Il settore forestale nella programmazione 2014-2020 dello sviluppo rurale
b Università di Padova, Dipartimento Territorio e Sistemi Agro-Forestali
Introduzione
Una Politica Agricola Comunitaria (Pac)
che si basa su un primo pilastro più verde e su un secondo pilastro
orientato alla competitività, al contenimento dei cambiamenti climatici e
alla conservazione dell’ambiente è una politica che, in linea di
principio, dovrebbe trovare nel settore forestale un campo prioritario
di intervento. Meglio che in altri campi di azione politica, un
intervento nel settore forestale può legittimare la Pac
di fronte ai cittadini europei, remunerando adeguatamente fondamentali
servizi pubblici forniti alla comunità (fissazione di carbonio, tutela
della biodiversità, regolazione del ciclo dell’acqua, miglioramento del
paesaggio, …). Nello stesso tempo un settore forestale più competitivo
può dare un contributo notevole alla bio-based economy valorizzando il legname e i prodotti non legnosi (sughero, resine, …) nello sviluppo del green building, della bio-energia, dei nuovi prodotti impiegati nell’industria chimica, alimentare, tessile e farmaceutica.
La programmazione 2007-13 dello sviluppo rurale
aveva già colto queste potenzialità dando un ruolo significativo alle
misure forestali: a livello di Unione Europea (UE) i fondi pubblici
allocati al settore forestale nella fase iniziale della programmazione si attestavano attorno al 14-16%1 della spesa pubblica complessiva per i Piani di Sviluppo Rurale (Psr), una crescita significativa rispetto al 9,7% della precedente programmazione 2000-06 (Maso e Pettenella, 2009).
Alla luce di queste considerazioni, nelle pagine che seguono vengono analizzati per sommi capi i risultati della programmazione
2007-13 nel settore forestale e le ragioni degli scarsi risultati
ottenuti. Dopo avere richiamato i principali cambiamenti in atto nel
mercato e nelle politiche europee di sviluppo del settore forestale,
sono evidenziati gli elementi innovativi della prossima programmazione dello sviluppo rurale.
Nelle conclusioni vengono analizzati i principali aspetti critici di
impostazione degli interventi forestali nell’ambito delle politiche di sviluppo rurale.
Un quadro di sintesi dei risultati delle Misure forestali nei Psr 2007-2013
Nel complesso della programmazione 2007-2013, come a livello internazionale, anche su scala nazionale, il peso finanziario delle misure forestali è aumentato rispetto al periodo di programmazione precedente. La spesa programmata all’inizio del periodo nei 21 Psr dell’Italia si è attestata a 2.414,32 milioni di euro, pari al 14,3% della spesa totale programmata dai Psr. Tuttavia, nel corso della programmazione, per vari motivi, non ultimo la difficoltà di impegnare e spendere le risorse destinate al settore forestale, ci sono state continue rimodulazioni che hanno spostato fondi da questo settore a quello agricolo. Allo stato attuale (dati al 31.12.2012), le risorse complessivamente destinate alle misure forestali sono poco più del 10% nelle Regioni competitività e 14% circa nelle Regioni convergenza (Figure 1 e 2), con una media nazionale che si attesta sul 12%.
Figura 1 - Rapporto tra spesa programmata Psr e spesa programmata per misure forestali (Regioni competitività, dati in %)
Fonte: Psr regionali e Relazioni Annuali di Attuazione (Rae); dati al 31/12/2012
Figura 2 - Rapporto tra spesa programmata Psr e spesa programmata per misure forestali (Regioni convergenza e phasing out, dati in %)
Fonte: Psr regionali e Relazioni Annuali di Attuazione (Rae); dati al 31/12/2012
La motivazione principale che ha spinto le
Regioni a rimodulare la spesa prevista per le misure forestali è quella
di limitare il rischio di disimpegno, dovuto alla scarsa capacità di
spesa, ma soprattutto lo scarso “tiraggio” delle misure stesse, in
particolare quelle dell’Asse 2, come la 224 (indennità Natura 2000), la
225 (pagamenti silvo-ambientali) e, solo per quanto riguarda i nuovi
impianti, la misura 223 (imboschimento). Va detto che, almeno con
riferimento alle due misure più innovative (224 e 225), una simile
situazione fosse ampiamente prevedibile già nella fase di programmazione
degli interventi: si tratta di misure nuove, mai adottate prima e
pertanto difficili da attuare sia da parte dei beneficiari che da quella
delle autorità di gestione.
