I due saggi che compongono questo volume potrebbero essere introdotti variando leggermente uno dei passi più celebri della Fenomenologia hegeliana: ciò che sta sotto i nostri occhi non è ancora conosciuto a sufficienza. È anzitutto sull’involucro appariscente dei soggetti, delle loro pratiche e dei prodotti del loro agire che si concentrano i nostri contributi. In una parola: sulla superficie. Non si tratta di una boutade provocatoria, di un tentativo maldestro di guadagnare visibilità proponendo una tesi che si vorrebbe sconvolgente, specularmente contraria al consueto svolgersi degli studi filosofici e teorici, da sempre attratti verso profondità e abissalità; dal nostro punto di vista concentrarsi sulla superficie non significa accettare né ribaltare giaculatorie più o meno moralistiche sui tempi presenti, né sposare o attaccare tesi radicali sullo spessore – maggiore o minore – della realtà sociale e politica. Significa, piuttosto, smentire il giudizio diffuso riguardo la costitutiva irrilevanza della superficie. In altri termini: ciò che proviamo a fare è prendere sul serio la superficie, leggerla e capirla deponendo l’illusione che solo ciò che è profondo, radicato, magari persino nascosto sia importante e decisivo. Il superficiale, insomma, non è accidentale, contingente, derivato, inessenziale. Se non altro, non lo è più: non lo è oggi per quanto riguarda lo studio della politica e della società. È proprio la crescente superficializzazione del rapporto che le soggettività contemporanee intrattengono con la politica a esigere e sollecitare un nuovo sguardo teorico sul superficiale stesso, senza liquidarlo come mero epifenomeno di smottamenti profondi, senza svalutarlo ad atteggiamento reattivo, senza scambiarlo per passività o debolezza. Superficiale è il campo su cui, oggi, si stanno giocando strategie di adattamento-condizionato e aspettative di autoaffermazione; all’altezza (zero) della superficialità è ancora possibile, è la scommessa di questo contributo, una critica e una prospettiva di emancipazione. Nel suo insieme, il libro presenta una forma ellittica: i due fuochi attorno a cui gravitano i saggi sono una diagnosi della soggettività contemporanea e il tentativo di sviluppare una critica all’altezza della sua vocazione emancipativa. Pur essendo stati autonomamente concepiti come “saggi d’occasione”, entrambi convergono in una diagnosi critica del presente, condotta all’insegna di un’operazione filosofica che solo recentemente ha iniziato a essere valorizzata dalla filosofia sociale: prendere le apparenze sul serio significa rinunciare a ogni forma di ventriloquismo teorico, restituendo ai soggetti la parola senza per questo rinunciare alle ambizioni emancipative di una teoria sociale capace di fotografare le trasformazioni della soggettività contemporanea. È qui, infatti, che si gioca la doppia mossa, forse persino ambiziosa, che sta al cuore di questo contributo: da un lato liberarsi dalla presunzione di conoscenza del critico, chiamato a svelare ai soggetti le “vere” ragioni e i “veri” obiettivi che guidano il loro stesso agire inconsapevole; dall’altro, evitare di cadere in un certo pilatismo, in un affrettato congedo dalla critica che insieme alla valorizzazione dell’autonomia dei soggetti trascina con sé anche una certa indifferenza verso le loro sorti e le loro condizioni. Se quella critica – pastorale, saccente, depressiva – è anacronistica e out of joint rispetto alla contemporanea superficialità (in) politica, la superficie può diventare lo spazio per una critica diversa ma pur sempre appassionata, capace di descrivere la realtà e, insieme, elaborare strumenti per sentirla diversamente e immaginarne la trasformazione in senso egualitario. Ad accompagnare gli autori durante questo tentativo saranno le analisi svolte da tre autori che hanno consentito di aggiornare la cassetta degli attrezzi concettuali per comprendere criticamente il presente: Peter Sloterdijk, Bruno Latour e Jacquès Rancière sono le guide principali di questo viaggio filosofico lungo la superficie del nostro tempo. Ma non saranno solo loro, o meglio: non sarà solo la filosofia a rendere possibile questa ricognizione; passaggi letterari, ricostruzioni storiche, analisi sociologiche e incursioni nel campo delle arti visive verranno per così dire parassitati, presi e utilizzati per aiutare gli autori a provare a fare ciò che la filosofia cerca di fare, come ancora ci ha insegnato Hegel: capire il proprio tempo con il pensiero.

Superficialismo radicale. Soggetti, emancipazione e politica / Mirko Alagna. - STAMPA. - (2021), pp. 1-129.

