La tesi analizza la possibilità per il privato, successivamente alla presentazione di una istanza incompleta o errata, di integrare o regolarizzare quanto in essa attestato in merito al possesso dei requisiti stabiliti dalla legge per l’ottenimento di un vantaggio giuridico o economico. Tale facoltà viene denominata nel lavoro “conformazione”. La ricerca intende dunque valutare quali siano i compiti gravanti sull’amministrazione, o meglio sul responsabile del procedimento, davanti a una domanda erronea o incompleta in relazione a un requisito stabilito dalla legge. Ci si chiede, cioè, se il responsabile del procedimento sia tenuto, invece di respingere la domanda, a indurre il privato a rettificarla. Specularmente, il quesito che si pone è se il privato possa pretendere di essere invitato a tale attività di regolarizzazione o integrazione della sua domanda rispetto ai requisiti prescritti dalla legge, quale condizione preliminare per la legittimità del rigetto della stessa. La struttura della conformazione, per come definita, pare attagliarsi ai soli aspetti vincolati dell’attività, in quanto solo i requisiti stabiliti a monte da una norma trovano nella norma medesima un metro di paragone rispetto al quale valutare l’erroneità o l’incompletezza della domanda. Ciò non significa tuttavia che lo schema della conformazione riguardi la sola attività integralmente vincolata, coinvolgendo piuttosto anche quei procedimenti che si compongono di una prima fase dedicata all’accertamento dei requisiti predeterminati dalla legge, a cui segua una seconda fase a carattere valutativo, anche di tipo tecnico (per esempio, le procedure concorsuali). Pertanto, sono ricompresi nel campo d’indagine i procedimenti a istanza di parte nei quali il privato aspira a un vantaggio indifferentemente di tipo economico (l’acquisizione di un bene) o giuridico (la possibilità di porre in essere un’attività, di partecipare a un concorso). L’indagine suddetta, in mancanza di una norma che preveda espressamente, in termini generali, un simile istituto, non può che muovere – nel primo capitolo – dalla ricerca di ipotesi speciali, nel diritto positivo, in cui una simile struttura sia ravvisabile. In effetti, una pretesa alla conformazione emerge, tra le altre ipotesi, anzitutto nella disciplina della Scia, nonché in materia di appalti pubblici. In altri casi, invece, pur essendo prevista la rettifica della domanda presentata incompleta o errata, la norma non è formulata testualmente in termini di obbligo, bensì di mera possibilità per l’amministrazione di invitare alla conformazione: così accade, per esempio, nell’art. 6, lett. b), l. 241/1990. Infine, altre ipotesi ancora negano espressamente anche tale possibilità: in particolare, si tratta di atti amministrativi generali, quali per esempio alcuni bandi di concorso. Dall’esame del diritto positivo, poi, si traggono alcune conclusioni che evidenziano un tessuto comune delle fattispecie disciplinate in termini di obbligo dell’amministrazione di invitare alla conformazione. In particolare, esse sono maturate nell’alveo dell’affermarsi delle politiche di semplificazione dell’attività amministrativa che, in modo sempre più pervasivo, hanno finito per abbracciare la gran parte dei settori dell’azione pubblica. Il secondo capitolo è invece improntato a definire la posizione del privato istante quando si riscontri un obbligo di tal tipo in capo all’amministrazione. In particolare, viene valutata la possibilità di accostare questa facoltà a una pretesa procedimentale, quali quelle tradizionalmente attribuite al privato nel procedimento, a partire dalla definizione delle regole che presidiano lo svolgimento della funzione amministrativa. Il testo, pertanto, inserisce la questione in una più ampia ricostruzione circa l’evoluzione delle pretese procedimentali, storicamente nate e sviluppatesi nel contesto dell’attività discrezionale, nel loro inevitabile intreccio con la categoria dell’interesse legittimo, ripercorrendone le varie teorizzazioni. Dopo tale inquadramento storico-dogmatico, l’esame si appunta nuovamente sul tratto caratteristico della conformazione, ovvero la natura vincolata degli aspetti dell’attività in cui essa può operare, e raffronta i caratteri delle pretese procedimentali con la situazione soggettiva del privato nell’ambito di attività aventi tale natura. In conclusione, la conformazione pare assumere la veste di una pretesa procedimentale del privato a fronte della quale si pone un obbligo vero e proprio per l’amministrazione di invitare alla rettifica, dotato della medesima cogenza che si accompagna alla titolarità in capo al privato di un diritto a una prestazione personale della controparte, pari al rapporto creditore-debitore di matrice privatistica. Il terzo e ultimo capitolo è anzitutto dedicato allo studio di come si atteggino i principi generali dell’attività amministrativa rispetto alla previsione della conformazione. Rispetto a ciò, la pretesa alla conformazione, costituendo un ulteriore passaggio nel procedimento, si pone da un lato – almeno a un primo sguardo – come un aggravio per l’apparato burocratico-amministrativo, pur dall’altro rispondendo a un’istanza garantista e partecipativa, che si impone in seno all’evoluzione in senso paritario del rapporto tra amministrazione e individuo. Tuttavia, a un esame più approfondito, è emerso come la previsione di una regola che obblighi l’amministrazione a consentire la conformazione apporti vantaggi anche sotto il profilo dell’efficienza e del buon andamento dell’azione pubblica: si pensi, per esempio, all’aggravio di costi dovuto alla riedizione di un procedimento arrestatosi per mero vizio formale connesso alla mancata allegazione di un requisito di cui in realtà il privato era già in possesso; o, ancora, ai costi di un eventuale ed evitabile contenzioso. In un secondo passaggio, sulla scia dell’esame dei principi, vengono tracciati i rapporti intercorrenti tra la regola della conformazione e il principio del soccorso procedimentale, o soccorso istruttorio in senso ampio – ovvero quello che l’interpretazione maggioritaria definisce come un generale dovere dell’amministrazione di collaborare con i privati nel corso del procedimento; nonché rispetto al soccorso istruttorio previsto dal codice degli appalti. Infine, dopo aver perimetrato le condizioni di operatività della conformazione, vengono esaminate le prospettive applicative di una simile regola in merito agli effetti che produrrebbe sull’eventuale provvedimento di diniego della domanda non preceduto dall’invito alla rettifica, nonché sull’eventuale disposizione amministrativa che neghi espressamente e in via generale tale possibilità.