Volendo analizzare il rapporto tra la spesa programmata e quella
effettuata (figure 3 e 4 - dati al 31.3.2013), si osserva che per le
misure forestali si è investito mediamente il 49% del programmato. Il
dato non si discosta molto dalla media relativa a tutte le misure, che
si aggira (alla stessa data) sul 53,8%, con significative differenze tra
le Regioni competitività (56,6%) e quelle convergenza (49,8%).
Figura 3 - Rapporto tra spesa programmata e pagamenti per misure forestali (Regioni competitività, dati in %)
Fonte: Psr regionali e Relazioni Annuali di Attuazione (Rae); dati al 31/12/2012
Figura 4 - Rapporto tra spesa programmata e pagamenti per misure forestali (Regioni convergenza e phasing out, dati in %)
Fonte: Psr regionali e Relazioni Annuali di Attuazione (Rae); dati al 31/12/2012
Andando ad analizzare l’avanzamento delle singole misure forestali (Figura 5) si osserva una certa disomogeneità. In media la spesa per le misure dell’Asse 1 ha raggiunto il 45% del programmato, mentre è un po’ più alta per le misure dell’Asse 2 (48% del programmato).
Figura 5 - Rapporto tra spesa programmata e pagamenti per misure forestali (dati in %)
Fonte: Psr regionali e Relazioni Annuali di Attuazione (Rae); dati al 31/12/2012
Le misure più efficienti in termini di spesa
sono la 221 (imboschimento), per la quale però va detto che una buona
parte della spesa è rappresentata da trascinamenti2,
la 226 (ricostituzione del potenziale forestale e interventi
preventivi), che però viene spesso attuata da enti pubblici, la 122
(accrescimento del valore economico delle foreste) e la 123
(accrescimento del valore aggiunto dei prodotti agricoli e forestali).
Per le altre misure ci sono stati gravi problemi di impegno della spesa
programmata, anche dopo le pesanti rimodulazioni (per molte misure è
stato ridotto il budget iniziale) effettuate dalle Regioni nel corso del 2012.
Le misure più arretrate in termini di spesa sono quelle dell’Asse 2, in
particolare la misura 222 (sistemi agroforestali), la 224 (pagamenti
per interventi silvo-ambientali) e la 223 (imboschimento di superfici
non agricole). Nell’Asse 2 la misura 124 (cooperazione per lo sviluppo
di nuovi prodotti) risulta quella con minore avanzamento della spesa ma,
essendo una misura che riguarda sia il settore forestale che quello
agricolo, l’avanzamento della componente forestale della misura stessa è
frutto di una stima.
Le ragioni della scarsa efficienza della spesa
È ovviamente non semplice capire quali problemi incontri l’attuazione delle misure; ogni Regione
fa caso a sé e ogni misura è diversa dalle altre. Stupisce però che
problemi legati alla capacità di spesa si siano verificati anche per
misure “tradizionali” quali l’imboschimento delle superfici agricole o
l’accrescimento del valore economico delle foreste. Nell’editoriale
della principale rivista tecnico-divulgativa del settore, Mori (2011),
citando un sondaggio organizzato dalla della rivista a cui avevano
risposto 368 tecnici, riportava che ben il 43,5% indicava nel carico
burocratico il principale ostacolo all’adesione e il 15,2% segnalava la
scarsità degli incentivi economici per i tecnici progettisti. Questi
sicuramente rappresentano ostacoli importanti, tuttavia altri elementi
sono entrati in gioco per limitare la capacità di spesa delle Regioni.
