Il testo indaga la genesi e la fortuna della tipologia ddel "santo folle per Cristo" tra Oriente e Occidente nel periodo compreso tra i IV e il XIV secolo, rintracciando le modalità di diffusione del modello agiografico, di ascendenza siriaca, nell'Europa medievale.Le tracce di una tipologia comportamentale rubricabile con certezza sotto la voce “follia per Cristo” interessarono in prima istanza la pars Orientis del mondo tardo antico e medievale, laddove si verificò addirittura un conio onomaturgo, derivando un termine ad hoc per indicare chi seguiva le orme di Cristo comportandosi da pazzo: salòs (maschile) e salè (femminile). Disponiamo infatti di numerosi resoconti relativi a uomini e donne vissuti – o semplicemente venerati - nei territori bizantini tra il IV e il XII secolo che sono passati alla storia come santi “folli a causa di Cristo” (saloì). Si trattava di asceti dediti alla simulazione della follia per non rischiare la superbia spirituale e, al contempo, per essere liberi di agire in qualsiasi situazione sociale e così frequentare anche gli emarginati più sospetti, in primo luogo gli eretici o le prostitute, al fine di ricondurli a Dio. Le informazioni su questi individui sono affidate a testi in lingua greca e siriaca che alimentarono sia le fonti liturgiche cristiane, determinando così la compilazione di altre agiografie, sia, all’indomani dell’islamizzazione, altre scritture, soprattutto di ambiente sufi, dedicate al folle di Dio (malāmati). Così questo libro prende l’avvio individuando e illustrando le interpretazioni e le pratiche della follia per Cristo trasmesse dalle fonti in greco, siriaco e arabo, rintracciandone i nessi e le influenze reciproche e trasversali. Attraverso la disamina delle fonti si giunge a una prima conclusione: il “folle per Cristo”, almeno nelle testimonianze più antiche e che funzionarono da modello originale e da vettore, è quasi sempre un monaco che ha raggiunto un livello talmente alto di ascesi e di perfezione spirituale da poter correre il rischio di lasciare il monastero e di vivere nel mondo, al fine di convertire i peccatori e di guadagnare le anime a Cristo. Vi sono infatti saloì che restano nel monastero e altrettanti, forse i più famosi, che ne escono e vanno tra i laici «a prendersi gioco del mondo» protetti dalla saldezza della loro fede. La seconda conclusione a cui si perviene è che il modello di sequela Christi tracciato dalle memorie agiografiche e liturgiche dei saloì fu elaborato nell’area corrispondente all’antica Siria e da lì si diffuse seguendo grossomodo due direttrici, una verso est e l’altra verso ovest, passando dal Sinai e arrivando nei territori egiziani. Attraverso i testi siriaci si diresse verso est e fu veicolato nei territori dell’ex impero sasanide ormai islamizzati, mentre, attraverso il monachesimo sinaitico ed egiziano raggiunse l’Africa del nord. Da lì i testi greci del monachesimo delle origini migrarono nella parte occidentale dell’Impero a cominciare dall’epoca giustinianea e seguendo gli assi politici della conquista bizantina (territori iberici e territori italiani) e l’asse politico-religioso dell’alleanza tra il patriarcato di Alessandria e il patriarcato di Roma. Il centro propulsore delle fonti di nostro interesse può essere identificato nell’Egitto tardo antico, dove furono convogliate, e da lì si diffusero, anche le memorie del monachesimo sinaitico palestinese. Memorie successivamente tradotte in latino e che funsero da veicolo della follia per Cristo nella media latinità, ovvero le Vitas Patrum, l’Historia Monachorum in Aegypto di Rufino, l’Historia Lausiaca di Palladio, il Liber Geronticon di Pascasio, il Liber Vitas Sanctorum Patrum Orientalium di Valerio di Bierzo e il IV libro dei Dialoghi di Gregorio Magno. Quelle scritture trasmisero alla latinità medievale la percezione e la pratica della “santa follia”. Il messaggio, proveniente dall’Oriente dei primordi monastici, attecchì nell’ambiente monastico occidentale, unitamente alle memorie liturgiche dei saloì bizantini e, in particolare, di Simeone salòs. Così quel messaggio e la liturgia alimentarono esperienze ascetiche peculiari, che si consumarono nella pars Occidentis rielaborando in maniera peculiare, perché contestuale, l’idea di «farsi stolti per esser savi». Si ravvisa quindi nel movimento di riforma della chiesa dell’XI-XII secolo e nell’eccezionale stagione culturale nota come la rinascita del XII secolo, l’humus in cui furono distillate una rappresentazione e una pratica mediolatine della santa follia. Allora infatti i racconti custoditi nei testi veicolari ricordati sopra e la loro riproposizione in re, effettuata da numerosi monaci riformatori che decidevano di vivere alla stessa maniera in cui avevano vissuto gli antichi monaci dell’Historia Lausiaca o degli altri testi, evasero dagli horti conclusi dei monasteri per iniziare un lungo