Il dolore è una complessa condizione multifattoriale, definito dalla Associazione internazionale per lo studio sul Dolore (IASP) come una spiacevole esperienza sensoriale ed emotiva associata a, o simile a, un danno tissutale reale o potenziale. Il dolore è sempre soggettivo e tutti noi imparano il significato di questa parola attraverso le esperienze legate alle lesioni nella prima infanzia. Il dolore può variare in intensità, qualità, durata e può riferirsi ad una o più parti del nostro corpo. Il dolore è di solito una sensazione spiacevole e quindi ha anche un aspetto emotivo. La persistenza del dolore causa una condizione di sofferenza e per questo la gestione del dolore è la chiave per migliorare la qualità della vita dei pazienti. In questa tesi presento due differenti studi, nei quali abbiamo studiato la possibilità di modulare il dolore legato a differenti patologie mediante approcci farmacologici non convenzionali, ovvero senza l’utilizzo dei classici farmaci analgesici. Nel primo studio abbiamo dapprima cercato di raccogliere informazioni sulla patogenesi della cefalea da abuso di farmaci (MOH) e sui meccanismi neurochimici attraverso i quali l'abuso di farmaci sintomatici favorisca la cronicizzazione della cefalea. I profili trascrizionali sono stati valutati come indice dell'omeostasi del sistema trigemino-vascolare a livello del ganglio trigeminale di ratti di sesso femminile esposte per 1 mese a dosi giornaliere orali di eletriptan o indometacina. Entrambi i trattamenti farmacologici alterano l'espressione genica dei gangli del trigemino in modo simile. L'analisi trascrittomica qualitativa rivela che l'eletriptan e l'indometacina incrementano in maniera quasi identica l'espressione di quei geni che codificano per le proteine coinvolte nella patogenesi della cefalea e nei processi di sensibilizzazione al dolore a livello centrale, come i differenti neuropeptidi e i loro rispettivi recettori, i canali TRP, i prostanoidi e gli enzimi di sintesi del NO. L’espressione di questi geni, tuttavia, non è stata alterata nei gangli della radici dorsali della zona toracica. Analizzando l’aspetto funzionale, l'abbassamento delle soglie nocicettive orofacciali, così come l'iperalgesia della zampa anteriore si è verificato in entrambi i ratti trattati con indometacina ed eletriptan. Il nostro studio rivela che l'esposizione cronica degli animali a due farmaci comunemente utilizzati dai pazienti emicranici, che si distinguono per il differente meccanismo d'azione, provoca la sensibilizzazione al dolore con una induzione molto simile di geni pronocicettivi selettivamente nel ganglio trigeminale. Nella seconda fase dello studio abbiamo valutato se il trattamento con due differenti inibitori delle deacetilasi istoniche (HDACI) potesse ridurre o revertire questi effetti, sia a livello trascrizionale che analizzando le soglie nocicettive. Abbiamo utilizzato due molecole capaci di inibire tutti le isoforme della famiglia delle deacetilasi, definite per questo pan-inibitori, panobinostat e givinostat rispettivamente già approvate per l’uso clinico nella terapia del mieloma multiplo e in fase di sperimentazione in differenti trials clinici. Il co-trattamento con entrambe le molecole reverte gli effetti del trattamento cronico con il farmaco antiemicranico, sia a livello trascrittomico sia a livello funzionale. Nel complesso i dati finora ottenuti in questo studio, oltre a contribuire alla comprensione dei meccanismi patogenetici alla base dell’MOH, suggeriscono l’importanza del ruolo delle modificazioni epigenetiche nei processi di cronicizzazione dell’emicrania e come queste possano, con lo sviluppo di molecole più selettive e quindi meno tossiche, essere considerate un valido target terapeutico. Nel secondo studio ci siamo concentrati sulla modulazione del segnale nocicettivo dalla periferia a livello centrale, mediante il blocco dell’isoforma Nav 1.8 dei canali voltaggio dipendenti al sodio. Abbiamo scoperto che il dexpramipexolo, enantiomero destrogiro dell’agonista dopaminergico pramipexolo, utilizzato nella terapia del Parkinson blocca esclusivamente questa isoforma, espressa selettivamente nel sistema nervoso periferico. Infatti le isoforme 1.7, 1.8 e 1.9 dei canali voltaggio dipendneti al sodio, espresse preferibilmente dai nocicettori periferici, rappresentano possibili target terapeutici per una nuova classe di molecole analgesiche, privi di effetti collaterali centrali. Sono stati sviluppati diversi composti che vanno a inibire l’apertura di questi specifici canali, principalemtne le isoforme Nav1.7 e Nav1.8, con diversi gradi di selettività e che sono attualmente in fase di sperimentazione clinica. Tra queste sostanze, i composti la cui struttura si caratterizza per la presenza del doppio anello benzotiazolico sono emersi come potenti bloccanti dei canali del sodio. Il dexpramipexolo, la cui struttura molecolare presenta un benzotiazolo, ha mostrato un buon profilo di sicurezza nell’uomo utilizzato ad alte dosi e per periodi lunghi. Seguendo la startegia del drug repositioning o drug repurposing, ovvero lo studio di farmaci già esistenti per nuovi fini terapeutici diversi da quelli originali, abbiamo indagato l’effetto di questo farmaco sulle conduttanze del sodio sui neuroni delle radici dorsali (DRG) e, in seguito, in modelli animali di dolore nocicettivo e neuropatico. Il dexpramipexolo blocca le conduttanze al sodio resistenti alla TTX nei neuroni dei gangli dorsali di ratto con un IC50 di 294,4 nM, suggerendo una selettività verso Nav1.8. Inoltre, dexpramipexolo non ha alcun effetto sulle correnti al sodio nei neuroni DRG prelevati da topi knockout per l’isoforma Nav1.8. A sostegno di questi risultati, lo studio computazionale di docking molecolare evidenza come la molecola del dexpramipexolo si possa legare al canale assumendo una posizione sovrapponibile a quella del bloccante selettivo per l’isoforma Nav1.8 A-8034637. In vivo, il dexpramipexolo si è mostrato in grado di avere un effetto analgesico quando somministrato per via parenterale, orale o topica sia in differenti modelli di dolore infiammatorio e viscerale del topo, che in modelli di dolore neuropatico quale la neuropatia da chemioterapici, la legatura del nervo sciatico e la neuropatia diabetica. L’effetto analgesico del dexpramipexolo si verifica a dosi coerenti con quelle adottate negli studi clinici. Nel complesso questi risultati confermano la rilevanza dei canali Nav1.8 nella terapia del dolore e l’importanza di sviluppare molecole che ne modulino l’attività in maniera selettiva. Alla luce dell'eccellente tollerabilità del dexpramipexolo nell'uomo, i nostri risultati supportano il suo potenziale traslazionale per il trattamento del dolore o in qualità di molecola di partenza per lo sviluppo di nuove molecole analgesiche.

