“It is inconceivable that accounting data can be analyzed without transferring it into ratios, in one way or another...” James O. Horrigan (July 1965) Con questa frase nel 1965 l’allora Assistant Professor dell’Università di Notre Dame James Horrigan concludeva il proprio articolo intitolato “Some Empirical Bases of Finanancial Ratio Analysis”. Da quel momento ci fu una vera e propria esplosione d’interesse verso l’analisi di bilancio intesa come metodo di valutazione e confronto delle performance aziendali e non più solamente quale strumento di indagine del merito creditizio da parte dei credit analysts (Horrigan, 1965). Tuttavia a distanza di molti anni rimane irrisolto il quesito: “quale indici usare data l’ingente numero di indicatori calcolabili? Quali tra questi hanno maggior significatività ai fini di comparazione e previsione? Nel corso degli anni, numerosi studiosi hanno cercato di dare risposta a questa domanda approcciando il problema in maniera pragmatica, deduttiva oppure induttiva. Il metodo pragmatico consisteva in una classificazione soggettiva dei ratios basata per lo più sull’esperienza personale di colui che scrive; il secondo, invece, non basandosi solamente sull’esperienza personale cercava di identificare gli schemi deduttivamente (i.e. triangolo di Du Pont del 1919) mentre l’approccio induttivo, epistemologicamente parlando di stampo logico positivista, utilizzava metodologie statistiche create ad hoc per raggruppare empiricamente gli indicatori (Salmi e Martikainen, 1994). Ripartendo proprio dai contributi afferenti ai metodi di classificazione empirica degli indicatori di bilancio il presente lavoro vuole indagare l’esistenza, o meno, di una differente classificazioni dei ratios di bilancio discriminando l’impresa quale value oppure growth. Ciò viene motivato dalla presenza della cosiddetta “value anomaly” ovvero la tendenza delle società value (i.e. quindi quelle società con elevato valori di book to market ratio) di sovraperformare le growth (i.e. quindi società con bassi valori di book to market – Zacks, 2011). Nella letteratura è stato affermato che tale anomalia dipende in larga parte dagli investors’ behavioral biases pertanto risulta interessante verificare se esistano, a livello di classificazione degli indicatori di bilancio, delle differenze tra le due tipologie di società. Il presente elaborato si compone delle seguenti parti: 1. Il primo capitolo presenta il background teorico, le ipotesi, l’obiettivo di ricerca e la rilevanza dello studio, nonchè i contributi alla letteratura. 2. Il secondo capitolo analizza la principale letteratura afferente ai filoni di ricerca che stanno alla base dell’elaborato, in particolare la letteratura inerente a: (a) classification pattern dei ratios e (b) fundamental analysis anomalies. 3. Nel capitolo terzo sono presentate le principali metodologie statistiche utilizzate nell’analisi empirica. Viene fornita la spiegazione circa il funzionamento dell’analisi delle componenti principali e su come questi siano stati implementati sul campione in esame, ovvero presentato il campione, le variabili ed i principali step dell’analisi. 4. Nel quarto, ed ultimo, capitolo sono presentati i risultati dell’analisi empirica, oltre ché i vincoli e le opportunità di future ricerche su questo tema.

Accounting anomalies, fundamental analysis and variables reduction / Dal Maso, Lorenzo. - (2014).

Accounting anomalies, fundamental analysis and variables reduction

DAL MASO, LORENZO
2014

Abstract

“It is inconceivable that accounting data can be analyzed without transferring it into ratios, in one way or another...” James O. Horrigan (July 1965) Con questa frase nel 1965 l’allora Assistant Professor dell’Università di Notre Dame James Horrigan concludeva il proprio articolo intitolato “Some Empirical Bases of Finanancial Ratio Analysis”. Da quel momento ci fu una vera e propria esplosione d’interesse verso l’analisi di bilancio intesa come metodo di valutazione e confronto delle performance aziendali e non più solamente quale strumento di indagine del merito creditizio da parte dei credit analysts (Horrigan, 1965). Tuttavia a distanza di molti anni rimane irrisolto il quesito: “quale indici usare data l’ingente numero di indicatori calcolabili? Quali tra questi hanno maggior significatività ai fini di comparazione e previsione? Nel corso degli anni, numerosi studiosi hanno cercato di dare risposta a questa domanda approcciando il problema in maniera pragmatica, deduttiva oppure induttiva. Il metodo pragmatico consisteva in una classificazione soggettiva dei ratios basata per lo più sull’esperienza personale di colui che scrive; il secondo, invece, non basandosi solamente sull’esperienza personale cercava di identificare gli schemi deduttivamente (i.e. triangolo di Du Pont del 1919) mentre l’approccio induttivo, epistemologicamente parlando di stampo logico positivista, utilizzava metodologie statistiche create ad hoc per raggruppare empiricamente gli indicatori (Salmi e Martikainen, 1994). Ripartendo proprio dai contributi afferenti ai metodi di classificazione empirica degli indicatori di bilancio il presente lavoro vuole indagare l’esistenza, o meno, di una differente classificazioni dei ratios di bilancio discriminando l’impresa quale value oppure growth. Ciò viene motivato dalla presenza della cosiddetta “value anomaly” ovvero la tendenza delle società value (i.e. quindi quelle società con elevato valori di book to market ratio) di sovraperformare le growth (i.e. quindi società con bassi valori di book to market – Zacks, 2011). Nella letteratura è stato affermato che tale anomalia dipende in larga parte dagli investors’ behavioral biases pertanto risulta interessante verificare se esistano, a livello di classificazione degli indicatori di bilancio, delle differenze tra le due tipologie di società. Il presente elaborato si compone delle seguenti parti: 1. Il primo capitolo presenta il background teorico, le ipotesi, l’obiettivo di ricerca e la rilevanza dello studio, nonchè i contributi alla letteratura. 2. Il secondo capitolo analizza la principale letteratura afferente ai filoni di ricerca che stanno alla base dell’elaborato, in particolare la letteratura inerente a: (a) classification pattern dei ratios e (b) fundamental analysis anomalies. 3. Nel capitolo terzo sono presentate le principali metodologie statistiche utilizzate nell’analisi empirica. Viene fornita la spiegazione circa il funzionamento dell’analisi delle componenti principali e su come questi siano stati implementati sul campione in esame, ovvero presentato il campione, le variabili ed i principali step dell’analisi. 4. Nel quarto, ed ultimo, capitolo sono presentati i risultati dell’analisi empirica, oltre ché i vincoli e le opportunità di future ricerche su questo tema.
2014
Prof. Francesco Giunta
ITALIA
Dal Maso, Lorenzo
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