pellegrinaggio immateriale e fisico tra i devoti. L’intensificarsi delle predicazioni già in epoca pre-Mendicante, contestualmente al passagium transmarino e alla riforma della chiesa, ottenne l’effetto di far circolare gli esempi di santità degli antichi padri del deserto sinaitico e palestinese. L’uso pubblico della memoria dei santi e delle sante folli per Cristo avvenne contestualmente alla riproposizione del mito della chiesa primitiva, dove trovò un eccellente terreno di coltura, e gli eroici furori degli antichi monaci del deserto divennero magistri in scriptis della vita cristiana congiuntamente alla pastorale dell’Amor Dei. La pars Occidentis del mondo medievale riconobbe in alcune esperienze di santità il marker della pazzia d’amore per Cristo: uomini e donne che sembravano comportarsi insensatamente, in realtà, erano percepite come uomini e donne di Dio perché anche l’Occidente possedeva ormai la categoria interpretativa necessaria a rubricare così quei vissuti. La ricostruzione e l’analisi di questa categoria interpretativa è affidata al terzo capitolo, dove si propone una lettura sequenziale e incrociata di fonti giuridiche, mediche, filosofiche e teologiche, evidenziandone le parti utili alla comprensione del fenomeno. Peraltro si tratta di un fenomeno che incide sulla percezione della malattia mentale, perché costituisce, finché le società in cui si verifica lo leggono come tale, una sorta di memento costante: Dio potrebbe parlare anche attraverso chi sembra folle, dunque è necessario il discernimento (nel senso tecnico di discretio spirituum) per capirlo. E, in ogni caso, la follia non si presta ad essere eiettata dal consesso civile così e semplicemente. Il trattamento riservato a tutti i portatori di una simile alterità è quindi – foucaultianamente – una spia eccellente dei sistemi di valori che governarono, in passato, intere società. Il capitolo si conclude con un affondo teorico sulla santa follia tout court, identificandone i tratti distintivi secondo la letteratura teoretica mediolatina che la riguarda, ovvero il fatto che possa esistere soltanto in presenza di un sentimento d’amore eccezionalmente forte tra la creatura e il Creatore, da un lato, e che sia accompagnata da una prassi rigidamente penitenziale e obbediente all’autorità, dall’altro. La santa follia occidentale possiede infatti un’intima natura staurologica e mimetica del Cristo della Passione. Gli ultimi due capitoli analizzano le testimonianze agiografiche in cui si rintraccia l’esistenza di una declinazione tutta occidentale della pratica della follia per Cristo, indagando figure e testi compresi nell’arco cronologico che si estende tra Francesco d’Assisi e Giovanni Colombini da Siena. In questo capitolo si ipotizza che la veicolazione del modello del folle per Cristo in Occidente sia avvenuta anche grazie alla letteratura moralizzante in volgare, identificando in un gruppo di racconti composti sul suolo francese da uno scrittore vicino all’ambiente dei monaci cistercensi nel XII secolo (le Vies des Pères) un vettore privilegiato. Quel testo fu subito tradotto nei volgari italiani e circolò moltissimo; addirittura può darsi che abbia influito sulla conversione di Francesco d’Assisi semantizzandone i comportamenti più prossimi alla prassi para-eremitica. Ripercorrendo le numerose esperienze dei saloì occidentali, si evidenzia come la santa follia, per quanto declinata con tutti i correttivi tipici della società mediolatina, si sia comunque rivelata una pratica tendenzialmente anomica e potenzialmente anti-istituzionale. Ormai sganciatasi dall’ambiente monastico, iniziò a essere depotenziata già nel corso del XIV secolo da parte dell’establishment ecclesiastico, cercando di ricondurla all’interno di un alveo il più possibile istituzionale. Parallelamente, grazie all’influenza esercitata dalle fonti costantinopolitane e da anonimi asceti girovaghi occidentali (ad esempio il non meglio identificato Procopio di Ustjug), l’idea della santa follia attecchì in area russa, ispirando le scelte esistenziali dei cosiddetti yourodivij la cui presenza non conosce soluzioni di continuità dal Medio Evo fino allo scorcio del XX secolo. Il libro tuttavia si arresta a quest’altezza cronologica perché la declinazione russa della santa follia è contestuale a un altro panorama storico - e necessita di altre competenze rispetto a quelle di chi scrive -, mentre per quanto riguarda l’Occidente il Trecento segna un passaggio di testimone epocale. Da allora in poi, infatti, coloro che avevano ereditato e messo in pratica gli atteggiamenti e gli insegnamenti dei modelli di santità orientali diventano essi stessi modelli di santità e determinano storie nuove e diverse. Vi è insomma un passaggio di testimone: sono Francesco d’Assisi e gli altri santi a diventare le icone delle riforme successive. La stesura di questo lavoro è stata possibile