La conformazione delle istanze dei privati / Federica Barletta. - (2020).

La conformazione delle istanze dei privati

Federica Barletta
2020

Abstract

La tesi analizza la possibilità per il privato, successivamente alla presentazione di una istanza incompleta o errata, di integrare o regolarizzare quanto in essa attestato in merito al possesso dei requisiti stabiliti dalla legge per l’ottenimento di un vantaggio giuridico o economico. Tale facoltà viene denominata nel lavoro “conformazione”. La ricerca intende dunque valutare quali siano i compiti gravanti sull’amministrazione, o meglio sul responsabile del procedimento, davanti a una domanda erronea o incompleta in relazione a un requisito stabilito dalla legge. Ci si chiede, cioè, se il responsabile del procedimento sia tenuto, invece di respingere la domanda, a indurre il privato a rettificarla. Specularmente, il quesito che si pone è se il privato possa pretendere di essere invitato a tale attività di regolarizzazione o integrazione della sua domanda rispetto ai requisiti prescritti dalla legge, quale condizione preliminare per la legittimità del rigetto della stessa. La struttura della conformazione, per come definita, pare attagliarsi ai soli aspetti vincolati dell’attività, in quanto solo i requisiti stabiliti a monte da una norma trovano nella norma medesima un metro di paragone rispetto al quale valutare l’erroneità o l’incompletezza della domanda. Ciò non significa tuttavia che lo schema della conformazione riguardi la sola attività integralmente vincolata, coinvolgendo piuttosto anche quei procedimenti che si compongono di una prima fase dedicata all’accertamento dei requisiti predeterminati dalla legge, a cui segua una seconda fase a carattere valutativo, anche di tipo tecnico (per esempio, le procedure concorsuali). Pertanto, sono ricompresi nel campo d’indagine i procedimenti a istanza di parte nei quali il privato aspira a un vantaggio indifferentemente di tipo economico (l’acquisizione di un bene) o giuridico (la possibilità di porre in essere un’attività, di partecipare a un concorso). L’indagine suddetta, in mancanza di una norma che preveda espressamente, in termini generali, un simile istituto, non può che muovere – nel primo capitolo – dalla ricerca di ipotesi speciali, nel diritto positivo, in cui una simile struttura sia ravvisabile. In effetti, una pretesa alla conformazione emerge, tra le altre ipotesi, anzitutto nella disciplina della Scia, nonché in materia di appalti pubblici. In altri casi, invece, pur essendo prevista la rettifica della domanda presentata incompleta o errata, la norma non è formulata testualmente in termini di obbligo, bensì di mera possibilità per l’amministrazione di invitare alla conformazione: così accade, per esempio, nell’art. 6, lett. b), l. 241/1990. Infine, altre ipotesi ancora negano espressamente anche tale possibilità: in particolare, si tratta di atti amministrativi generali, quali per esempio alcuni bandi di concorso. Dall’esame del diritto positivo, poi, si traggono alcune conclusioni che evidenziano un tessuto comune delle fattispecie disciplinate in termini di obbligo dell’amministrazione di invitare alla conformazione. In particolare, esse sono maturate nell’alveo dell’affermarsi delle politiche di semplificazione dell’attività amministrativa che, in modo sempre più pervasivo, hanno finito per abbracciare la gran parte dei settori dell’azione pubblica. Il secondo capitolo è invece improntato a definire la posizione del privato istante