Questa tesi nasce dall’esigenza di chiarire la maniera in cui Marcuse inserisce il pensiero di Simondon nella sua teoria critica della tecnologia e, al contempo, dalla frustrazione per un’assente elaborazione espressamente politica da parte di Simondon della questione della tecnica. Nonostante un apparente fraintendimento, l’elemento filologico della tecnicità permette di instaurare una genealogia sull’uso e le motivazioni dell’interesse di Marcuse nel MEOT, oltre alla critica alla tecnocrazia e la rivendicazione dell’importanza della tecnologia che accomunano i due autori. Tuttavia, il senso che assume la tecnologia in Simondon e Marcuse è differente e si fonda su due tradizioni storico-filosofiche diverse. Per questa ragione, prima di ricostruire la matrice della dialettica della tecnologia nella tecnicità simondoniana, è necessario mostrare il modo in cui la riflessione francese sulla tecnica, autonomamente dai marxismi ma anche dall’antropologia della tecnica di stampo tedesco, è connessa con la riflessione sulla vita. La prima parte si propone di fare una storia della nozione di tecnologia a partire da Beckmann, fondatore dell’omonima disciplina, Kapp iniziatore della cinematica, e la ricezione della tesi della proiezione organica di Kapp nella figura di Espinas. A partire dall’esigenza annunciata da Marx di una storia critica della tecnologia, come evoluzione dei prodotti tecnici e proiezione di organi e funzioni biologiche e cognitive, è possibile seguire l’articolazione di queste due nozioni – evoluzione di Darwin e proiezione di Kapp – lungo la peculiare riflessione francese sulla tecnica. Dopo aver tracciato la genealogia della pensée technique da Bergson fino alla scuola sociologica, gli anni ‘30 vedono l’entrata della tradizione marxista nel dibattito sulla tecnica, che a partire da questo momento si focalizza sulla tecnologia relativamente allo sviluppo del macchinismo industriale, avvalendosi del neologismo americano technocracy con quell’accezione neutra e strumentale della tecnica che sta all’origine di una rappresentazione negativa della tecnologia. La seconda parte quindi presenta la polarizzazione della tecnologia tra due rappresentazioni: come teoria della tecnica che segue l’evoluzione dei sistemi tecnici, oppure come dispositivo che orienta i mezzi in vista di un fine (non meglio specificato come la Cura di Heidegger, oppure politico come vorrebbe la teoria critica di Marcuse). La teoria critica della tecnologia di Feenberg (che prosegue quella di Marcuse, suo maestro) ci fornisce allora una schematizzazione che permette di inquadrare la contrapposizione tra il dispositivo del mimetismo macchinale che deriva dalla tesi della proiezione organica e dispositivo tecnopolitico di dominio della razionalità tecnologica. Analogamente al duplice senso della tecnologia, le concezioni del progresso si presentano anch’esse in base a una definizione polarizzata di tecnica (neutrale/valorizzata, autonoma/controllabile, normativa/normata) e in linea generale si dividono tra un’idea di sviluppo continuo e discontinuo, l’una privilegiando l’elemento proiettivo, l’altra l’elemento storico-evolutivo. Come uscire dal dispositivo del mimetismo macchinale che assorbe il meccanismo nel macchinismo? Questa è la questione cui Canguilhem cerca di dare risposta inserendo la tecnologia nell’organologia generale, in quella lettura biologizzante del macchinismo che ha caratterizzato la ricerca di una scienza delle macchine da parte di Lafitte. Si delinea perciò una corrente materialista vitalista che ripropone per altra via una concezione materiale della vita e della tecnica ma che neglige l’elemento storico-economico centrale del marxismo. Alla luce del materialismo vitalista sarà allora presentata la concezione simondoniana. La terza parte affronta più da vicino la riflessione simondoniana a partire dall’analisi del paradigma tecnologico della presa di forma che si sostituisce al dualismo forma-materia e diventa così uno strumento per comprendere non soltanto la genesi del vivente e dell’oggetto tecnico, ma anche processi morfogenetici propriamente sociali e collettivi. In questa prospettiva, la questione del governo è riletta da Simondon nei termini di regolazione culturale tra governanti e governati, ciò che gli permette di declinare la questione politica in vero e proprio progetto pedagogico. Un’epistemologia politica che si articola sulla possibilità di concepire una scienza delle società a partire dall’intrinseca metastabilità del reale e dall’idea che il sociale sia sempre un misto di biologico e tecnico, deve essere corredata da un’epistemologia storica in grado di comprendere il divenire anche e soprattutto alla luce delle trasformazioni introdotte dal progresso tecnologico. Di conseguenza, verrà speculativamente sondata la possibilità di una filosofia storica a partire dalla teoria simondoniana. Poi, nel tentativo di confrontarla e riscriverla in termini marxisti, una critica e rielaborazione del pensiero di Marx permetterà di seguire la concettualizzazione simondoniana della tecnicità, della concretizzazione e della peculiare teoria dell’alienazione, che invita a una rivisitazione della nozione di reificazione, come in Stiegler con il concetto di ritenzione terziaria e in Virno con l’interpretazione di una reificazione del preindividuale. La quarta parte, infine, ricostruisce il contesto culturale della ricezione di Simondon da parte di Marcuse. Su questa base, sarà analizzata la possibilità di pensare un vitalismo tecnologico diverso da quello emerso nella riflessione di Simondon, cioè dalla prospettiva ontologica, psicanalitica e politica che caratterizza il pensiero di Marcuse e del passaggio da una dialettica della vita a una dialettica della tecnologia. Ci volgeremo, quindi, a scritti anteriori all’Uomo a una dimensione: le Lezioni di Parigi che precedono di qualche e il periodo giovanile del cosiddetto marxismo heideggeriano al fine di ricostruire una genealogia della teoria critica della tecnologia attraverso le nozioni di storicità e vita. La questione che attraversa in filigrana questo lavoro concerne la possibilità di conciliare teoria critica della tecnologia con una rappresentazione della tecnica in continuità con la vita e dipendente ancora da essa. Perciò, in conclusione, mediante la distinzione tra politiche della vita e politiche della memoria come chiave interpretativa del pensiero di Simondon si proverà a costruire il paradigma di una continuità discontinua che permette di concepire la tecnica unitamente alla vita, secondo quella nozione di tecnicità che Marcuse mutua da Simondon e che, se distorta, porta alle conseguenze della società unidimensionale in cui prevale quella rappresentazione neutrale e negativa della tecnologia.