anche perché esiste una buona letteratura critica di riferimento: numerosi saggi specialistici recenti hanno costruito una casistica piuttosto ampia di esperienze vissute in luoghi diversi e distanti, costellando le terre che dal Mediterraneo giungono fino al Mar Nero e al Mar Caspio. Altre se ne sono rintracciate ma, soprattutto, si è cercato di individuarne i nessi reciproci e le cornici teoriche e interpretative di riferimento, al fine di traghettare la fenomenologia dei “casi” nella storia. The traces of a behavioral typology that can be included under heading "madness for Christ", involved in the first instance the pars Orientis of the late ancient and medieval world, where there was even a onomaturgy, deriving a term to indicate who followed the footsteps of Christ acting like a madman: salòs (male) and salè (female). We have in fact numerous stories relating to men and women who lived - or who has been simply venerated - in the Byzantine territories between the fourth and twelfth centuries that have gone down in history as saints "fools for Christ" (saloì). These were ascetics dedicated to the simulation of madness in order not risking the spiritual pride and, at the same time, to be free to act in any social situation and so to frequent also the most marginalized - as heretics or prostitutes - for bringing them back to God. The information on these individuals is entrusted with texts in Greek and Syriac that nourished both Christian liturgical sources, thus determining the compilation of other hagiographies, and, after the Islamization, other scriptures, especially of Sufi environment, dedicated to the madman. of God (malāmati). So this book begins by identifying and illustrating the interpretations and the practices of madness for Christ transmitted from the sources in Greek, Syriac and Arabic, tracing the links and the mutual and transversal influences. Through the examination of the sources we arrive at a first conclusion: the "madman for Christ", at least in the oldest testimonies and which functioned as an original pattern and as a vector, is almost always a monk, a monk who has reached a such high level of asceticism and spiritual perfection that can run the risk of leaving the monastery and living in the world, in order to convert sinners and to gain souls for Christ. In fact there are saloì that remain in the monastery and many, perhaps the most famous, who come out and go among the laity "to make fun of the world". They were protected by the firmness of their faith. The second conclusion to which it is reached is that the model of sequela Christi traced by the hagiographic and liturgical memories of the saloì was elaborated in the area corresponding to the ancient Syria and from there spread roughly following two directions, one towards east and the other towards west, passing from the Sinai and arriving in the Egyptian territories. Through the Syriac texts the memory of the saloi went to the east and was carried in the territories of the ancient sasanid empire, by then islamized, while it reached northern Africa through the sinaitic and Egyptian monasticism. From there, the Greek texts of early monasticism migrated to the western part of the Empire, starting from the Justinian era and following the political axes of the Byzantine conquest (Iberian territories and Italian territories) and the political-religious axis of the alliance between the patriarchate of Alexandria and the patriarchate of Rome. The propulsion center of the sources can be identified in ancient Egypt, where the memories of the Palestinian Sinaitic monasticism were conveyed and from there spread. The texts translated into Latin and which conveyed the madness for Christ in the medieval Latinity, were the Vitas Patrum, the Historia Monachorum in Aegypto of Rufino, the Historia Lausiaca of Palladio, the Liber Geronticon of Pascasio, the Liber Vitas Sanctorum Patrum Orientalium by Valerio di Bierzo and the IV book of Dialogues by Gregorio Magno. Those writings transmitted the perception and practice of "holy madness" to medieval Latinity. The message, coming from the East of the monastic primordia, took root in the western monastic environment, together with the liturgical memories of the Byzantine saloi and, in particular, of Simeon salòs. So that message and liturgy fed peculiar ascetic experiences in the pars Occidentis that reworked the idea of "becoming foolish to be wise" in a peculiar, because contextual, way. In the papal reform of the XI-XII century and the exceptional cultural season - known as the rebirth of the twelfth century - it is therefore recognized the humus in which a mediolatine representation and practice of madness for Christ were distilled. So the stories preserved in the vehicular texts mentioned above and their re-presentation, carried out by numerous reforming monks who decided to live in the