Superficialismo radicale. Soggetti, emancipazione e politica

Mirko Alagna
2021

Abstract

I due saggi che compongono questo volume potrebbero essere introdotti variando leggermente uno dei passi più celebri della Fenomenologia hegeliana: ciò che sta sotto i nostri occhi non è ancora conosciuto a sufficienza. È anzitutto sull’involucro appariscente dei soggetti, delle loro pratiche e dei prodotti del loro agire che si concentrano i nostri contributi. In una parola: sulla superficie. Non si tratta di una boutade provocatoria, di un tentativo maldestro di guadagnare visibilità proponendo una tesi che si vorrebbe sconvolgente, specularmente contraria al consueto svolgersi degli studi filosofici e teorici, da sempre attratti verso profondità e abissalità; dal nostro punto di vista concentrarsi sulla superficie non significa accettare né ribaltare giaculatorie più o meno moralistiche sui tempi presenti, né sposare o attaccare tesi radicali sullo spessore – maggiore o minore – della realtà sociale e politica. Significa, piuttosto, smentire il giudizio diffuso riguardo la costitutiva irrilevanza della superficie. In altri termini: ciò che proviamo a fare è prendere sul serio la superficie, leggerla e capirla deponendo l’illusione che solo ciò che è profondo, radicato, magari persino nascosto sia importante e decisivo. Il superficiale, insomma, non è accidentale, contingente, derivato, inessenziale. Se non altro, non lo è più: non lo è oggi per quanto riguarda lo studio della politica e della società. È proprio la crescente superficializzazione del rapporto che le soggettività contemporanee intrattengono con la politica a esigere e sollecitare un nuovo sguardo teorico sul superficiale stesso, senza liquidarlo come mero epifenomeno di smottamenti profondi, senza svalutarlo ad atteggiamento reattivo, senza scambiarlo per passività o debolezza. Superficiale è il campo su cui, oggi, si stanno giocando strategie di adattamento-condizionato e aspettative di autoaffermazione; all’altezza (zero) della superficialità è ancora possibile, è la scommessa di questo contributo, una critica e una prospettiva di emancipazione. Nel suo insieme, il libro presenta una forma ellittica: i due fuochi attorno a cui gravitano i saggi sono una diagnosi della soggettività contemporanea e il tentativo di sviluppare una critica all’altezza della sua vocazione emancipativa. Pur essendo stati autonomamente concepiti come “saggi d’occasione”, entrambi convergono in una diagnosi critica del presente, condotta all’insegna di un’operazione filosofica che solo recentemente ha iniziato a essere valorizzata dalla filosofia sociale: prendere le apparenze sul serio significa rinunciare a ogni forma di ventriloquismo teorico, restituendo ai soggetti la parola senza per questo rinunciare alle ambizioni emancipative di una teoria sociale capace di fotografare le trasformazioni della soggettività contemporanea. È qui, infatti, che si gioca la doppia mossa, forse persino ambiziosa, che sta al cuore di questo contributo: da un lato liberarsi dalla presunzione di conoscenza del critico, chiamato a svelare ai soggetti le “vere” ragioni e i “veri” obiettivi che guidano il loro stesso agire inconsapevole; dall’altro, evitare di cadere in un certo pilatismo, in un affrettato congedo dalla critica che insieme alla valorizzazione dell’autonomia dei soggetti trascina con sé anche una certa indifferenza verso le loro sorti e le loro condizioni. Se quella critica – pastorale, saccente, depressiva – è anacronistica e out of joint rispetto alla contemporanea superficialità (in) politica, la superficie può diventare lo spazio per una critica diversa ma pur sempre appassionata, capace di descrivere la realtà e, insieme, elaborare strumenti per sentirla diversamente e immaginarne la trasformazione in senso egualitario. Ad accompagnare gli autori durante questo tentativo saranno le analisi svolte da tre autori che hanno consentito di aggiornare la cassetta degli attrezzi concettuali per comprendere criticamente il presente: Peter Sloterdijk, Bruno Latour e Jacquès Rancière sono le guide principali di questo viaggio filosofico lungo la superficie del nostro tempo. Ma non saranno solo loro, o meglio: non sarà solo la filosofia a rendere possibile questa ricognizione; passaggi letterari, ricostruzioni storiche, analisi sociologiche e incursioni nel campo delle arti visive verranno per così dire parassitati, presi e utilizzati per aiutare gli autori a provare a fare ciò che la filosofia cerca di fare, come ancora ci ha insegnato Hegel: capire il proprio tempo con il pensiero.
2021
9788846760470
1
129
Mirko Alagna
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Utilizza questo identificatore per citare o creare un link a questa risorsa: https://hdl.handle.net/2158/1232720
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