La contrapposizione tra mutatio ed emendatio libelli deve essere tracciata a partire dai limiti oggettivi del giudicato; una domanda intanto potrà essere ritenuta nuova in quanto non sia già compresa nell’oggetto del primo processo e quindi nei limiti oggettivi dell’emananda sentenza. Rovesciando il discorso una seconda domanda non è nuova se è già compresa nei limiti oggettivi della domanda precedente. L'analisi degli orientamenti della giurisprudenza ne evidenzia le profonde contraddizioni. Da una parte si ammette che di fronte al giudice dell'appello, si possono dedurre nuovi fatti costitutivi di diritti autodeterminati; dall'altra si nega la riqualificazione giuridica della fattispecie ove ciò comporti la necessità di introdurre nuovi fatti e temi di indagine. In particolare modo, tutti gli indirizzi che ancora oggi impediscono alle parti di riqualificare sul piano giuridico la propria domanda, passando ad esempio dalla norma relativa alla responsabilità contrattuale a quella relativa alla responsabilità extracontrattuale o viceversa, ingenerano vuoti di tutela intollerabili per un ordinamento processuale che in base all’art. 24 Cost. è chiamato a assolvere ad una funzione strumentale rispetto al diritto sostanziale. Invero, si tratta di orientamenti coniati all’evidente scopo di assicurare la rapida conclusione della lite, anche a costo di sacrificare la giustizia del caso concreto, ma che oltre a ledere il diritto di azione e di difesa delle parti, mettono a repentaglio la tenuta del sistema di tutela giurisdizionale dei diritti. Infatti, a fronte della dichiarazione di inammissibilità pronunciata dal giudice dell’appello, la parte o propone ricorso per cassazione, contribuendo all’aumento dei carichi pendenti di fronte alla Corte suprema, oppure apre un secondo processo tentando di forzare i più recenti orientamenti che hanno vieppiù ampliato i limiti oggettivi del giudicato (si considerino vicende quali il concorso di norme e di diritti; le azioni di impugnativa negoziale, il divieto di frazionamento del credito). Col che, seguendo tali opinabili indirizzi, se da una parte si riesce a limitare la possibile durata del primo giudizio di appello, per il resto si rischia di far pagare al sistema giustizia un prezzo più elevato dal momento in cui si creano le condizioni perché numerosi altri giudici si trovino investiti della medesima vicenda. In fondo, la ragionevole durata del processo dovrebbe essere misurata non solo in un’ottica endoprocessuale, ma direi anche e soprattutto extraprocessuale.
Mutatio ed emendatio libelli in appello / Beatrice Gambineri. - In: RIVISTA DI DIRITTO PROCESSUALE. - ISSN 0035-6182. - STAMPA. - (2019), pp. 692-716.
Mutatio ed emendatio libelli in appello
Beatrice Gambineri
2019
Abstract
La contrapposizione tra mutatio ed emendatio libelli deve essere tracciata a partire dai limiti oggettivi del giudicato; una domanda intanto potrà essere ritenuta nuova in quanto non sia già compresa nell’oggetto del primo processo e quindi nei limiti oggettivi dell’emananda sentenza. Rovesciando il discorso una seconda domanda non è nuova se è già compresa nei limiti oggettivi della domanda precedente. L'analisi degli orientamenti della giurisprudenza ne evidenzia le profonde contraddizioni. Da una parte si ammette che di fronte al giudice dell'appello, si possono dedurre nuovi fatti costitutivi di diritti autodeterminati; dall'altra si nega la riqualificazione giuridica della fattispecie ove ciò comporti la necessità di introdurre nuovi fatti e temi di indagine. In particolare modo, tutti gli indirizzi che ancora oggi impediscono alle parti di riqualificare sul piano giuridico la propria domanda, passando ad esempio dalla norma relativa alla responsabilità contrattuale a quella relativa alla responsabilità extracontrattuale o viceversa, ingenerano vuoti di tutela intollerabili per un ordinamento processuale che in base all’art. 24 Cost. è chiamato a assolvere ad una funzione strumentale rispetto al diritto sostanziale. Invero, si tratta di orientamenti coniati all’evidente scopo di assicurare la rapida conclusione della lite, anche a costo di sacrificare la giustizia del caso concreto, ma che oltre a ledere il diritto di azione e di difesa delle parti, mettono a repentaglio la tenuta del sistema di tutela giurisdizionale dei diritti. Infatti, a fronte della dichiarazione di inammissibilità pronunciata dal giudice dell’appello, la parte o propone ricorso per cassazione, contribuendo all’aumento dei carichi pendenti di fronte alla Corte suprema, oppure apre un secondo processo tentando di forzare i più recenti orientamenti che hanno vieppiù ampliato i limiti oggettivi del giudicato (si considerino vicende quali il concorso di norme e di diritti; le azioni di impugnativa negoziale, il divieto di frazionamento del credito). Col che, seguendo tali opinabili indirizzi, se da una parte si riesce a limitare la possibile durata del primo giudizio di appello, per il resto si rischia di far pagare al sistema giustizia un prezzo più elevato dal momento in cui si creano le condizioni perché numerosi altri giudici si trovino investiti della medesima vicenda. In fondo, la ragionevole durata del processo dovrebbe essere misurata non solo in un’ottica endoprocessuale, ma direi anche e soprattutto extraprocessuale.| File | Dimensione | Formato | |
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Descrizione: Si analizzano i poteri delle parti in punto di mutamento e/o modifica della domanda in appello alla luce degli orientamenti maggioritari in tema di limiti oggettivi del giudicato
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