same way in which the ancient monks of the Historia Lausiaca (or of other ancient texts) had lived, they evaded from the monasteries to begin a long immaterial pilgrimage among the devotees. The intensification of preaching in the pre-Mendicant period, together with the passagium in the Holy Land and the reform of the church, obtained the effect of circulating the examples of holiness of the ancient fathers of the Sinaitic and Palestinian desert. The public use of the memory of the saints and of the mad saints for Christ occurred simultaneously with the revival of the myth of the primitive church, where it found an excellent breeding ground, and the heroic “fury” of the ancient desert monks became magistri in scriptis of the Christian life together with the pastoral care of Amor Dei. The pars Occidentis of the medieval world recognized in some experiences of holiness the marker of the madness for Christ: men and women who seemed to behave senselessly, in reality, were perceived as men and women of God because even the West now possessed the category interpretative necessary for recognizing those experiences. The reconstruction and analysis of this interpretative category is entrusted to the third chapter, where a sequential and crossed reading of juridical, medical, philosophical and theological sources is proposed, highlighting the parts useful for understanding the phenomenon. Moreover, it is a phenomenon that affects the perception of mental illness, because it constitutes, as long as the societies in which it occurs read it as such, a sort of constant reminder: God could also speak through those who seem insane, so discernment is necessary ( in the technical sense of discretio spirituum) to understand it. In any case the madness does not lend itself to being ejected from the society. Therefore the treatment reserved to the “owners” of a similar alterity is – following Foucault - an excellent indicator of the value systems that in the past governed whole societies. The chapter concludes with a theoretical lunge on holy madness tout court, identifying the distinctive traits according to the mediolatin theoretical literature that concerns it, or the fact that it can exist only in the presence of an exceptionally strong feeling of love between the creature and the Creator and that it is accompanied by a penitential practice an by the obedience to the authority. In fact, Western saint madness possesses an intimate staurological and mimetic nature of the Christ of the Passion. The last two chapters analyze the hagiographic sources in which we find the existence of a Western declination of the practice of madness for Christ, investigating figures and texts included in the chronological arc that extends between Francis of Assisi and Giovanni Colombini from Siena. In this chapter it is hypothesized that the vehiculation of the model of the madman for Christ in the West took place thanks to the moralizing literature in the vernacular, identifying a privileged vector in a group of stories composed on ancient French by a writer close to the Cistercian monks in the twelfth century ( le Vies des Pères). That text was immediately translated into the Italian vulgar and circulated; it may even have influenced the conversion of Francis of Assisi by semantizing its behavior closer to para-eremitic practice. Analyzing the numerous experiences of Western saloì, it is clear that the holy madness, altought it is declined with all the corrective typical of the mediolatin society, has however turned out to be a practice tendentially anomic and potentially anti-institutional. Now disengaged from the monastic environment, it began to be weakened in the begin of the fourteenth century by the ecclesiastical establishment, trying to bring it back within a channel as institutional as possible. At the same time, thanks to the influence exerted by the Constantinopolitan sources and by anonymous Western wandering ascetics (for example the unidentified Procopius of Ustyug), the idea of holy folly took root in the Russian area, inspiring the existential choices of the so-called yourodivij. However the book stops at this time because the Russian declination of holy madness is contextual to another historical landscape - and requires other skills than those of the writer - while for the West the fourteenth century marks a epochal passage. From then on, in fact, those who had inherited and put into practice the attitudes and the teachings of the models of oriental holiness become themselves models of holiness and determine new and different stories. In short, there is an interchange of a witness: it is Francis of Assisi and the other saints who become icons of successive reforms.

"Novellus Pazzus". Storie di santi medievali tra il Mar Caspio e il Mar Mediterraneo (secc. IV-XIV) / Gagliardi, Isabella. - STAMPA. - (2017), pp. 11-241.

