La littera antiqua dei due copisti fiorentini più abili del secondo Quattrocento, Antonio Sinibaldi e il suo allievo Alessandro da Verrazzano, presenta affinità così marcate da renderla emblematica delle difficoltà di distinguere due mani quasi identiche. Ai fini dell’expertise, più che un’indagine codicologica di tipo quantitativo, risulta determinante l’analisi morfologico-stilistica della scrittura: entrambi i copisti innovarono la norma poggiana dell’antiqua puntando su una variatio attuata mediante l’introduzione e il recupero di molteplici elementi antiquari – forse attinti direttamente dai codici presenti nelle raccolte medicee; comunque già attestati nella tradizione fiorentina e ben noti ad Antonio di Mario. La principale differenza tra i due copisti risiede nel loro campionario grafico ‘particolare’: meno ricco e sobriamente adoperato quello di Sinibaldi, più esteso e spesso ostentato quello di Verrazzano. Verrazzano intensificò la trasformazione calligrafica dell’antiqua avviata da Sinibaldi fino a realizzare una sorta di ‘barocco grafico’; gli esiti di quella nuova interpretazione estetica della littera poggiana, che può essere intesa come un’audace e personale risposta all’avanzata della stampa, furono opposti a quelli prodotti dalla stilizzazione tonda dell’antiqua, diffusasi in Italia negli stessi anni e destinata ad affermarsi incontrastata nel Cinquecento.

Una scrittura, due mani. Antonio Sinibaldi o Alessandro da Verrazzano? / REGNICOLI L.. - In: MEDIOEVO E RINASCIMENTO. - ISSN 0394-7858. - STAMPA. - 26 ns.:(2012), pp. 253-289.

Una scrittura, due mani. Antonio Sinibaldi o Alessandro da Verrazzano?

REGNICOLI, LAURA
2012

Abstract

La littera antiqua dei due copisti fiorentini più abili del secondo Quattrocento, Antonio Sinibaldi e il suo allievo Alessandro da Verrazzano, presenta affinità così marcate da renderla emblematica delle difficoltà di distinguere due mani quasi identiche. Ai fini dell’expertise, più che un’indagine codicologica di tipo quantitativo, risulta determinante l’analisi morfologico-stilistica della scrittura: entrambi i copisti innovarono la norma poggiana dell’antiqua puntando su una variatio attuata mediante l’introduzione e il recupero di molteplici elementi antiquari – forse attinti direttamente dai codici presenti nelle raccolte medicee; comunque già attestati nella tradizione fiorentina e ben noti ad Antonio di Mario. La principale differenza tra i due copisti risiede nel loro campionario grafico ‘particolare’: meno ricco e sobriamente adoperato quello di Sinibaldi, più esteso e spesso ostentato quello di Verrazzano. Verrazzano intensificò la trasformazione calligrafica dell’antiqua avviata da Sinibaldi fino a realizzare una sorta di ‘barocco grafico’; gli esiti di quella nuova interpretazione estetica della littera poggiana, che può essere intesa come un’audace e personale risposta all’avanzata della stampa, furono opposti a quelli prodotti dalla stilizzazione tonda dell’antiqua, diffusasi in Italia negli stessi anni e destinata ad affermarsi incontrastata nel Cinquecento.
2012
26 ns.
253
289
REGNICOLI L.
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