Approcci farmacologici innovativi per il trattamento della cefalea d’abuso di analgesici e per il blocco dei canali al sodio Nav1.8 / Matteo Urru. - (2021).

Approcci farmacologici innovativi per il trattamento della cefalea d’abuso di analgesici e per il blocco dei canali al sodio Nav1.8

Matteo Urru
2021

Abstract

Il dolore è una complessa condizione multifattoriale, definito dalla Associazione internazionale per lo studio sul Dolore (IASP) come una spiacevole esperienza sensoriale ed emotiva associata a, o simile a, un danno tissutale reale o potenziale. Il dolore è sempre soggettivo e tutti noi imparano il significato di questa parola attraverso le esperienze legate alle lesioni nella prima infanzia. Il dolore può variare in intensità, qualità, durata e può riferirsi ad una o più parti del nostro corpo. Il dolore è di solito una sensazione spiacevole e quindi ha anche un aspetto emotivo. La persistenza del dolore causa una condizione di sofferenza e per questo la gestione del dolore è la chiave per migliorare la qualità della vita dei pazienti. In questa tesi presento due differenti studi, nei quali abbiamo studiato la possibilità di modulare il dolore legato a differenti patologie mediante approcci farmacologici non convenzionali, ovvero senza l’utilizzo dei classici farmaci analgesici. Nel primo studio abbiamo dapprima cercato di raccogliere informazioni sulla patogenesi della cefalea da abuso di farmaci (MOH) e sui meccanismi neurochimici attraverso i quali l'abuso di farmaci sintomatici favorisca la cronicizzazione della cefalea. I profili trascrizionali sono stati valutati come indice dell'omeostasi del sistema trigemino-vascolare a livello del ganglio trigeminale di ratti di sesso femminile esposte per 1 mese a dosi giornaliere orali di eletriptan o indometacina. Entrambi i trattamenti farmacologici alterano l'espressione genica dei gangli del trigemino in modo simile. L'analisi trascrittomica qualitativa rivela che l'eletriptan e l'indometacina incrementano in maniera quasi identica l'espressione di quei geni che codificano per le proteine coinvolte nella patogenesi della cefalea e nei processi di sensibilizzazione al dolore a livello centrale, come i differenti neuropeptidi e i loro rispettivi recettori, i canali TRP, i prostanoidi e gli enzimi di sintesi del NO. L’espressione di questi geni, tuttavia, non è stata alterata nei gangli della radici dorsali della zona toracica. Analizzando l’aspetto funzionale, l'abbassamento delle soglie nocicettive orofacciali, così come l'iperalgesia della zampa anteriore si è verificato in entrambi i ratti trattati con indometacina ed eletriptan. Il nostro studio rivela che l'esposizione cronica degli animali a due farmaci comunemente utilizzati dai pazienti emicranici, che si distinguono per il differente meccanismo d'azione, provoca la sensibilizzazione al dolore con una induzione molto simile di geni pronocicettivi selettivamente nel ganglio trigeminale. Nella seconda fase dello studio abbiamo valutato se il trattamento con due differenti inibitori delle deacetilasi istoniche (HDACI) potesse ridurre o revertire questi effetti, sia a livello trascrizionale che analizzando le soglie nocicettive. Abbiamo utilizzato due molecole capaci di inibire tutti le isoforme della famiglia delle deacetilasi, definite per questo pan-inibitori, panobinostat e givinostat rispettivamente già approvate per l’uso clinico nella terapia del mieloma multiplo e in fase di sperimentazione in differenti trials clinici. Il co-trattamento con entrambe le molecole reverte gli effetti del trattamento cronico con il farmaco