Lo studio che è stato affrontato nell’ambito del corso di Dottorato in Progettazione Architettonica e Urbana delinea, all’interno della vasta produzione architettonica e urbanistica di Piero Bottoni, i tratti peculiari che legano la ricerca dell’architetto milanese al tema del paesaggio. I progetti analizzati mostrano come il processo di modificazione dello spazio, partendo dalla coscienza dell’identità geografica dei luoghi, pervenga a relazioni dialettiche nuove tra manufatto e contesto. La prima parte di questo studio si concentra su una serie di progetti e realizzazioni nei quali il razionalista milanese pone l’accento della propria riflessione sul rapporto che intercorre tra oggetto architettonico e contesto ambientale. Le opere analizzate sono state scelte tentando di descrivere le diverse declinazioni che all’interno del progetto assume il termine paesaggio: la selezione delle opere ripercorre un arco di tempo compreso tra il 1927 e il 1959, intrecciandosi con molte delle vicende che hanno caratterizzato l’architettura italiana ed europea del ‘900. La seconda parte di questo studio analizza un’antologia di opere di Piero Bottoni in Toscana, regione nella quale Bottoni si confronta con il paesaggio della costa massese, con il tessuto urbano di Livorno, le colline fiorentine, la morfologia urbana di Siena e San Gimignano. L’analisi ha mostrato come l’architetto milanese, sebbene si identifichi come figura di primo piano dell’avanguardia europea in Italia, intraprenda fin dai primissimi progetti un approfondimento critico del Moderno. L’adesione sincera, entusiastica alla nuova architettura viene attraversata, sin dagli anni Trenta, da una riflessione specifica nella quale il progetto scopre nel paesaggio l’elemento di sintesi tra ambiente naturale e storia. In quest’ottica i Cromatismi Architettonici mostrano con l’evidenza di un’opera manifesto un paesaggio urbano astratto e onirico che, se da un lato rappresenta una critica alla falsità della città eclettica, dall’altro apre il dibattito urbanistico funzionalista a percorsi nuovi e inesplorati. Similmente, le bellissime residenze signorili che Bottoni realizza negli anni Trenta e Quaranta evidenziano come il paesaggio divenga elemento privilegiato della composizione architettonica, capace di garantire un confronto tra il Moderno, la storia e il luogo. Un passaggio fondamentale per capire i rapporti che legano l’architettura di Piero Bottoni al paesaggio è rappresentato dalla sua partecipazione ai Ciam, con particolare riferimento alla Carta di Atene. La scala geografica del problema urbanistico sancita dalla Carta permette a Bottoni di pensare alla progettazione architettonica e del territorio in termini unitari. Esempio emblematico di questo passaggio è il Piano Regolatore della Valle d’Aosta realizzato nel 1936. Quest’episodio rappresenta un vero e proprio spartiacque per la disciplina urbanistica in Italia che per la prima volta si confronta con una scala regionale, misurandosi con la complessità territoriale e concentrandosi sull’interesse sociale collettivo. Lo studio del quartiere urbano, dei suoi rapporti con la città e con il paesaggio, raggiunge compimento con il progetto del Quartiere Sperimentale all’Ottava Triennale del 1946. Il QT8 impegna Bottoni per anni; il progetto, nato dall’idea di realizzare un quartiere sperimentale permanente, diviene per l’architetto milanese momento di riflessione sulla ricostruzione. Il drammatico problema abitativo dell’immediato dopoguerra viene affrontato su scala urbana; il quartiere, che si sviluppa all’interno di un grande parco, trova nell’elemento naturale il fattore qualificante dell’espansione della città, mentre l’invenzione del Monte Stella segna con la sua monumentalità la nuova porta Nord-Ovest di Milano. Questa collina verde, modellata da Bottoni sui cumuli delle macerie postbelliche, diviene simbolo di una ricostruzione che non risponde solo a bisogni contingenti ma che ridisegna la città attraverso una nuova geografia: un’orografia inaspettata, paradigma e ossimoro di natura e artificio. Il rapporto con il paesaggio contraddistingue in maniera evidente la produzione architettonica e urbanistica di Piero Bottoni in Toscana. Gli edifici progettatati per Livorno, Massa e Firenze sono concepiti come strumenti per abitare il paesaggio e contemporaneamente il paesaggio diviene materiale per la costruzione del manufatto architettonico. Il tema dell’abitazione proiettata nel paesaggio, inaugurato con Villa Latina del 1929, è tratto caratterizzante delle residenze che Bottoni progetta in Toscana. In questo senso, Villa dello Strologo a Livorno non è concepibile se disgiunta dal parco, così come la Casetta nella pineta ai Ronchi in assenza della pineta, o Villa Davoli in località la Ruota privata dell’ampio panorama su Firenze. I piani regolatori realizzati nel dopoguerra da Bottoni per Siena e San Gimignano consentono all’architetto milanese di confrontarsi con il tema della città d’arte. In questi piani, esempi lungimiranti di progettazione urbanistica, la riflessione sul centro storico, sui rapporti tra questo e le nuove espansioni urbane, va oltre il recupero e la conservazione dell’antico. La tutela della città d’arte viene affrontata non solo nelle emergenze monumentali, ma all’interno del proprio territorio. La struttura urbana viene per questo analizzata e progettata preservando i rapporti dialettici e morfologici che intercorrono tra masse murarie e paesaggio. In quest’ottica le espansioni vengono previste come nuclei autonomi compatti, introducendo vincoli di inedificabilità che preservino la percezione della città nei suoi legami con il paesaggio.

Piero Bottoni architettura e paesaggio: opere in Toscana / Gamberi, Marco. - (2015).