"Novellus Pazzus". Storie di santi medievali tra il Mar Caspio e il Mar Mediterraneo (secc. IV-XIV)

Isabella Gagliardi
2017

Abstract

Il testo indaga la genesi e la fortuna della tipologia ddel "santo folle per Cristo" tra Oriente e Occidente nel periodo compreso tra i IV e il XIV secolo, rintracciando le modalità di diffusione del modello agiografico, di ascendenza siriaca, nell'Europa medievale.Le tracce di una tipologia comportamentale rubricabile con certezza sotto la voce “follia per Cristo” interessarono in prima istanza la pars Orientis del mondo tardo antico e medievale, laddove si verificò addirittura un conio onomaturgo, derivando un termine ad hoc per indicare chi seguiva le orme di Cristo comportandosi da pazzo: salòs (maschile) e salè (femminile). Disponiamo infatti di numerosi resoconti relativi a uomini e donne vissuti – o semplicemente venerati - nei territori bizantini tra il IV e il XII secolo che sono passati alla storia come santi “folli a causa di Cristo” (saloì). Si trattava di asceti dediti alla simulazione della follia per non rischiare la superbia spirituale e, al contempo, per essere liberi di agire in qualsiasi situazione sociale e così frequentare anche gli emarginati più sospetti, in primo luogo gli eretici o le prostitute, al fine di ricondurli a Dio. Le informazioni su questi individui sono affidate a testi in lingua greca e siriaca che alimentarono sia le fonti liturgiche cristiane, determinando così la compilazione di altre agiografie, sia, all’indomani dell’islamizzazione, altre scritture, soprattutto di ambiente sufi, dedicate al folle di Dio (malāmati). Così questo libro prende l’avvio individuando e illustrando le interpretazioni e le pratiche della follia per Cristo trasmesse dalle fonti in greco, siriaco e arabo, rintracciandone i nessi e le influenze reciproche e trasversali. Attraverso la disamina delle fonti si giunge a una prima conclusione: il “folle per Cristo”, almeno nelle testimonianze più antiche e che funzionarono da modello originale e da vettore, è quasi sempre un monaco che ha raggiunto un livello talmente alto di ascesi e di perfezione spirituale da poter correre il rischio di lasciare il monastero e di vivere nel mondo, al fine di convertire i peccatori e di guadagnare le anime a Cristo. Vi sono infatti saloì che restano nel monastero e altrettanti, forse i più famosi, che ne escono e vanno tra i laici «a prendersi gioco del mondo» protetti dalla saldezza della loro fede. La seconda conclusione a cui si perviene è che il modello di sequela Christi tracciato dalle memorie agiografiche e liturgiche dei saloì fu elaborato nell’area corrispondente all’antica Siria e da lì si diffuse seguendo grossomodo due direttrici, una verso est e l’altra verso ovest, passando dal Sinai e arrivando nei territori egiziani. Attraverso i testi siriaci si diresse verso est e fu veicolato nei territori dell’ex impero sasanide ormai islamizzati, mentre, attraverso il monachesimo sinaitico ed egiziano raggiunse l’Africa del nord. Da lì i testi greci del monachesimo delle origini migrarono nella parte occidentale dell’Impero a cominciare dall’epoca giustinianea e seguendo gli assi politici della conquista bizantina (territori iberici e territori italiani) e l’asse politico-religioso dell’alleanza tra il patriarcato di Alessandria e il patriarcato di Roma. Il centro propulsore delle fonti di nostro interesse può essere identificato nell’Egitto tardo antico, dove furono convogliate, e da lì si diffusero, anche le memorie del monachesimo sinaitico palestinese. Memorie successivamente tradotte in latino e che funsero da veicolo della follia per Cristo nella media latinità, ovvero le Vitas Patrum, l’Historia Monachorum in Aegypto di Rufino, l’Historia Lausiaca di Palladio, il Liber Geronticon di Pascasio, il Liber Vitas Sanctorum Patrum Orientalium di Valerio di Bierzo e il IV libro dei Dialoghi di Gregorio Magno. Quelle scritture trasmisero alla latinità medievale la percezione e la pratica della “santa follia”. Il messaggio, proveniente dall’Oriente dei primordi monastici, attecchì nell’ambiente monastico occidentale, unitamente alle memorie liturgiche dei saloì bizantini e, in particolare, di Simeone salòs. Così quel messaggio e la liturgia alimentarono esperienze ascetiche peculiari, che si consumarono nella pars Occidentis rielaborando in maniera peculiare, perché contestuale, l’idea di «farsi stolti per esser savi». Si ravvisa quindi nel movimento di riforma della chiesa dell’XI-XII secolo e nell’eccezionale stagione culturale nota come la rinascita del XII secolo, l’humus in cui furono distillate una rappresentazione e una pratica mediolatine della santa follia. Allora infatti i racconti custoditi nei testi veicolari ricordati sopra e la loro riproposizione in re, effettuata da numerosi monaci riformatori che decidevano di vivere alla stessa maniera in cui avevano vissuto gli antichi