Il volume si propone di descrivere lo stato dell’arte del “patteggiamento”, all’esito di un percorso evolutivo durato un trentennio e di cui la giurisprudenza è stata l’indiscussa protagonista. Le cause si debbono in primis al legislatore che ha disegnato un istituto dai tratti sfumati perché fosse la pratica giudiziaria a renderlo un efficace strumento di giustizia. E’ accaduto però che il “diritto vivente”, in assenza di una puntuale disciplina, si sia talora sviluppato in contrasto con i principi sovraordinati: asservito alle istanze sottese al canone della durata ragionevole del processo, le ha perseguite a discapito di altre di pari copertura costituzionale. Si assiste allo slittamento dei poteri dispositivi delle parti dal nucleo della disciplina probatoria verso l’area indistinta delle garanzie processuali, perfino di quelle concepite come oggettive e, dunque, indefettibili. A venire in gioco non è più solo la rinuncia al contraddittorio per la prova, ma il commiato dalla componente epistemica del processo. La deriva non è stata arginata dal legislatore, che nel 2003 ha esteso i confini operativi del rito in misura consistente, amplificando le storture del congegno originario. Né il divario sempre più marcato con i dettami costituzionali induce la giurisprudenza a cambiare rotta: con un pilatesco intervento, le Sezioni unite, affermano la tendenziale identità di effetti tra la pronuncia negoziale e l’ordinaria condanna, senza mutare, peraltro, orientamento circa la natura acognitiva del rito. L’esito del percorso è, infine, cristallizzato dal legislatore nella riforma c.d. Orlando. La cesura imposta ai casi di ricorso avverso la pronuncia concordata e, in particolare, l’inattaccabilità sub specie di vizio di motivazione, dell’errore sul vaglio dei presupposti ex art. 129 c.p.p., puntano ad espellere il modello negoziale dall’area della giurisdizione. S’intravvede, a tal punto, l’unico filone di ricerca produttivo, consistente nell’individuare il limite al di là del quale la disponibilità delle garanzie si trasforma nella negazione dei fondamenti costituzionali. Del resto, il dettato codicistico respinge in modo inequivoco l’idea “che le parti stipulino negozi e il giudice li omologhi”. In questa prospettiva risultano preziosi anche i suggerimenti tratti dal “diritto vivente”. L’analisi svolta nel volume rivela, infatti, come dietro lo schermo di massime intransigenti, le quali negano al rito i connotati minimi del processo equo, la giurisprudenza di quest’ultimo trentennio abbia talora tento di coniugare le garanzie della giurisdizione con i poteri dispositivi delle parti. E', peraltro, indubbio che l’attuale fisionomia del rito rappresenti un segno emblematico della crisi di legalità in cui oggi versa l’intero sistema penale.

Il "patteggiamento" tra prassi e novelle legislative / Alessandra Sanna. - STAMPA. - (2018), pp. 1-248.

Il "patteggiamento" tra prassi e novelle legislative

Alessandra Sanna
2018

Abstract

Il volume si propone di descrivere lo stato dell’arte del “patteggiamento”, all’esito di un percorso evolutivo durato un trentennio e di cui la giurisprudenza è stata l’indiscussa protagonista. Le cause si debbono in primis al legislatore che ha disegnato un istituto dai tratti sfumati perché fosse la pratica giudiziaria a renderlo un efficace strumento di giustizia. E’ accaduto però che il “diritto vivente”, in assenza di una puntuale disciplina, si sia talora sviluppato in contrasto con i principi sovraordinati: asservito alle istanze sottese al canone della durata ragionevole del processo, le ha perseguite a discapito di altre di pari copertura costituzionale. Si assiste allo slittamento dei poteri dispositivi delle parti dal nucleo della disciplina probatoria verso l’area indistinta delle garanzie processuali, perfino di quelle concepite come oggettive e, dunque, indefettibili. A venire in gioco non è più solo la rinuncia al contraddittorio per la prova, ma il commiato dalla componente epistemica del processo. La deriva non è stata arginata dal legislatore, che nel 2003 ha esteso i confini operativi del rito in misura consistente, amplificando le storture del congegno originario. Né il divario sempre più marcato con i dettami costituzionali induce la giurisprudenza a cambiare rotta: con un pilatesco intervento, le Sezioni unite, affermano la tendenziale identità di effetti tra la pronuncia negoziale e l’ordinaria condanna, senza mutare, peraltro, orientamento circa la natura acognitiva del rito. L’esito del percorso è, infine, cristallizzato dal legislatore nella riforma c.d. Orlando. La cesura imposta ai casi di ricorso avverso la pronuncia concordata e, in particolare, l’inattaccabilità sub specie di vizio di motivazione, dell’errore sul vaglio dei presupposti ex art. 129 c.p.p., puntano ad espellere il modello negoziale dall’area della giurisdizione. S’intravvede, a tal punto, l’unico filone di ricerca produttivo, consistente nell’individuare il limite al di là del quale la disponibilità delle garanzie si trasforma nella negazione dei fondamenti costituzionali. Del resto, il dettato codicistico respinge in modo inequivoco l’idea “che le parti stipulino negozi e il giudice li omologhi”. In questa prospettiva risultano preziosi anche i suggerimenti tratti dal “diritto vivente”. L’analisi svolta nel volume rivela, infatti, come dietro lo schermo di massime intransigenti, le quali negano al rito i connotati minimi del processo equo, la giurisprudenza di quest’ultimo trentennio abbia talora tento di coniugare le garanzie della giurisdizione con i poteri dispositivi delle parti. E', peraltro, indubbio che l’attuale fisionomia del rito rappresenti un segno emblematico della crisi di legalità in cui oggi versa l’intero sistema penale.
2018
9788813365554
1
248
Goal 16: Peace, justice and strong institutions
Alessandra Sanna
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