antiemicranico, sia a livello trascrittomico sia a livello funzionale. Nel complesso i dati finora ottenuti in questo studio, oltre a contribuire alla comprensione dei meccanismi patogenetici alla base dell’MOH, suggeriscono l’importanza del ruolo delle modificazioni epigenetiche nei processi di cronicizzazione dell’emicrania e come queste possano, con lo sviluppo di molecole più selettive e quindi meno tossiche, essere considerate un valido target terapeutico. Nel secondo studio ci siamo concentrati sulla modulazione del segnale nocicettivo dalla periferia a livello centrale, mediante il blocco dell’isoforma Nav 1.8 dei canali voltaggio dipendenti al sodio. Abbiamo scoperto che il dexpramipexolo, enantiomero destrogiro dell’agonista dopaminergico pramipexolo, utilizzato nella terapia del Parkinson blocca esclusivamente questa isoforma, espressa selettivamente nel sistema nervoso periferico. Infatti le isoforme 1.7, 1.8 e 1.9 dei canali voltaggio dipendneti al sodio, espresse preferibilmente dai nocicettori periferici, rappresentano possibili target terapeutici per una nuova classe di molecole analgesiche, privi di effetti collaterali centrali. Sono stati sviluppati diversi composti che vanno a inibire l’apertura di questi specifici canali, principalemtne le isoforme Nav1.7 e Nav1.8, con diversi gradi di selettività e che sono attualmente in fase di sperimentazione clinica. Tra queste sostanze, i composti la cui struttura si caratterizza per la presenza del doppio anello benzotiazolico sono emersi come potenti bloccanti dei canali del sodio. Il dexpramipexolo, la cui struttura molecolare presenta un benzotiazolo, ha mostrato un buon profilo di sicurezza nell’uomo utilizzato ad alte dosi e per periodi lunghi. Seguendo la startegia del drug repositioning o drug repurposing, ovvero lo studio di farmaci già esistenti per nuovi fini terapeutici diversi da quelli originali, abbiamo indagato l’effetto di questo farmaco sulle conduttanze del sodio sui neuroni delle radici dorsali (DRG) e, in seguito, in modelli animali di dolore nocicettivo e neuropatico. Il dexpramipexolo blocca le conduttanze al sodio resistenti alla TTX nei neuroni dei gangli dorsali di ratto con un IC50 di 294,4 nM, suggerendo una selettività verso Nav1.8. Inoltre, dexpramipexolo non ha alcun effetto sulle correnti al sodio nei neuroni DRG prelevati da topi knockout per l’isoforma Nav1.8. A sostegno di questi risultati, lo studio computazionale di docking molecolare evidenza come la molecola del dexpramipexolo si possa legare al canale assumendo una posizione sovrapponibile a quella del bloccante selettivo per l’isoforma Nav1.8 A-8034637. In vivo, il dexpramipexolo si è mostrato in grado di avere un effetto analgesico quando somministrato per via parenterale, orale o topica sia in differenti modelli di dolore infiammatorio e viscerale del topo, che in modelli di dolore neuropatico quale la neuropatia da chemioterapici, la legatura del nervo sciatico e la neuropatia diabetica. L’effetto analgesico del dexpramipexolo si verifica a dosi coerenti con quelle adottate negli studi clinici. Nel complesso questi risultati confermano la rilevanza dei canali Nav1.8 nella terapia del dolore e l’importanza di sviluppare molecole che ne modulino l’attività in maniera selettiva. Alla luce dell'eccellente tollerabilità del dexpramipexolo nell'uomo, i nostri risultati supportano il suo potenziale traslazionale per il trattamento del dolore o in qualità di molecola di partenza per lo sviluppo di nuove molecole analgesiche.
2021
Alberto Chiarugi
ITALIA
Matteo Urru
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