Tecnicità tra politiche della vita e politiche della memoria. Un percorso nella philosophie de la technique di Simondon e la teoria critica della tecnologia di Marcuse / Taila Picchi. - (2020).

Tecnicità tra politiche della vita e politiche della memoria. Un percorso nella philosophie de la technique di Simondon e la teoria critica della tecnologia di Marcuse

Taila Picchi
2020

Abstract

Questa tesi nasce dall’esigenza di chiarire la maniera in cui Marcuse inserisce il pensiero di Simondon nella sua teoria critica della tecnologia e, al contempo, dalla frustrazione per un’assente elaborazione espressamente politica da parte di Simondon della questione della tecnica. Nonostante un apparente fraintendimento, l’elemento filologico della tecnicità permette di instaurare una genealogia sull’uso e le motivazioni dell’interesse di Marcuse nel MEOT, oltre alla critica alla tecnocrazia e la rivendicazione dell’importanza della tecnologia che accomunano i due autori. Tuttavia, il senso che assume la tecnologia in Simondon e Marcuse è differente e si fonda su due tradizioni storico-filosofiche diverse. Per questa ragione, prima di ricostruire la matrice della dialettica della tecnologia nella tecnicità simondoniana, è necessario mostrare il modo in cui la riflessione francese sulla tecnica, autonomamente dai marxismi ma anche dall’antropologia della tecnica di stampo tedesco, è connessa con la riflessione sulla vita. La prima parte si propone di fare una storia della nozione di tecnologia a partire da Beckmann, fondatore dell’omonima disciplina, Kapp iniziatore della cinematica, e la ricezione della tesi della proiezione organica di Kapp nella figura di Espinas. A partire dall’esigenza annunciata da Marx di una storia critica della tecnologia, come evoluzione dei prodotti tecnici e proiezione di organi e funzioni biologiche e cognitive, è possibile seguire l’articolazione di queste due nozioni – evoluzione di Darwin e proiezione di Kapp – lungo la peculiare riflessione francese sulla tecnica. Dopo aver tracciato la genealogia della pensée technique da Bergson fino alla scuola sociologica, gli anni ‘30 vedono l’entrata della tradizione marxista nel dibattito sulla tecnica, che a partire da questo momento si focalizza sulla tecnologia relativamente allo sviluppo del macchinismo industriale, avvalendosi del neologismo americano technocracy con quell’accezione neutra e strumentale della tecnica che sta all’origine di una rappresentazione negativa della tecnologia. La seconda parte quindi presenta la polarizzazione della tecnologia tra due rappresentazioni: come teoria della tecnica che segue l’evoluzione dei sistemi tecnici, oppure come dispositivo che orienta i mezzi in vista di un fine (non meglio specificato come la Cura di Heidegger, oppure politico come vorrebbe la teoria critica di Marcuse). La teoria critica della tecnologia di Feenberg (che prosegue quella di Marcuse, suo maestro) ci fornisce allora una schematizzazione che permette di inquadrare la contrapposizione tra il dispositivo del mimetismo macchinale che deriva dalla tesi della proiezione organica e dispositivo tecnopolitico di dominio della razionalità tecnologica. Analogamente al duplice senso della tecnologia, le concezioni del progresso si presentano anch’esse in base a una definizione polarizzata di tecnica (neutrale/valorizzata, autonoma/controllabile, normativa/normata) e in linea generale si dividono tra un’idea di sviluppo continuo e discontinuo, l’una privilegiando l’elemento proiettivo, l’altra l’elemento storico-evolutivo. Come uscire dal dispositivo del mimetismo macchinale che assorbe il