Per quanto riguarda le compensazioni silvo-ambientali (225) un ruolo
fondamentale sembra aver giocato, come già accennato, la complessità
della misura, sia in fase di programmazione
che nella sua attuazione. Fin dall’iniziale fase di definizione
dell’ammontare delle compensazioni silvo-ambientali, infatti, molte
Regioni hanno avuto problemi. Le proposte portate alla Commissione europea
nella fase di negoziazione (pagamenti silvo-ambientali principalmente
orientati alla promozione di attività selvicolturali a basso impatto
ambientale) sono state rifiutate a causa della mancanza di un quadro
legislativo nazionale chiaro sul “baseline”. Mancava cioè, almeno nella visione della Commissione europea,
una chiara definizione di quali fossero le pratiche selvicolturali
obbligatorie e risultava quindi impossibile definire gli impegni
aggiuntivi della misura silvo-ambientale. Questo problema è stato in
parte risolto con la pubblicazione del documento tecnico “Criteri e
buone pratiche di gestione forestale - baseline per l’attuazione della misura silvo-ambientale” (Romano et al., 2009) predisposto dalla Rete Rurale Nazionale e successivamente approvato in Conferenza Stato-Regioni. Tuttavia, forse perché ormai la programmazione
era avviata, la maggior parte delle Regioni non ha ritenuto opportuno
riproporre la misura o formulare nuove misure di tipo silvo-ambientale,
con il risultato che l’applicazione della misura è pressoché nulla.
Oltre alla misura sulle compensazioni silvo-ambientali, le situazioni
più critiche si riscontrano per la misura di imboschimento dei terreni
non agricoli e per la misura di interventi agro-forestali. Nel primo
caso lo scarso interesse è sicuramente dovuto al livello dei premi
(piuttosto basso se confrontato alla misura relativa alle piantagioni in
terreni agricoli) e alla limitata disponibilità di terreni non
agricoli. Nel secondo caso c’è una definizione degli interventi
ammissibili che limita molto l’applicazione della misura, infatti non
sono ammessi interventi su terreni forestali ma solo su terreni agricoli
al momento della domanda (questo limite verrà in parte superato con la
nuova programmazione).
Va tenuto presente che i problemi di implementazione delle misure
forestali non sono esclusivamente delle Regioni italiane. Anche negli
altri paesi dell’UE, in contrasto con obiettivi programmatici
relativamente ambiziosi, la capacità ed efficienza di spesa per le
misure forestali, ben più che in altri campi di intervento delle
politiche di sviluppo rurale, si sono dimostrate lacunose.
Un recente rapporto della Corte dei Conti europea sulla spesa per le
misure forestali (Eca, 2013) è stato molto critico. Analizzando in
particolare la spesa (534 milioni euro) per la Misura 122 volta al
miglioramento economico delle foreste (l’unica misura specifica per il
settore forestale nell’Asse 1), la Corte conclude che “the Commission
and the Member States did not manage the audited aspects of the support
for the improvement of the economic value of forests efficiently and
effectively”. La Corte in particolare ha criticato la vacuità degli
obiettivi, le modalità di predisposizione delle misure, la scarsa
attività di monitoraggio,
gli inadeguati effetti degli investimenti. Già nel 2005 la Corte aveva
pesantemente criticato la Commissione e gli Stati membri per
l’inefficienza della spesa pubblica nel settore (CA, 2005). Va, tuttavia, riconosciuto che la valutazione
delle misure forestali viene effettuata con un approccio creato per
quelle agricole e, quindi, non sempre adeguato a cogliere gli impatti di
lungo periodo e indiretti degli investimenti forestali, come peraltro
già evidenziato dalla Direzione Generale Agricoltura in un recente
rapporto (Öir et al., 2012).
L’evoluzione recente del quadro del mercato e delle politiche
Le condizioni generali del mercato del
forestale sono state soggette negli ultimi due decenni ad una profonda
trasformazione che, per evidenti fattori di inerzia legati ai tempi
biologici dei boschi, alla rigidità dell’organizzazione fondiaria e
delle istituzioni, non sempre sono riuscite ad essere tradotte in
adeguate politiche di sviluppo (Cesaro et al., 2013).
