Nel nuovo quadro mondiale caratterizzato dai cambiamenti climatici, riconosciute come ambienti fondamentali per la prevenzione e mitigazione dei cambiamenti climatici, le zone umide restano ambienti poco conosciuti. Questa etnografia produce la descrizione di una zona umida italiana attraverso la ricerca sul campo e l'apparato concettuale dell'antropologia dell'ambiente e dell'antropologia della natura, di impostazione descoliana. La ricerca presentata in questo libro, frutto di un minuzioso lavoro etnografico sul campo, ci rivela che le conoscenze locali hanno sviluppato tratti rispettosi e di coesistenza con l’ambiente, che a torto trascuriamo. La palude, gestita con minuzie tecniche, manipolata nei secoli, è luogo di emozioni ed è interpretata come un essere vivente. E’ la palude che respira, vive, nasce, cresce, si riproduce, soffre e muore. Così si esprime la gente della palude. I loro saperi sono poco dicibili, lontani dai saperi dei manuali, delle banche dati, dei progetti di sviluppo. Sono saperi forti, per la gestione della vita e per la sopravvivenza che fragili popolazioni locali hanno sviluppato all’interno di una economia marginale, esercitandosi su un supporto materiale -la palude- che gli è stato poi sottratto. Ma bastano poche risorse perché la trasmissione di un sapere si realizzi, bastano poche figure sociali della palude perché grandi conoscenze siano reintegrate. E se si pensa alla riduzione drastica del numero di questi soggetti-sapienti, qui descritti, si comprende sia la loro preziosità, sia il loro potere. Un potere non da poco; esso infatti genera un conflitto significativo intorno al fuoco nella palude che coinvolge ancora oggi le comunità locali. Le conoscenze della gente della palude ci mostrano che qui un diverso rapporto con la natura è stato realizzato, fatto di apparentamenti, di passaggi sfumati tra mondi e specie, di sovvertimenti di genere, di attribuzioni di agency a erbe ed acque, di intra-azioni tra umani e non umani. Proprio queste ci permettono di ampliare le nostre limitate visioni naturalistiche occidentali e di criticare il modello neoliberale di appropriazione violenta della natura. Si può riconoscere pienamente nell’interpretazione della palude da parte della sua gente, come questi temi abbiano anticipato tutti i nodi concettuali della svolta ontologica in antropologia. Starà a noi oggi fare tesoro di questi saperi e approfittare del conflitto per integrarli nel nostro approccio antropocenico ai cambiamenti climatici.

I respiri della palude / Nadia Breda. - STAMPA. - (2020), pp. 1-499.

I respiri della palude

Nadia Breda
2020

Abstract

Nel nuovo quadro mondiale caratterizzato dai cambiamenti climatici, riconosciute come ambienti fondamentali per la prevenzione e mitigazione dei cambiamenti climatici, le zone umide restano ambienti poco conosciuti. Questa etnografia produce la descrizione di una zona umida italiana attraverso la ricerca sul campo e l'apparato concettuale dell'antropologia dell'ambiente e dell'antropologia della natura, di impostazione descoliana. La ricerca presentata in questo libro, frutto di un minuzioso lavoro etnografico sul campo, ci rivela che le conoscenze locali hanno sviluppato tratti rispettosi e di coesistenza con l’ambiente, che a torto trascuriamo. La palude, gestita con minuzie tecniche, manipolata nei secoli, è luogo di emozioni ed è interpretata come un essere vivente. E’ la palude che respira, vive, nasce, cresce, si riproduce, soffre e muore. Così si esprime la gente della palude. I loro saperi sono poco dicibili, lontani dai saperi dei manuali, delle banche dati, dei progetti di sviluppo. Sono saperi forti, per la gestione della vita e per la sopravvivenza che fragili popolazioni locali hanno sviluppato all’interno di una economia marginale, esercitandosi su un supporto materiale -la palude- che gli è stato poi sottratto. Ma bastano poche risorse perché la trasmissione di un sapere si realizzi, bastano poche figure sociali della palude perché grandi conoscenze siano reintegrate. E se si pensa alla riduzione drastica del numero di questi soggetti-sapienti, qui descritti, si comprende sia la loro preziosità, sia il loro potere. Un potere non da poco; esso infatti genera un conflitto significativo intorno al fuoco nella palude che coinvolge ancora oggi le comunità locali. Le conoscenze della gente della palude ci mostrano che qui un diverso rapporto con la natura è stato realizzato, fatto di apparentamenti, di passaggi sfumati tra mondi e specie, di sovvertimenti di genere, di attribuzioni di agency a erbe ed acque, di intra-azioni tra umani e non umani. Proprio queste ci permettono di ampliare le nostre limitate visioni naturalistiche occidentali e di criticare il modello neoliberale di appropriazione violenta della natura. Si può riconoscere pienamente nell’interpretazione della palude da parte della sua gente, come questi temi abbiano anticipato tutti i nodi concettuali della svolta ontologica in antropologia. Starà a noi oggi fare tesoro di questi saperi e approfittare del conflitto per integrarli nel nostro approccio antropocenico ai cambiamenti climatici.
2020
9788879756990
1
499
Nadia Breda
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Utilizza questo identificatore per citare o creare un link a questa risorsa: https://hdl.handle.net/2158/1192953
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