Piero Bottoni architettura e paesaggio: opere in Toscana

GAMBERI, MARCO
2015

Abstract

Lo studio che è stato affrontato nell’ambito del corso di Dottorato in Progettazione Architettonica e Urbana delinea, all’interno della vasta produzione architettonica e urbanistica di Piero Bottoni, i tratti peculiari che legano la ricerca dell’architetto milanese al tema del paesaggio. I progetti analizzati mostrano come il processo di modificazione dello spazio, partendo dalla coscienza dell’identità geografica dei luoghi, pervenga a relazioni dialettiche nuove tra manufatto e contesto. La prima parte di questo studio si concentra su una serie di progetti e realizzazioni nei quali il razionalista milanese pone l’accento della propria riflessione sul rapporto che intercorre tra oggetto architettonico e contesto ambientale. Le opere analizzate sono state scelte tentando di descrivere le diverse declinazioni che all’interno del progetto assume il termine paesaggio: la selezione delle opere ripercorre un arco di tempo compreso tra il 1927 e il 1959, intrecciandosi con molte delle vicende che hanno caratterizzato l’architettura italiana ed europea del ‘900. La seconda parte di questo studio analizza un’antologia di opere di Piero Bottoni in Toscana, regione nella quale Bottoni si confronta con il paesaggio della costa massese, con il tessuto urbano di Livorno, le colline fiorentine, la morfologia urbana di Siena e San Gimignano. L’analisi ha mostrato come l’architetto milanese, sebbene si identifichi come figura di primo piano dell’avanguardia europea in Italia, intraprenda fin dai primissimi progetti un approfondimento critico del Moderno. L’adesione sincera, entusiastica alla nuova architettura viene attraversata, sin dagli anni Trenta, da una riflessione specifica nella quale il progetto scopre nel paesaggio l’elemento di sintesi tra ambiente naturale e storia. In quest’ottica i Cromatismi Architettonici mostrano con l’evidenza di un’opera manifesto un paesaggio urbano astratto e onirico che, se da un lato rappresenta una critica alla falsità della città eclettica, dall’altro apre il dibattito urbanistico funzionalista a percorsi nuovi e inesplorati. Similmente, le bellissime residenze signorili che Bottoni realizza negli anni Trenta e Quaranta evidenziano come il paesaggio divenga elemento privilegiato della composizione architettonica, capace di garantire un confronto tra il Moderno, la storia e il luogo. Un passaggio fondamentale per capire i rapporti che legano l’architettura di Piero Bottoni al paesaggio è rappresentato dalla sua partecipazione ai Ciam, con particolare riferimento alla Carta di Atene. La scala geografica del problema urbanistico sancita dalla Carta permette a Bottoni di pensare alla progettazione architettonica e del territorio in termini unitari. Esempio emblematico di questo passaggio è il Piano Regolatore della Valle d’Aosta realizzato nel 1936. Quest’episodio rappresenta un vero e proprio spartiacque per la disciplina urbanistica in Italia che per la prima volta si confronta con una scala regionale, misurandosi con la complessità territoriale e concentrandosi sull’interesse sociale collettivo. Lo studio del quartiere urbano, dei suoi rapporti con la città e con il paesaggio, raggiunge compimento con il progetto del Quartiere Sperimentale all’Ottava Triennale del 1946. Il QT8 impegna Bottoni per anni; il progetto, nato dall’idea di realizzare un quartiere sperimentale permanente, diviene per l’architetto milanese momento di riflessione sulla ricostruzione. Il drammatico problema abitativo dell’immediato dopoguerra viene affrontato su scala urbana; il quartiere, che si sviluppa all’interno di un grande parco, trova nell’elemento naturale il fattore qualificante dell’espansione della città, mentre l’invenzione del Monte Stella segna con la sua monumentalità la nuova porta Nord-Ovest di Milano. Questa collina verde, modellata da Bottoni sui cumuli delle macerie postbelliche, diviene simbolo di una ricostruzione che non risponde solo a bisogni contingenti ma che ridisegna la città attraverso una nuova geografia: un’orografia inaspettata, paradigma e ossimoro di natura e artificio. Il rapporto con il paesaggio contraddistingue in maniera evidente la produzione architettonica e urbanistica di Piero Bottoni in Toscana. Gli edifici progettatati per Livorno, Massa e Firenze sono concepiti come strumenti per abitare il paesaggio e contemporaneamente il paesaggio diviene materiale per la costruzione del manufatto architettonico. Il tema dell’abitazione proiettata nel paesaggio, inaugurato con Villa Latina del 1929, è tratto caratterizzante delle residenze che Bottoni progetta in Toscana. In questo senso, Villa dello Strologo a Livorno non è concepibile se disgiunta dal parco, così come la Casetta nella pineta ai Ronchi in assenza della pineta, o Villa Davoli in località la Ruota privata dell’ampio panorama su Firenze. I piani regolatori realizzati nel dopoguerra da Bottoni per Siena e San Gimignano consentono all’architetto milanese di confrontarsi con il tema della città d’arte. In questi piani, esempi lungimiranti di progettazione urbanistica, la riflessione sul centro storico, sui rapporti tra questo e le nuove espansioni urbane, va oltre il recupero e la conservazione dell’antico. La tutela della città d’arte viene affrontata non solo nelle emergenze monumentali, ma all’interno del proprio territorio. La struttura urbana viene per questo analizzata e progettata preservando i rapporti dialettici e morfologici che intercorrono tra masse murarie e paesaggio. In quest’ottica le espansioni vengono previste come nuclei autonomi compatti, introducendo vincoli di inedificabilità che preservino la percezione della città nei suoi legami con il paesaggio.
2015
Ulisse Tramonti
ITALIA
Gamberi, Marco
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