monaci dell’Historia Lausiaca o degli altri testi, evasero dagli horti conclusi dei monasteri per iniziare un lungo pellegrinaggio immateriale e fisico tra i devoti. L’intensificarsi delle predicazioni già in epoca pre-Mendicante, contestualmente al passagium transmarino e alla riforma della chiesa, ottenne l’effetto di far circolare gli esempi di santità degli antichi padri del deserto sinaitico e palestinese. L’uso pubblico della memoria dei santi e delle sante folli per Cristo avvenne contestualmente alla riproposizione del mito della chiesa primitiva, dove trovò un eccellente terreno di coltura, e gli eroici furori degli antichi monaci del deserto divennero magistri in scriptis della vita cristiana congiuntamente alla pastorale dell’Amor Dei. La pars Occidentis del mondo medievale riconobbe in alcune esperienze di santità il marker della pazzia d’amore per Cristo: uomini e donne che sembravano comportarsi insensatamente, in realtà, erano percepite come uomini e donne di Dio perché anche l’Occidente possedeva ormai la categoria interpretativa necessaria a rubricare così quei vissuti. La ricostruzione e l’analisi di questa categoria interpretativa è affidata al terzo capitolo, dove si propone una lettura sequenziale e incrociata di fonti giuridiche, mediche, filosofiche e teologiche, evidenziandone le parti utili alla comprensione del fenomeno. Peraltro si tratta di un fenomeno che incide sulla percezione della malattia mentale, perché costituisce, finché le società in cui si verifica lo leggono come tale, una sorta di memento costante: Dio potrebbe parlare anche attraverso chi sembra folle, dunque è necessario il discernimento (nel senso tecnico di discretio spirituum) per capirlo. E, in ogni caso, la follia non si presta ad essere eiettata dal consesso civile così e semplicemente. Il trattamento riservato a tutti i portatori di una simile alterità è quindi – foucaultianamente – una spia eccellente dei sistemi di valori che governarono, in passato, intere società. Il capitolo si conclude con un affondo teorico sulla santa follia tout court, identificandone i tratti distintivi secondo la letteratura teoretica mediolatina che la riguarda, ovvero il fatto che possa esistere soltanto in presenza di un sentimento d’amore eccezionalmente forte tra la creatura e il Creatore, da un lato, e che sia accompagnata da una prassi rigidamente penitenziale e obbediente all’autorità, dall’altro. La santa follia occidentale possiede infatti un’intima natura staurologica e mimetica del Cristo della Passione. Gli ultimi due capitoli analizzano le testimonianze agiografiche in cui si rintraccia l’esistenza di una declinazione tutta occidentale della pratica della follia per Cristo, indagando figure e testi compresi nell’arco cronologico che si estende tra Francesco d’Assisi e Giovanni Colombini da Siena. In questo capitolo si ipotizza che la veicolazione del modello del folle per Cristo in Occidente sia avvenuta anche grazie alla letteratura moralizzante in volgare, identificando in un gruppo di racconti composti sul suolo francese da uno scrittore vicino all’ambiente dei monaci cistercensi nel XII secolo (le Vies des Pères) un vettore privilegiato. Quel testo fu subito tradotto nei volgari italiani e circolò moltissimo; addirittura può darsi che abbia influito sulla conversione di Francesco d’Assisi semantizzandone i comportamenti più prossimi alla prassi para-eremitica. Ripercorrendo le numerose esperienze dei saloì occidentali, si evidenzia come la santa follia, per quanto declinata con tutti i correttivi tipici della società mediolatina, si sia comunque rivelata una pratica tendenzialmente anomica e potenzialmente anti-istituzionale. Ormai sganciatasi dall’ambiente monastico, iniziò a essere depotenziata già nel corso del XIV secolo da parte dell’establishment ecclesiastico, cercando di ricondurla all’interno di un alveo il più possibile istituzionale. Parallelamente, grazie all’influenza esercitata dalle fonti costantinopolitane e da anonimi asceti girovaghi occidentali (ad esempio il non meglio identificato Procopio di Ustjug), l’idea della santa follia attecchì in area russa, ispirando le scelte esistenziali dei cosiddetti yourodivij la cui presenza non conosce soluzioni di continuità dal Medio Evo fino allo scorcio del XX secolo. Il libro tuttavia si arresta a quest’altezza cronologica perché la declinazione russa della santa follia è contestuale a un altro panorama storico - e necessita di altre competenze rispetto a quelle di chi scrive -, mentre per quanto riguarda l’Occidente il Trecento segna un passaggio di testimone epocale. Da allora in poi, infatti, coloro che avevano ereditato e messo in pratica gli atteggiamenti e gli insegnamenti dei modelli di santità orientali diventano essi stessi modelli di santità e determinano storie nuove e diverse. Vi è insomma un passaggio di testimone: sono Francesco d’Assisi e gli altri santi