quando si riscontri un obbligo di tal tipo in capo all’amministrazione. In particolare, viene valutata la possibilità di accostare questa facoltà a una pretesa procedimentale, quali quelle tradizionalmente attribuite al privato nel procedimento, a partire dalla definizione delle regole che presidiano lo svolgimento della funzione amministrativa. Il testo, pertanto, inserisce la questione in una più ampia ricostruzione circa l’evoluzione delle pretese procedimentali, storicamente nate e sviluppatesi nel contesto dell’attività discrezionale, nel loro inevitabile intreccio con la categoria dell’interesse legittimo, ripercorrendone le varie teorizzazioni. Dopo tale inquadramento storico-dogmatico, l’esame si appunta nuovamente sul tratto caratteristico della conformazione, ovvero la natura vincolata degli aspetti dell’attività in cui essa può operare, e raffronta i caratteri delle pretese procedimentali con la situazione soggettiva del privato nell’ambito di attività aventi tale natura. In conclusione, la conformazione pare assumere la veste di una pretesa procedimentale del privato a fronte della quale si pone un obbligo vero e proprio per l’amministrazione di invitare alla rettifica, dotato della medesima cogenza che si accompagna alla titolarità in capo al privato di un diritto a una prestazione personale della controparte, pari al rapporto creditore-debitore di matrice privatistica. Il terzo e ultimo capitolo è anzitutto dedicato allo studio di come si atteggino i principi generali dell’attività amministrativa rispetto alla previsione della conformazione. Rispetto a ciò, la pretesa alla conformazione, costituendo un ulteriore passaggio nel procedimento, si pone da un lato – almeno a un primo sguardo – come un aggravio per l’apparato burocratico-amministrativo, pur dall’altro rispondendo a un’istanza garantista e partecipativa, che si impone in seno all’evoluzione in senso paritario del rapporto tra amministrazione e individuo. Tuttavia, a un esame più approfondito, è emerso come la previsione di una regola che obblighi l’amministrazione a consentire la conformazione apporti vantaggi anche sotto il profilo dell’efficienza e del buon andamento dell’azione pubblica: si pensi, per esempio, all’aggravio di costi dovuto alla riedizione di un procedimento arrestatosi per mero vizio formale connesso alla mancata allegazione di un requisito di cui in realtà il privato era già in possesso; o, ancora, ai costi di un eventuale ed evitabile contenzioso. In un secondo passaggio, sulla scia dell’esame dei principi, vengono tracciati i rapporti intercorrenti tra la regola della conformazione e il principio del soccorso procedimentale, o soccorso istruttorio in senso ampio – ovvero quello che l’interpretazione maggioritaria definisce come un generale dovere dell’amministrazione di collaborare con i privati nel corso del procedimento; nonché rispetto al soccorso istruttorio previsto dal codice degli appalti. Infine, dopo aver perimetrato le condizioni di operatività della conformazione, vengono esaminate le prospettive applicative di una simile regola in merito agli effetti che produrrebbe sull’eventuale provvedimento di diniego della domanda non preceduto dall’invito alla rettifica, nonché sull’eventuale disposizione amministrativa che neghi espressamente e in via generale tale possibilità.
2020
Leonardo Ferrara
Federica Barletta
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Tipologia: Tesi di dottorato
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