I consumi nel principale settore finale d’impiego del legname (quello
della filiera paste-carta-cartotecnica-imballaggi) sono strutturalmente
in diminuzione a seguito dell’informatizzazione nei sistemi di raccolta e
diffusione delle informazioni, della riduzione del packaging e
della pubblicità su supporto cartaceo. All’opposto l’impiego energetico
delle biomasse legnose ha visto una crescita estremamente significativa:
il legname rappresenta la principale fonte di energia rinnovabile in
Europa (Mantau et al., 2010) e la politica dell’UE nel settore,
in applicazione della Dir . 28/2009 (gli obiettivi “20-20-20”),
consoliderà questa posizione. Una dinamica espansiva caratterizza anche
il settore delle costruzioni in legno (anche nell’attuale congiuntura
economica), mentre tengono i consumi di legname in altri settori.
A questa crescita complessiva dei consumi, che dovrebbe accentuarsi con
l’uscita dalla crisi economica, non è corrisposta una crescita
dell’offerta di legname dai boschi dell’UE. Fenomeni di
estensivizzazione e di abbandono gestionale si sono andati rafforzando,
soprattutto nel sud dell’Europa e nelle aree montane. Le difficoltà, al
di là delle affermazioni di principio, nell’implementare sistemi di pagamento per i servizi ambientali delle foreste, come già evidenziato nell’analisi delle misure silvo-ambientali nella programmazione
2007-2013, non compensano il calo di motivazioni alla gestione attiva
da parte dei proprietari forestali europei e italiani in particolare.
In questo contesto una idea-guida che emerge dalla discussione in sede europea (Unece-Fao, 2010 e 2013) è la “wood mobilization”,
concetto che potrebbe essere tradotto come “attivazione dei prelievi di
legname”. Questa politica nasce dalla constatazione che lo stock di biomassa
nei boschi europei sta crescendo ad un tasso molto superiore a quello
dei prelievi, mentre l’Europa sta aumentando la dipendenza da paesi
extra-europei per i propri consumi di legname. Altre considerazioni
relative all’invecchiamento dei boschi, e quindi alla loro maggiore
vulnerabilità ai rischi naturali, offrono buoni spunti per sostenere una
politica di wood mobilization.
Evidentemente la tematica centrale in Europa, e ancor più in Italia,
non è più quella dell’espansione delle foreste, linea di
intervento-chiave nell’impostazione delle politiche forestali nel
processo di riforma della Pac
degli anni ’90, ma quella della valorizzazione economica delle risorse
esistenti. Ciò si traduce, in una realtà caratterizzata da una
progressiva difficoltà dei proprietari alla gestione diretta, in una
diversificazione del target dei beneficiari: associazioni di
proprietari, imprese di servizio, aziende di utilizzazione boschiva,
progettisti. La diversificazione riguarda anche gli strumenti delle
politiche, dove gli accordi contrattuali proprietari-gestori, i sistemi
di pagamento per i servizi ambientali, le innovazioni nei modelli organizzativi, di marketing e comunicazione acquistano un ruolo fondamentale.
Tali idee sono ben rappresentate nel recente documento relativo alla strategia forestale europea predisposto dalla Commissione europea
(EC, 2013) che, nell’evidenziare la necessità di aumentare l’efficienza
del sistema coprendo la domanda interna di prodotti e servizi
ambientali, sottolinea l’utilità di un approccio “a cascata” nella
valorizzazione economica del legname seguendo le seguenti priorità:
prodotti legnosi a lungo ciclo di vita, ri-utilizzo, riciclo e, da
ultimo, bioenergia e discarica. Interessante il fatto che la strategia
concilia la produzione di legname con la fissazione di gas serra
affermando, con l’adozione di un approccio “Ciclo di vita dei prodotti”
(Pilati, 2004), la necessità di una piena considerazione del carbonio
immagazzinato nei prodotti legnosi e non soltanto di quello presente
negli ecosistemi forestali3. Secondo il documento della CE i Psr sono gli strumenti fondamentali non solo per la valorizzazione economica delle risorse forestali nello sviluppo rurale, ma anche della biodiversità forestale4.