a diventare le icone delle riforme successive. La stesura di questo lavoro è stata possibile anche perché esiste una buona letteratura critica di riferimento: numerosi saggi specialistici recenti hanno costruito una casistica piuttosto ampia di esperienze vissute in luoghi diversi e distanti, costellando le terre che dal Mediterraneo giungono fino al Mar Nero e al Mar Caspio. Altre se ne sono rintracciate ma, soprattutto, si è cercato di individuarne i nessi reciproci e le cornici teoriche e interpretative di riferimento, al fine di traghettare la fenomenologia dei “casi” nella storia. The traces of a behavioral typology that can be included under heading "madness for Christ", involved in the first instance the pars Orientis of the late ancient and medieval world, where there was even a onomaturgy, deriving a term to indicate who followed the footsteps of Christ acting like a madman: salòs (male) and salè (female). We have in fact numerous stories relating to men and women who lived - or who has been simply venerated - in the Byzantine territories between the fourth and twelfth centuries that have gone down in history as saints "fools for Christ" (saloì). These were ascetics dedicated to the simulation of madness in order not risking the spiritual pride and, at the same time, to be free to act in any social situation and so to frequent also the most marginalized - as heretics or prostitutes - for bringing them back to God. The information on these individuals is entrusted with texts in Greek and Syriac that nourished both Christian liturgical sources, thus determining the compilation of other hagiographies, and, after the Islamization, other scriptures, especially of Sufi environment, dedicated to the madman. of God (malāmati). So this book begins by identifying and illustrating the interpretations and the practices of madness for Christ transmitted from the sources in Greek, Syriac and Arabic, tracing the links and the mutual and transversal influences. Through the examination of the sources we arrive at a first conclusion: the "madman for Christ", at least in the oldest testimonies and which functioned as an original pattern and as a vector, is almost always a monk, a monk who has reached a such high level of asceticism and spiritual perfection that can run the risk of leaving the monastery and living in the world, in order to convert sinners and to gain souls for Christ. In fact there are saloì that remain in the monastery and many, perhaps the most famous, who come out and go among the laity "to make fun of the world". They were protected by the firmness of their faith. The second conclusion to which it is reached is that the model of sequela Christi traced by the hagiographic and liturgical memories of the saloì was elaborated in the area corresponding to the ancient Syria and from there spread roughly following two directions, one towards east and the other towards west, passing from the Sinai and arriving in the Egyptian territories. Through the Syriac texts the memory of the saloi went to the east and was carried in the territories of the ancient sasanid empire, by then islamized, while it reached northern Africa through the sinaitic and Egyptian monasticism. From there, the Greek texts of early monasticism migrated to the western part of the Empire, starting from the Justinian era and following the political axes of the Byzantine conquest (Iberian territories and Italian territories) and the political-religious axis of the alliance between the patriarchate of Alexandria and the patriarchate of Rome. The propulsion center of the sources can be identified in ancient Egypt, where the memories of the Palestinian Sinaitic monasticism were conveyed and from there spread. The texts translated into Latin and which conveyed the madness for Christ in the medieval Latinity, were the Vitas Patrum, the Historia Monachorum in Aegypto of Rufino, the Historia Lausiaca of Palladio, the Liber Geronticon of Pascasio, the Liber Vitas Sanctorum Patrum Orientalium by Valerio di Bierzo and the IV book of Dialogues by Gregorio Magno. Those writings transmitted the perception and practice of "holy madness" to medieval Latinity. The message, coming from the East of the monastic primordia, took root in the western monastic environment, together with the liturgical memories of the Byzantine saloi and, in particular, of Simeon salòs. So that message and liturgy fed peculiar ascetic experiences in the pars Occidentis that reworked the idea of "becoming foolish to be wise" in a peculiar, because contextual, way. In the papal reform of the XI-XII century and the exceptional cultural season - known as the rebirth of the twelfth century - it is therefore recognized the humus in which a mediolatine representation and practice of madness for Christ were distilled. So the stories preserved in the vehicular texts mentioned above and their