Il libro comprende una prima vasta parte saggistica sul modo in cui si venne costruendo nella Siena della seconda metà del Cinquecento la letteratura delle veglie, e affronta il problema della nozione stessa di 'veglia', e specificamente di 'veglia senese', quale si impose in quegli anni.Grava da un lato il mito ossessivo dei giuochi, sancito dal fortunatissimo 'dittico' dei fratelli Bargagli (e furono gli unici testi editi all'epoca), e imbarazzano di conseguenza le «Notti» del Fortini. Queste, infatti, hanno uno solo giuoco ed esibiscono invece un numero cospicuo di commedie, inserite in una cornice che si vorrebbe decameroniana, come quella delle «Giornate», e che al contrario si sottrae, densa di banchetti, giardini, apparati teatrali e con solo una coda di novelle, ad un simile intento normalizzatore in chiave narrativa. Per ultimo appaiono difficilmente comprensibili le molte relazioni di 'intertenimenti' rimaste inedite e anche criticamente ignote, che non parlano né di giuochi, né di commedie e si mostrano sensibili ad istanze talvolta più trattatistiche o dialogiche che ludiche, teatrali, o anche semplicemente descrittive. La seconda parte del lavoro si incarica di offrire testimonianze integrali di queste opere, pubblicando tre dei molti testi inediti che ci sono rimasti. In particolare si tratta del corpus veglistico, risalente al 1569-1570, di una delle accademie nobiliari, la ricordata Corte dei Ferraiuoli: 1) «Relatione dell'Origine della Corte de' Ferraiuoli e spettacol rappresentato l'anno 1568 nel Palazzo Cerretani in Siena»; 2) «Riverci di Medaglie della Ventura Befana de' Cortigiani Ferraiuoli»; 3) «Trattenimento d'Armi e di Lettere». Un apparato iconografico relativo alle veglie completa il lavoro.

Giuoco e teatro nelle veglie di Siena / L. Ricco'. - STAMPA. - (1993), pp. 1-380.

Giuoco e teatro nelle veglie di Siena

RICCO', LAURA
1993

Abstract

Il libro comprende una prima vasta parte saggistica sul modo in cui si venne costruendo nella Siena della seconda metà del Cinquecento la letteratura delle veglie, e affronta il problema della nozione stessa di 'veglia', e specificamente di 'veglia senese', quale si impose in quegli anni.Grava da un lato il mito ossessivo dei giuochi, sancito dal fortunatissimo 'dittico' dei fratelli Bargagli (e furono gli unici testi editi all'epoca), e imbarazzano di conseguenza le «Notti» del Fortini. Queste, infatti, hanno uno solo giuoco ed esibiscono invece un numero cospicuo di commedie, inserite in una cornice che si vorrebbe decameroniana, come quella delle «Giornate», e che al contrario si sottrae, densa di banchetti, giardini, apparati teatrali e con solo una coda di novelle, ad un simile intento normalizzatore in chiave narrativa. Per ultimo appaiono difficilmente comprensibili le molte relazioni di 'intertenimenti' rimaste inedite e anche criticamente ignote, che non parlano né di giuochi, né di commedie e si mostrano sensibili ad istanze talvolta più trattatistiche o dialogiche che ludiche, teatrali, o anche semplicemente descrittive. La seconda parte del lavoro si incarica di offrire testimonianze integrali di queste opere, pubblicando tre dei molti testi inediti che ci sono rimasti. In particolare si tratta del corpus veglistico, risalente al 1569-1570, di una delle accademie nobiliari, la ricordata Corte dei Ferraiuoli: 1) «Relatione dell'Origine della Corte de' Ferraiuoli e spettacol rappresentato l'anno 1568 nel Palazzo Cerretani in Siena»; 2) «Riverci di Medaglie della Ventura Befana de' Cortigiani Ferraiuoli»; 3) «Trattenimento d'Armi e di Lettere». Un apparato iconografico relativo alle veglie completa il lavoro.
1993
887119621X
1
380
L. Ricco'
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