Le novità della programmazione 2014-2020
Nello luglio 2013 il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione europea hanno finalmente raggiunto un accordo sulla nuova Pac. La nuova programmazione 2014-2020 introduce alcune rilevanti innovazioni, sia nel primo che, soprattutto, nel secondo pilastro. Le innovazioni rispetto al periodo precedente sono riassumibili in tre punti principali:
- la più equa distribuzione dei pagamenti diretti tra i Paesi e tra le Regioni europee,
- un maggiore orientamento al mercato con l’allocazione di nuove risorse alle filiere produttive,
- un maggiore peso alle misure climatico-ambientali, con l’obiettivo di promuovere la sostenibilità e combattere i cambiamenti climatici. Più di cento miliardi di euro verranno destinati nella prossima programmazione alle misure indirizzate alla mitigazione/riduzione dei cambiamenti climatici, alla conservazione della biodiversità, del suolo e delle acque.
Per quello che riguarda il settore forestale una novità rilevante, anche se ancora non completamente chiarita, riguarda il greening. Si tratta di un obbligo introdotto per alcuni degli agricoltori che beneficiano dei pagamenti diretti - in particolare per le aziende a seminativo
al di sopra di una certa dimensione - di destinare parte della
superficie agricola dell’azienda a pratiche di estensivizzazione
dell’attività agricola. Per accedere a tale pagamento,
gli agricoltori devono rispettare sui loro terreni ammissibili tre
pratiche agricole migliorative per il clima e l'ambiente: la
diversificazione delle colture, il mantenimento dei prati permanenti e
il mantenimento o la creazione di aree di interesse ecologico.
L’impegno relativo al mantenimento o creazione di aree di interesse ecologico (Ecological Focus Area –
Efa) ha possibili collegamenti con il settore forestale; in tali aree,
infatti, possono essere realizzate zone di ripopolamento per la fauna
selvatica, filari alberati, boschetti. Tuttavia non è possibile al
momento stimare se la componente forestale del greening sarà rilevante o meno: intanto va detto che le piccole aziende (con meno di 15 ettari a seminativo)
sono esonerate dall’obbligo di creare o mantenere le Efa, inoltre, per
le grandi aziende, la percentuale di superficie da destinare alle Efa
sarà pari al 5% della superficie a seminativo fino al 2017, poi potrà aumentare – su decisione della Commissione Europea, al 7%. Tuttavia la decisione di che cosa potrà nella pratica essere considerato Efa, spetta allo Stato Membro e al momento non si ha ancora certezza di quali superfici forestali potranno essere assimilate alle Efa.
