dalla loro fusione relative alla costruzione delle unità abitative tra il 1912 ed il 1938 al fine di evidenziarne le modalità di tenuta, il livello di approfondimento e di sviluppo, nonché il loro utilizzo nell’ambito della determinazione dei canoni di affitto.

Lo sviluppo della contabilità analitica nelle aziende di edilizia residenziale pubblica. Il caso pistoiese (1912-1938) / Elena Gori; Silvia Fissi; Alberto Romolini. - ELETTRONICO. - (2013), pp. 715-731. (Intervento presentato al convegno XII Conegno Nazionale della Società Italiana di Storia della Ragioneria tenutosi a Parma nel 28-29 novembre 2013).

Lo sviluppo della contabilità analitica nelle aziende di edilizia residenziale pubblica. Il caso pistoiese (1912-1938)

GORI, ELENA;FISSI, SILVIA;ROMOLINI, ALBERTO
2013

Abstract

Le grandi politiche pubbliche e la complessa legislazione concernente la casa evidenziano come tra i compiti dello Stato vi sia anche la cura degli interessi pubblici relativi alla soddisfazione del bisogno di abitazioni a basso costo. Tale esigenza riguarda principalmente i ceti che si trovano in prossimità della soglia di povertà, condizione in leggero ma costante aumento anche negli anni contemporanei (Pozzo, 2004). In Italia, le politiche pubbliche sulla casa e la legislazione sull’edilizia residenziale pubblica (d’ora in poi anche ERP) hanno una lunga tradizione, iniziata nel corso del XX Secolo . Le condizioni che fecero emergere il bisogno di abitazioni urbane sono fortemente connesse al mutamento economico e produttivo italiano. Esse iniziarono a modificarsi a partire dal 1880 circa, con notevole ritardo rispetto ad altri Stati europei. Inizialmente, infatti, le principali preoccupazioni dei governi italiani furono di agganciare il Paese allo sviluppo industriale già in corso in altre parti d’Europa e, soprattutto, di raggiungere il pareggio di bilancio (Minelli, 2004, p. 92). Sempre negli ultimi venti anni del XIX Secolo, proprio in concomitanza con l’avvio del processo di industrializzazione e di urbanizzazione, iniziò il dibattito sul problema delle abitazioni per le classi più popolari e i ceti meno abbienti (Domenichelli, 1984). Inizialmente, gli operai e le plebi urbane potevano sperare di ottenere un’abitazione solo nei quartieri più poveri e degradati dei centri cittadini, dove i canoni d’affitto erano più contenuti ma le condizioni umane e igieniche di vita erano precarie. A livello normativo la questione fu affrontata con la legge n. 254 del 31 maggio 1903 (cosiddetta Legge Luzzatti) e con il successivo regolamento n. 164 del 24 aprile 1904, completato poi dal Testo unico sulle case popolari ed economiche n. 89 del 27 febbraio 1908 e dal regolamento n. 528 del 12 agosto 1908 . Il regolamento prevedeva che la determinazione dei canoni di affitto delle case popolari fosse calcolato come prezzo pubblico superiore o uguale al costo del servizio. I consigli di amministrazione degli Istituti per le case popolari avevano infatti l’obbligo di assicurare l’autosufficienza economica di esercizio, la redditività dei bilanci e l’economicità della gestione amministrativa (Calabi, 1995). Questo obbligo è rimasto in vigore fino all’emanazione del D.P.R. 23 maggio 1964, n. 655 che ha trasformato gli Istituti Autonomi per le Case Popolari (IACP) in enti di assistenza e beneficenza, introducendo affitti “politici” calcolati al di sotto del costo di erogazione del servizio (Galbiati, 1979). Fino al D.P.R. 665/1965 dunque la determinazione degli affitti non poteva prescindere da un’attenta tenuta di una contabilità analitica per ciascuna commessa (Antonelli et al., 2009). In Pistoia, nel 1908, si costituisce la Società Anonima Cooperativa Case Popolari di Pistoia per la costruzione di case popolari . Questa esperienza può considerarsi pionieristica e, al tempo stesso, originale, collocandosi nel settore dell’iniziativa privata ma con fini mutualistici e sociali. Essa precede l’intervento pubblico che si concretizzò solamente nel 1913 con la costituzione dell’Istituto Autonomo per le Case Popolari di Pistoia fondato dall’Amministrazione Comunale. Le due realtà si fusero poi nel 1915. Dal 1912 al 1938, la Cooperativa e l’Istituto costruirono 104 alloggi, dei quali 72, suddivisi in 7 blocchi, in via Cammelli (Beneforti, Ottanelli, 2012, pp. 20-23). L’obiettivo della ricerca è quindi esaminare le rilevazioni analitiche della Cooperativa, dell’Istituto e della realtà nata dalla loro fusione relative alla costruzione delle unità abitative tra il 1912 ed il 1938 al fine di evidenziarne le modalità di tenuta, il livello di approfondimento e di sviluppo, nonché il loro utilizzo nell’ambito della determinazione dei canoni di affitto.
2013
Ragioneria e accounting tra XIX e XX secolo: profili evolutivi e concettuali a confronto
XII Conegno Nazionale della Società Italiana di Storia della Ragioneria
Parma
28-29 novembre 2013
Elena Gori; Silvia Fissi; Alberto Romolini
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