meccanismo nel macchinismo? Questa è la questione cui Canguilhem cerca di dare risposta inserendo la tecnologia nell’organologia generale, in quella lettura biologizzante del macchinismo che ha caratterizzato la ricerca di una scienza delle macchine da parte di Lafitte. Si delinea perciò una corrente materialista vitalista che ripropone per altra via una concezione materiale della vita e della tecnica ma che neglige l’elemento storico-economico centrale del marxismo. Alla luce del materialismo vitalista sarà allora presentata la concezione simondoniana. La terza parte affronta più da vicino la riflessione simondoniana a partire dall’analisi del paradigma tecnologico della presa di forma che si sostituisce al dualismo forma-materia e diventa così uno strumento per comprendere non soltanto la genesi del vivente e dell’oggetto tecnico, ma anche processi morfogenetici propriamente sociali e collettivi. In questa prospettiva, la questione del governo è riletta da Simondon nei termini di regolazione culturale tra governanti e governati, ciò che gli permette di declinare la questione politica in vero e proprio progetto pedagogico. Un’epistemologia politica che si articola sulla possibilità di concepire una scienza delle società a partire dall’intrinseca metastabilità del reale e dall’idea che il sociale sia sempre un misto di biologico e tecnico, deve essere corredata da un’epistemologia storica in grado di comprendere il divenire anche e soprattutto alla luce delle trasformazioni introdotte dal progresso tecnologico. Di conseguenza, verrà speculativamente sondata la possibilità di una filosofia storica a partire dalla teoria simondoniana. Poi, nel tentativo di confrontarla e riscriverla in termini marxisti, una critica e rielaborazione del pensiero di Marx permetterà di seguire la concettualizzazione simondoniana della tecnicità, della concretizzazione e della peculiare teoria dell’alienazione, che invita a una rivisitazione della nozione di reificazione, come in Stiegler con il concetto di ritenzione terziaria e in Virno con l’interpretazione di una reificazione del preindividuale. La quarta parte, infine, ricostruisce il contesto culturale della ricezione di Simondon da parte di Marcuse. Su questa base, sarà analizzata la possibilità di pensare un vitalismo tecnologico diverso da quello emerso nella riflessione di Simondon, cioè dalla prospettiva ontologica, psicanalitica e politica che caratterizza il pensiero di Marcuse e del passaggio da una dialettica della vita a una dialettica della tecnologia. Ci volgeremo, quindi, a scritti anteriori all’Uomo a una dimensione: le Lezioni di Parigi che precedono di qualche e il periodo giovanile del cosiddetto marxismo heideggeriano al fine di ricostruire una genealogia della teoria critica della tecnologia attraverso le nozioni di storicità e vita. La questione che attraversa in filigrana questo lavoro concerne la possibilità di conciliare teoria critica della tecnologia con una rappresentazione della tecnica in continuità con la vita e dipendente ancora da essa. Perciò, in conclusione, mediante la distinzione tra politiche della vita e politiche della memoria come chiave interpretativa del pensiero di Simondon si proverà a costruire il paradigma di una continuità discontinua che permette di concepire la tecnica unitamente alla vita, secondo quella nozione di tecnicità che Marcuse mutua da Simondon e che, se distorta, porta alle conseguenze della società unidimensionale in cui prevale quella rappresentazione neutrale e negativa della tecnologia.
2020
A. M. Iacono
Taila Picchi
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