Sul fronte dello sviluppo rurale, considerando la proposta di Regolamento della Commissione del 20 giugno 2013, si riscontrano alcune novità, in un quadro di continuità con le misure della programmazione attuale: (a) nell’ambito del quadro strategico per lo sviluppo rurale
viene attribuito al settore forestale una chiara funzione ambientale;
le misure forestali dovranno infatti rispondere principalmente alle
priorità 4 “Ripristinare, preservare, e migliorare gli ecosistemi” e 5
“Gestione efficiente delle risorse e cambiamento climatico”; la priorità
2 “Aumentare la competitività” è infatti – nelle proposte della
Commissione – riservata al solo settore agricolo5;
(b) La possibilità di accesso alle misure da parte di nuove tipologie
di beneficiari: per la misura imboschimento (art. 23) si apre alle
foreste di proprietà statale; anche la misura agroselvicoltura (art. 24)
viene modificata prevedendo la possibilità di accesso da parte di
proprietari forestali (non solo aziende agricole) e la possibilità di
attuarla oltre che su superfici agricole anche su superfici boscate; (c)
per i miglioramenti forestali (art 26) l’ammissibilità viene estesa
alle società di diritto privato (per esempio le organizzazioni non
governative) e alle aree forestali di proprietà statale se gestite da
organismi indipendenti dal budget dello Stato (per esempio
Aziende autonome come presenti in Austria, Polonia, Croazia, …); (d) le
compensazioni per le aree Natura 2000 sono allargate anche a quelle
interessate alla Direttiva
“Acque” 60/2000; l’importo delle compensazioni rimane legato al
principio dei costi addizionali e il contributo potrà essere erogato
anche ad associazioni di proprietari forestali privati e, in casi
chiaramente motivati, anche ad altre categorie di proprietari; (e) nel
caso di investimenti nella trasformazione e commercializzazione
(art. 27), l’ammissibilità è estesa anche alle piccole-medie imprese
(attualmente potevano accedere solo le microimprese); (f) le misure
forestali ambientali (art. 35) potranno essere attuate anche su
superfici forestali di proprietà statale; (g) la presenza di un piano di
gestione valido diviene un vincolo generalizzato per l’accesso a quasi
tutte le misure; (h) i costi per la realizzazione dei piani di gestione
forestale potranno essere coperti dalla misura sulla cooperazione (art.
36) nel caso di piani che riguardino almeno due proprietà forestali. Per
i piani relativi ad una sola proprietà dovrebbe esserci la possibilità
di finanziamento con l’articolo 46 (investimenti).
Un elemento di particolare interesse della nuova programmazione di sviluppo rurale riguarda l’associazionismo forestale. Infatti, sebbene non esista nelle proposte di regolamento
una specifica misura per l’associazionismo forestale, esiste però,
nella proposta della Commissione, una misura che riguarda la
cooperazione (art. 36). L’articolo 36 prevede il supporto per forme di
cooperazione che coinvolgano almeno due soggetti e che siano indirizzate
al raggiungimento degli obiettivi e delle priorità dello sviluppo rurale
operando nel settore alimentare o forestale. Gli interventi
programmabili sulla base dell’articolo 36 possono riguardare varie
attività: sviluppo di nuovi processi, prodotti e tecnologie,
cooperazione orizzontale e verticale per la creazione di piattaforme
logistiche, filiere corte, filiere energetiche, redazione di piani di
gestione o strumenti simili. Una questione importante riguarda i
prerequisiti per l’adesione alla misura: il supporto previsto
dall’articolo 36 va esclusivamente alle cooperative o alle reti
neo-formate; non possono essere finanziate attività preesistenti. Il
supporto pubblico dovrebbe coprire gli studi di fattibilità,
l’animazione territoriale, i costi di gestione, i costi diretti legati
alla implementazione di un business plan e i costi delle attività di promozione.
Conclusioni
Come nelle fasi di impostazione degli interventi dello sviluppo rurale
delle programmazioni 2000-06 e 2007-13, siamo in presenza di un quadro
generale favorevole per una decisa e sempre più ampia azione di sostegno
del settore forestale.
Di una più incisiva azione di rilancio del settore c’è sicuramente bisogno, soprattutto in Italia6.
Quanto all’andamento dell’offerta di servizi pubblici, le carenze nel
sistema di contabilità ambientale non ci permettono di definire gli
andamenti recenti, mentre per quello che riguarda le produzioni
commerciali gli ultimi dati statistici sui prelievi dai boschi italiani
segnalano un minimo storico e una crescente componente di legna da
ardere sul totale (69% dei prelievi), segno che, a fronte di una superficie forestale
che negli ultimi 50 anni è raddoppiata, i prelievi sono diminuiti in
quantità e qualità. Tagliamo poco e quel poco è costituito da una
produzione di assortimenti (legna da ardere, cippato, materiale per
imballaggi, paleria) che crea poco valore aggiunto
e occupazione. “Bruciamo” legno, in senso reale ma anche metaforico,
facendo sì che il settore forestale abbia scarsi impatti di attivazione
dello sviluppo rurale. Un contrasto evidente con le idee-guida sulla wood mobilization, la bio-based economy e i prelievi “a cascata” che animano la strategia europea di settore.