re-presentation, carried out by numerous reforming monks who decided to live in the same way in which the ancient monks of the Historia Lausiaca (or of other ancient texts) had lived, they evaded from the monasteries to begin a long immaterial pilgrimage among the devotees. The intensification of preaching in the pre-Mendicant period, together with the passagium in the Holy Land and the reform of the church, obtained the effect of circulating the examples of holiness of the ancient fathers of the Sinaitic and Palestinian desert. The public use of the memory of the saints and of the mad saints for Christ occurred simultaneously with the revival of the myth of the primitive church, where it found an excellent breeding ground, and the heroic “fury” of the ancient desert monks became magistri in scriptis of the Christian life together with the pastoral care of Amor Dei. The pars Occidentis of the medieval world recognized in some experiences of holiness the marker of the madness for Christ: men and women who seemed to behave senselessly, in reality, were perceived as men and women of God because even the West now possessed the category interpretative necessary for recognizing those experiences. The reconstruction and analysis of this interpretative category is entrusted to the third chapter, where a sequential and crossed reading of juridical, medical, philosophical and theological sources is proposed, highlighting the parts useful for understanding the phenomenon. Moreover, it is a phenomenon that affects the perception of mental illness, because it constitutes, as long as the societies in which it occurs read it as such, a sort of constant reminder: God could also speak through those who seem insane, so discernment is necessary ( in the technical sense of discretio spirituum) to understand it. In any case the madness does not lend itself to being ejected from the society. Therefore the treatment reserved to the “owners” of a similar alterity is – following Foucault - an excellent indicator of the value systems that in the past governed whole societies. The chapter concludes with a theoretical lunge on holy madness tout court, identifying the distinctive traits according to the mediolatin theoretical literature that concerns it, or the fact that it can exist only in the presence of an exceptionally strong feeling of love between the creature and the Creator and that it is accompanied by a penitential practice an by the obedience to the authority. In fact, Western saint madness possesses an intimate staurological and mimetic nature of the Christ of the Passion. The last two chapters analyze the hagiographic sources in which we find the existence of a Western declination of the practice of madness for Christ, investigating figures and texts included in the chronological arc that extends between Francis of Assisi and Giovanni Colombini from Siena. In this chapter it is hypothesized that the vehiculation of the model of the madman for Christ in the West took place thanks to the moralizing literature in the vernacular, identifying a privileged vector in a group of stories composed on ancient French by a writer close to the Cistercian monks in the twelfth century ( le Vies des Pères). That text was immediately translated into the Italian vulgar and circulated; it may even have influenced the conversion of Francis of Assisi by semantizing its behavior closer to para-eremitic practice. Analyzing the numerous experiences of Western saloì, it is clear that the holy madness, altought it is declined with all the corrective typical of the mediolatin society, has however turned out to be a practice tendentially anomic and potentially anti-institutional. Now disengaged from the monastic environment, it began to be weakened in the begin of the fourteenth century by the ecclesiastical establishment, trying to bring it back within a channel as institutional as possible. At the same time, thanks to the influence exerted by the Constantinopolitan sources and by anonymous Western wandering ascetics (for example the unidentified Procopius of Ustyug), the idea of holy folly took root in the Russian area, inspiring the existential choices of the so-called yourodivij. However the book stops at this time because the Russian declination of holy madness is contextual to another historical landscape - and requires other skills than those of the writer - while for the West the fourteenth century marks a epochal passage. From then on, in fact, those who had inherited and put into practice the attitudes and the teachings of the models of oriental holiness become themselves models of holiness and determine new and different stories. In short, there is an interchange of a witness: it is Francis of Assisi and the other saints who become icons of successive reforms.
2017
9788860324436
11
241
Gagliardi, Isabella
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