Angels and Monsters in the House: Essays on Womanhood in Nineteenth-Century America.

I tre saggi che compongono il volume esplorano alcune rappresentazioni letterarie della “True Womanhood”, ideologia ottocentesca che, innestandosi sull’ordine sociale coevo, contrassegnato da sfere separate di azione per il maschile e il femminile – rispettivamente quella pubblica e quella privata – riservava alle donne borghesi e altoborghesi una collocazione sociale esclusivamente domestica, nel ruolo di sposa e madre. Un ruolo, questo, considerato un’emanazione divina e, in quanto tale, ritenuto irrefutabile, se non al prezzo di un violento ostracismo sociale. Il volume si apre con un’analisi della rappresentazione dell’ideale della maternità nella Early Republic, attraverso lo studio di due resoconti processuali, entrambi incentrati su un sanguinoso matricidio compiuto nel 1812. L’analisi delle strategie processuali della difesa, focalizzate su una presunta inadeguatezza della vittima nell’assolvere al ‘sacro’ ruolo materno, offrono uno spaccato sul concetto di “Republican Mother”, un ideale che attribuiva alle donne l’importante funzione di formare i cittadini della nuova Repubblica – ogni trasgressione in tal senso, costituiva una ‘mostruosa’ deformazione dell’ordine naturale. Il volume in oggetto si sofferma, poi, su The Wide Wide World di Susan Warner, analizzando la dimensione teologica del concetto di “True Woman”, in particolare gli echi calvinisti, che prevedevano, per le donne, un lungo e doloroso iter di formazione spirituale propedeutico alla conquista della perfezione morale ‘angelica’ che la società esigeva da loro. L’ultimo saggio si sofferma su Little Women, di Louisa May Alcott, best-seller assurto a modello di diffusione propagandistica degli ideali di domesticity sopra richiamati, ritenuti un possibile correttivo del capitalismo sfrenato e amorale che caratterizzava la sfera pubblica della società coeva.