La nuova programmazione
dovrebbe allargare ulteriormente i beneficiari e le azioni, aprendo
nuove possibilità di incidere sui fattori fondamentali del ritardo del
sistema forestale nazionale: l’associazionismo, la gestione negoziata
tramite terzi, i pagamenti per servizi ambientali, il sostegno del Terzo
Settore nella gestione delle risorse naturali, per citarne alcuni. Il
problema evidente delle misure forestali dei Psr rimane quello dell’implementazione e, quindi, dell’efficienza della struttura amministrativa, indebolita dalla spending review,
sottoposta a processi che sono, al di là delle affermazioni di
principio, il contrario della semplificazione, chiamata alla
valorizzazione di strumenti sempre più complessi (ad esempio: i
pagamenti per servizi ambientali, con attività di negoziazione,
definizione di contratti ad hoc).
In una condizione in cui ovviamente la pressione per l’impiego in forme
alternative dei fondi si fa più forte, sarebbe opportuno porre dei
limiti ad una linea di spesa semplice da attivare, ma di scarsa
efficacia nel migliorare la produttività settore: nella prossima programmazione l’allargamento al settore pubblico
di molti dei benefici delle misure forestali non dovrebbe alimentare
linee di spesa a sostegno dell’occupazione forestale che,
nell’esperienza di molte Regioni, soprattutto meridionali, non ha
portato a significativi miglioramenti né nello stato delle risorse, né
nella loro produttività. La gestione diretta, con operai alle dipendenze
della pubblica amministrazione, di attività di manutenzione forestale è
stata per molti decenni uno strumento per soddisfare la domanda di
lavoro in aree marginali, senza alleviare significativamente i problemi
della stabilità del suolo, della protezione dagli incendi e della
valorizzazione economica dei boschi. Sarebbe opportuno che i fondi dei Psr
per le misure forestali non divengano l’occasione per ripercorrere
strade di sviluppo che si sono già dimostrate di scarsa efficacia nella
promozione dello sviluppo rurale.
Riferimenti bibliografici
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- 1. Il range è dovuto al fatto che, a differenza della procedente programmazione, quella 2007-13 ha attivato una serie di misure “miste” con fondi impiegabili sia in attività agricole che forestali.
- 2. Si tenga presente infatti che, per la misura 221, una parte significativa dei fondi disponibili è stata utilizzata per coprire gli impegni di spesa pregressi, legati a imboschimenti effettuati a partire dal Reg. 2080/92. Se si escludessero questi fondi, il quadro della capacità di spesa per nuovi interventi nella programmazione 2007-13 risulterebbe più critico.
- 3. È rilevante il fatto che la Commissione europea (EC, 2013, p. 9) arrivi ad affermare tra gli orientamenti strategici che “Member States should demonstrate how they intend to increase their forests’ mitigation potential through increased removals and reduced emissions, including by cascading use of wood”.
- 4. Gli Stati membri “should strengthen forest genetics conservation (tree species diversity) and diversity within species and within populations. The Commission may support them in particular via the Rural Development Programme.” (CE, 2013, p. 10).
- 5. Su questo punto però la situazione non è molto chiara: l’articolo 18 (Investimenti) prevede, in apparente contrasto con la definizione delle priorità, anche la possibilità di finanziare investimenti nel settore forestale.
- 6. L’Italia è il paese europeo, dopo la Grecia, con il più basso tasso di prelievo di legname per unità di superficie forestale (0,6 m3/ha/anno), nonostante una provvigione media (dati 2010 EUROSTAT) di ben 133 m3/ha. La Francia, con uno stock medio inferiore (111 m3/ha), preleva 4 volte più legname dell’Italia (2,4 m3/ha/anno); la Spagna (nonostante la larga diffusione di formazioni forestali costituite da pascoli arborati – dehesa) quasi due volte di più dell’Italia; la Germania 8 volte di più.
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