Nell’economia dei teatri lirici italiani, Der fliegende Holländer occupa una posizione singolare. Sorella “minore” (sebbene più anziana) tra le opere wagneriane che il compositore riteneva degne d’esser rappresentate a Bayreuth, è generalmente poco eseguita e ancor meno “strombazzata”. Negli ultimi vent’anni le nuove produzioni si contano sulle dita di una mano. Vale la pena ricordare la lunga fortuna dell’allestimento di Yannis Kokkos per il Comunale di Bologna (stagione 2000-2001), andato poi alla Scala (2003-2004) e più di recente al Petruzzelli (2017-2018). Nel 2013, sempre il teatro milanese diede i natali alla messa in scena firmata da Andreas Homoki, con un eccellente Bryn Terfel nel ruolo eponimo, mentre il Regio di Torino importava lo spettacolo di Willy Decker dall’Opéra di Parigi. Insomma, sui palcoscenici delle Fondazioni all’Olandese volante tocca quasi la sorte del suo protagonista, cui è concesso attraccare in porto solo a distanza d’anni per poi perdersi nell’oblio dei mari. Eppure, metterlo in scena è molto più facile e meno costoso rispetto a qualsiasi altra grande opera del compositore tedesco. L’Olandese regge anche “con poco”: resta il carattere di scommessa (perché, in Italia, Wagner è ancora tale), ma non si rischia mai troppo di affondare.
Quel maledetto Olandese / Daniele Palma. - In: WWW.DRAMMATURGIA.IT. - ISSN 1724-0336. - ELETTRONICO. - (2019), pp. 0-0.
Quel maledetto Olandese
Daniele Palma
2019
Abstract
Nell’economia dei teatri lirici italiani, Der fliegende Holländer occupa una posizione singolare. Sorella “minore” (sebbene più anziana) tra le opere wagneriane che il compositore riteneva degne d’esser rappresentate a Bayreuth, è generalmente poco eseguita e ancor meno “strombazzata”. Negli ultimi vent’anni le nuove produzioni si contano sulle dita di una mano. Vale la pena ricordare la lunga fortuna dell’allestimento di Yannis Kokkos per il Comunale di Bologna (stagione 2000-2001), andato poi alla Scala (2003-2004) e più di recente al Petruzzelli (2017-2018). Nel 2013, sempre il teatro milanese diede i natali alla messa in scena firmata da Andreas Homoki, con un eccellente Bryn Terfel nel ruolo eponimo, mentre il Regio di Torino importava lo spettacolo di Willy Decker dall’Opéra di Parigi. Insomma, sui palcoscenici delle Fondazioni all’Olandese volante tocca quasi la sorte del suo protagonista, cui è concesso attraccare in porto solo a distanza d’anni per poi perdersi nell’oblio dei mari. Eppure, metterlo in scena è molto più facile e meno costoso rispetto a qualsiasi altra grande opera del compositore tedesco. L’Olandese regge anche “con poco”: resta il carattere di scommessa (perché, in Italia, Wagner è ancora tale), ma non si rischia mai troppo di affondare.File | Dimensione | Formato | |
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